Potremmo stare qui a snocciolare statistiche per tutto il giorno, e non riusciremmo a ricavarne nulla di utile. L’impatto di Cam Newton riguardo la presente stagione Nfl non è semplicemente quantificabile, giudicare dalla mera osservazione dei numeri risulterebbe in ogni caso limitante, e non descriverebbe appieno quella sensazione di onnipotenza agonistica che il quarterback dei Carolina Panthers riesce a fornire in questo splendido momento della sua carriera.

L’uomo è cresciuto, ed è in missione.

PANTHERS_CARDINALS_136Non sono passati molti anni da quando Cam passava interminabili minuti seduto in panchina, con l’asciugamano ben avvolto attorno al capo cercando di isolarsi dai compagni, dallo stadio, dal mondo, pensando che cosa mai avrebbe dovuto fare per porre termine alle sconfitte, alla frustrazione, cercando un disperato salto di qualità che pareva non arrivare mai. Lui, così ben attrezzato fisicamente, baciato dalla natura dalla quale era stato plasmato da vera e propria arma totale, di quelle che non si fermano nemmeno quando se ne è decifrato per bene il funzionamento, aveva desiderato ardentemente di riuscire a prendere in mano la sua squadra per accompagnarla negli stessi luoghi felici dove aveva portato l’università di Auburn, raccogliendo la più grande delle soddisfazioni sportive. Il titolo assoluto.

Newton è un’altra persona rispetto a quei tempi e non serve uno psicologo per affermarlo.  E’ una persona molto più sicura nei suoi mezzi, nelle proprie possibilità, non che prima non lo fosse, solo ora non indossa più una maschera per nascondere le proprie insicurezze più viscerali, ma ha invece completato un processo di crescita mentale che, abbinato alla spaventosa struttura fisica, ha delineato i tratti del Most Valuable Player moderno. Ed il modo in cui ha trattato la difesa di Arizona, solo una delle migliori della Lega, non ha certo bisogno di ulteriori commenti.

pan1I Carolina Panthers sono al Super Bowl, una finale particolare, perché è la cinquantesima della storia e tutti ricorderanno chi vi ha partecipato. Anche nella finale di Conference contro i Cardinals abbiamo assistito ad una manifestazione di superiorità impressionante, certamente dettata dai numerosi errori commessi da Arizona, considerazione che tuttavia non deve limitare ciò che i Panthers sono diventati quest’anno, reduci da un 15-1 in regular season non certo frutto del caso, e da due partite di playoff dove la loro consistenza non è stata spostata in basso nemmeno di un millimetro.

Dominanti erano e tali sono rimasti.

I fattori che rendono Carolina pressoché imbattibile sono tanti, forse troppi per gli avversari, e combinati tutti assieme creano un qualcosa di davvero unico, dando la sensazione di essere una spanna sopra chiunque. Da Cam Newton e dalle sue decisioni passa tutto ciò che serve all’attacco per funzionare, gli schemi permettono di trovare sempre un ricevitore libero o di esplorare un matchup particolarmente favorevole, la precisione in fase di lancio è migliorata tantissimo rispetto anche solo a due stagioni fa, quando Cam scagliava missili imprendibili per chicchessia, e se a questi progressi tecnici aggiungiamo l’altra dimensione, quella del quarterback che può mettersi a correre quando gli pare e piace senza il minimo timore di essere messo a terra al primo contatto, allora la situazione si fa complicata per chiunque, anche se ti chiami Arizona Cardinals ed hai giocato una stagione difensiva di altissima qualità.

cam-newton-nfl-nfc-championship-arizona-cardinals-carolina-panthers-2-850x560Anche contro gli uomini di Bruce Arians i Panthers hanno messo in campo una linea offensiva di straordinaria efficienza, tanto che Newton non è nemmeno stato costretto ad effettuare il classico dropback con un numero di passi predeterminato. Spesso ha ricevuto la palla distaccato di cinque yard dal proprio centro, scansionando il campo con la rapidità richiesta senza muoversi dalla posizione originaria, e poi scagliato l’ovale in direzione del bersaglio prescelto. E spesso per la difesa è stata notte fonda. Quasi il 70% di passaggi completati, 335 yard con sole 28 chiamate di lancio (e 19 completi), un backfield composto da Stewart e Newton medesimo che produce con preoccupante costanza più di 4 yard di media a portata e numeri da superstar per ricevitori che altrove farebbero fatica ad entrare in campo (come spiegare altrimenti le 28.3 yard per ricezione accumulate da Corey Brown?) sono caratteristiche che se mischiate con la formula giusta possono fare danni incalcolabili.

Ed è esattamente quello che i Panthers stanno procurando a tutti quanti.

E poi, piccolo particolare di non poco conto, c’è una difesa che sa come e quando far male agli avversari. E sotto questo aspetto, i Panthers hanno mostrato un’interessantissima e rapida maturazione rispetto alla gara contro i Seahawks del turno precedente, riuscendo a concedere un numero inferiore di big play difensivi (il motivo per cui Seattle aveva avuto l’occasione per tentare la rimonta) e provocando nel contempo una miriade di turnover, la vera chiave interpretativa di questa sonante affermazione contro Arizona.

La difesa ha messo una fretta forsennata a Carson Palmer, che non è mai stato vicino al più preciso regista osservato in regular season. Tantissima pressione, molteplici colpi subiti, una marea di possessi gettati al vento e la generica impossibilità di contenere il forte front seven di Carolina da parte di una linea offensiva in piena difficoltà ha fatto tutta la differenza del mondo. Palmer, sotto pressione, ha preso troppe decisioni errate che si sono trasformate in ben quattro intercetti, mentre le singole battaglie che la linea offensiva ha perso sono state la principale motivazione dei due fumble persi, che se aggiunti al turnover commesso da Patrick Peterson in fase di special team, fanno sette palloni recuperati dalla difesa, ivi compreso il secondo ritorno di intercetto in meta in altrettante gare di playoff a firma di Luke Kuechly.

635892700206856905--96V9367I Panthers hanno eseguito alla perfezione il loro piano di gioco, ma stavolta l’hanno esteso sui due tempi della partita evitando possibili ripercussioni sul risultato finale. Una settimana fa avevano vinto imponendo il loro dominio solamente nei primi trenta minuti. Domenica sono risultati impeccabili in ogni fase del gioco, ed in ogni momento della competizione, ed hanno portato a casa un 49-15 contro un avversario che aveva dato motivazioni più che solide per pensarlo quale candidato alla vittoria del titolo, spazzando via ogni ragionevole dubbio sul chi fosse la squadra più forte della NFC.

Tra pochi giorni si partirà dunque per San Francisco, per preparare la gara più importante della carriera del quarterback, una partita possibilmente storica, nella quale la franchigia cercherà il suo primo titolo di sempre vendicando la sconfitta contro i Patriots in quella che fu l’unica altra partecipazione dei Panthers al Grande Ballo, ai tempi di Jake Delhomme e Steve Smith.  Sarà il Super Bowl anche di Ron Rivera, un capo allenatore che di vittorie di prestigio conosce una cosa o due, e che ha cercato di infondere ai suoi ragazzi tutta la sapienza psicologica di quei Bears del 1985, una delle squadre di football più dominanti di ogni epoca che il football abbia mai vissuto. Rivera in quei Bears ci giocava, ci ha vinto un anello e ci ha successivamente allenato come coordinatore difensivo, partecipando al Super Bowl (perdendolo contro Peyton Manning…) anche in quella veste.

Resta solo un ultimo passo: demolire anche i Denver Broncos e rovinare la festa di quella che potrebbe benissimo essere l’ultima partita da giocatore di Manning. I Panthers hanno le carte in regola per riuscire nell’impresa: un allenatore di alta qualità tattica, un quarterback ultra-carismatico e pieno di talento, una difesa in grado di cambiare le partite con le singole giocate.

Una sola vittoria e Carolina entrerà di diritto nel novero delle squadre più grandi di sempre.

Basta solo continuare nella strada che si è sempre percorsa, senza farsi intimidire troppo dall’atmosfera unicamente surreale – si tratta pur sempre del Super Bowl – che proveranno una volta iniziato a calpestare il terreno del Levi’s Stadium.

Questa volta, il proprio destino sembra davvero possano deciderlo soltanto loro.

Si salvi chi può.

 

3 thoughts on “Super-Newton e super-difesa, i Panthers sono da Super Bowl

  1. Però Manning è bravo a rendere onore ai vincitori. Lo farà anche stavolta.

  2. Spero proprio che Payton vinca ancora il superbowl se lo meriterebbe per la sua straordinaria carriera ma come non si può tifare per i simpatici Panthers?

Leave a Reply to coren82Cancel reply

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.