Blake Bortles

Blake Bortles

I Jacksonville Jaguars figurano tra le squadre meno rilevanti dell’ultima decade di football giocato. Niente playoff dal 2007, quand’ancora erano una compagine rispettabile nel periodo gestionale che vedeva Jack Del Rio in carica quale capo allenatore, perennemente in fondo alla tutt’altro che competitiva AFC South nei tempi più recenti, continuando ad accumulare scelte alte nel tentativo di ricominciare a costruire qualcosa, tuttavia senza far vedere quei progressi che sarebbe stato logico attendersi. In sostanza, una delusione dietro l’altra.

Di certo si è pagato il prezzo della transizione, rendendo necessario uno sfoltimento del roster per cercare di migliorarne l’età media e la quantità di talento, un qualcosa che nel football risulta davvero difficile se la situazione vive sulla provvisorietà e c’è eccessiva fretta di dimostrare qualcosa per non stancare i tifosi. La storia insegna che va predicata la pazienza, ed un po’ alla volta si può costruire qualcosa di davvero concreto facendo intravedere tempi migliori ai propri affezionati. Non è stato così per una squadra che aveva puntato su Mike Mularkey per una sola stagione, licenziandolo dopo il 2-14 del campionato 2012, un’edizione che poneva dubbi su tutti i punti del roster proponendo una soluzione assolutamente temporanea come Chad Henne per il ruolo di quarterback (accompagnata dai disastri epocali combinati da Blaine Gabbert), e che vedeva il declino di un giocatore importantissimo per le economie offensive come Maurice Jones-Drew.

Non è chiaro se i Jags del giorno d’oggi stiano seguendo un percorso di risalita verso l’adeguatezza, di sicuro ci sarebbero dei discorsi da fare sulla loro organizzazione a livello dirigenziale e delle riflessioni da porsi sull’attuale stato competitivo della loro Division, per la quale gli stessi sono attualmente in corsa per il primo posto nonostante un bilancio nuovamente perdente. Eppure, qualche segno positivo in grado di inquadrare un orizzonte più sereno sembra essere riscontrabile.

Shahid Kahn

Shahid Kahn

E’ una squadra dall’identità particolare, posseduta dal multi-milionario Shahid Khan (proprietario pure del Fulham F.C.), che ha messo a disposizione della Lega la costante presenza di Jacksonville nell’ambito del progetto europeo che vede la disputa di un numero crescente di partite di stagione regolare a Wembley, e che si sta preoccupando con impegno di espandere il più possibile nel mondo il marchio dei Jaguars, una delle franchigie meno storiche della NFL. E’ stato fatto di tutto per rendere attraente una delle squadre meno vincenti degli ultimi anni, compresa la realizzazione di una singolare piscina all’interno dell’EverBank Field e numerose altre attività secondarie che potessero arricchire l’esperienza del tifoso allo stadio, tuttavia queste sono tutte circostanze di assoluto contorno, ed il modo migliore per tenere calda l’affezione verso la squadra è uno solo: trovare un modo di vincere con costanza a lungo termine.

I nuovi Jaguars sono quelli della gioventù rampante, appartenenti a questa nuova era trainata da figure come Blake Bortles, Allen Robinson, Allen Hurns, T.J. Yeldon, Telvin Smith, Jonathan Cyprien. Sono questi i nomi di spicco su cui si punta per risollevarsi dalla mediocrità, ma è difficile pretendere grandi cose dall’oggi al domani, e non è possibile assemblare dalla sera alla mattina un roster altamente competitivo con un povero livello di esperienza. I giocatori NFL hanno bisogno di maturare prima di tutto il resto, sia a livello mentale che a livello tecnico, e come ogni buon progetto richiede, c’è bisogno di inserirli all’interno di un contesto che sappia miscelare con abilità la loro presenza a quella di veterani non troppo in là con l’età che abbiano magari terminato il contratto a rookie, e che necessitino di nuovi stimoli cambiando aria.

Per il momento Jacksonville, al di là di come potrà terminare la stagione regolare, resta un cantiere aperto. L’unico miglioramento tangibile è riscontrabile nel gioco aereo, progredito nella produzione complessiva di yard, e nella difesa contro le corse, una delle migliori dieci della NFL, ma la strada da percorrere è ancora molto lunga.

Allen Hurns

Allen Hurns

Bortles sembra essere un quarterback migliore rispetto agli esordi, il Draft e la free agency sono stati ben utilizzati per arricchire la batteria di ricevitori a disposizione ricavandone dei titolari fissi come il primo giro Allen Robinson ed il letteralmente pescato dal nulla Hurns, che al momento detengono 7 mete ciascuno, ed ha certamente giovato il rientro dall’infortunio di Julius Thomas, una delle firme più rilevanti della offseason, mossa che ha fornito l’attacco di una tipologia di tight end di cui il roster non ha mai potuto usufruire in questo ciclo perdente, un aiuto molto prezioso per smuovere le sabbie mobili che l’attacco ha spesso dovuto affrontare nelle ultime 20 yard, territorio nel quale segnare sette punti invece di tre può fare la differenza tra una squadra vincente ed una mediocre.

La consistente produzione aerea non è ancora corrisposta da una media punti elevata, che servirebbe per vedere l’effettivo salto di qualità, complice una discontinuità nel muovere le catene dettata da molteplici fattori. Il gioco di corse è tra i peggiori che si trovino in circolazione ed in questo momento è uno solo il touchdown che l’attacco è riuscito a mettere a segno tramite il rushing game, frutto del fatto che Yeldon è stato inserito in un ruolo non suo, quello del feature back, denotando difatti delle caratteristiche da giocatore di rotazione, ovvero dotato di grande velocità verticale ma non orizzontale, nonché capace di infilare il varco giusto in mezzo ai tackle proprio grazie alla sua estrema rapidità, ma non in possesso della fisicità necessaria per prendersi responsabilità delle portate di un’intera gara. Quel tipo di giocatore la dirigenza l’aveva individuato in Toby Gerhart, chiaramente un flop per quanto prodotto fino a questo momento anche se era cosa risaputa che il giocatore potesse essere sopravvalutato al momento della sua free agency, e quindi uno degli obiettivi a breve termine deve essere quello di procurarsi un running back fisicamente tosto, che si sobbarchi le chiamate principali e che sia efficace nelle ultime 20 yard.

Solo così si potrà diversificare un attacco troppo dipendente dal braccio di Bortles, ancora troppo soggetto a forzature che conseguono in numerosi turnover. L’ex University of Central Florida ha dato una grossa aggiustata ai numeri registrati da rookie migliorando il rapporto fra touchdown ed intercetti, anche se quest’ultimo dato avrebbe bisogno di una consistente sforbiciata (siamo a 29 in 24 partite disputate in carriera), dal punto di vista delle percentuali la resa sui completi non è ancora soddisfacente (56%, due punti percentuale in meno rispetto all’anno da matricola), senza contare i fumble che le difese riescono a provocare grazie ai strip-sack, un punto debole per le performance non sempre eccellenti dei due tackle (tra cui Luke Joeckel, una prima scelta) e per il fatto di non possedere un running back in grado di effettuare blocchi consistenti nei confronti dell’uomo in blitz.

La difesa sta imparando un po’ alla volta come effettuare le giocate determinanti, ed un grosso aiuto è arrivato dall’esperienza di alcuni veterani che si sono aggiunti al nucleo principale, quello formato dalle scelte al Draft. In particolare sono state registrate buonissime prestazioni a firma di Jared Odrick, defensive tackle ex-Dolphins, e Davon House, ex-defensive back dei Packers, due colpi positivi dell’ultima free agency. Il contributo di Odrick non è sempre visibile nelle statistiche, ma è ben tangibile dando un occhio ai filmati e comprendendo come nella maggior parte delle azioni sia proprio lui a spostare indietro la tasca penalizzando le decisioni del quarterback, incidendo anche a livello di interventi effettuati dietro alla linea di scrimmage, fatto che aiuta una pass rush complessivamente fiacca. House ha confermato i suoi istinti e cominciato a giocare ad alto livello man mano che sono trascorse le settimane, rimediando due intercetti nella vittoria contro i Ravens e provocando un fumble decisivo nel Thursday Night contro i Titans, oltre ad essere di gran lunga il miglior deviatore di passaggi presente in squadra.

Jonathan Cyprien

Jonathan Cyprien

L’attività di giocatori chiave come Telvin Smith e Jonathan Cyprien sta alla base dei concetti difensivi del reparto. Smith è un linebacker mobilissimo, sostanzialmente onnipresente nella zona delle operazioni, un atleta che ha dimostrato grande spirito nel capire lo sviluppo delle azioni e nel prevedere le intenzioni di determinati schieramenti, mentre Cyprien è un placcatore assolutamente affidabile, quando arriva addosso al suo bersaglio lo stende con precisione nove volte su dieci senza paura di porsi al confronto fisico con gente ben più grossa di lui, una caratteristica che gli permette di marcare anche alcuni tight end e di risultare essenziale per prevenire possibili primi down.

Nonostante il 4-6 sinora riportato, che se non altro è un segno di speranza, i Jaguars non sono ancora pronti per potersi definire una squadra matura e completa. Godono di un aiuto derivante dalla poca competitività di una Division che di recente è stata a senso unico, con i Colts perennemente al comando ma che quest’anno vede in crisi pure loro. Possono sicuramente vincere qualche altra partita e tentare di avvicinare un record in pareggio e stare a vedere che cosa succede potendo disporre di altri tre scontri interni all’apertissima AFC South, ma va detto che la qualità di quelle quattro vittorie non è stata certo eccelsa, e tutte le avversarie battute navigano nei bassifondi della Lega.

Quello di Jacksonville è un progetto che parrebbe instradato verso la direzione giusta, ma prima di determinare delle risposte definitive ci sono ancora troppe valutazioni da fare, e troppi vuoti da riempire. C’è da continuare ad attrezzare l’attacco di armi e migliorare l’efficienza difensiva nel back seven, imprese determinanti per prolungare l’esperienza in loco di coach Gus Bradley, che in due stagioni e mezza ha vinto solo il 26% delle gare in cui ha allenato. Se non altro Kahn ha dimostrato pazienza, e per il momento attende dalla finestra guardando i progressi della franchigia di sua proprietà.

Magari, tra un paio d’anni, potremmo ritrovarci a parlare di questa squadra in termini più lusinghieri.

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