Avete presente quella sensazione di positività che perviene quando due entità si incontrano al momento giusto creando un’alchimia particolare, che porta a simpatizzare per una determinata situazione? Bene, se l’avete intuita, è proprio questa la percezione risultante nei confronti di Rex Ryan e dei Buffalo Bills.

Rex è pronto per la battaglia...

Rex è pronto per la battaglia…

Il figlio del leggendario Buddy Ryan si è spesso distinto per le sue divertenti conferenze stampa, per le singolari trovate, per la rivalità con Bill Belichick e per tutte le dichiarazioni pre-qualche-partita-intensa che costruivano da sole un’attrazione inevitabile per il match stesso, tuttavia non vorremmo delineare i tratti del personaggio in questa maniera così restrittiva, perché non sarebbe un qualcosa di coerente. Rex è anzitutto una grande mente difensiva dei nostri tempi, che ha certamente mutuato i geni paterni (Buddy Ryan fu solo il coordinatore della più grande difesa di tutti i tempi, i Chicago Bears del 1985) proponendo un mix fra tradizione ed attualità nell’applicazione di quei concetti difensivi, alternando con evidenti risultati positivi una tendenza che ha portato sempre più all’aggressività della 3-4 a schieramenti oramai superati ma che valeva la pena riproporre saltuariamente, ovvero quella 46 Defense tanto eccelsa contro le corse ma francamente un po’ pericolosa per contrastare i forti attacchi aerei degli ultimi anni.

Buffalo è una realtà ineguagliabile nella NFL, un mercato piccolo e molto cittadino dove la passione per i Bills viene vissuta in maniera sanguigna ed assai affettuosa, salvata dal multi-milionario Terry Pegula, che acquisì la società dagli eredi del defunto matusa Ralph Wilson cancellando ogni possibile pericolo di spostamento della franchigia in un ambiente economicamente più fertile, una situazione che aveva spaventato tutti quegli affezionati per cui questi giocatori sono degli autentici eroi domenicali, da seguire dal vivo sfidando le improponibili temperature dei mesi più freddi.

Questo è amore!!

Questo è amore!!

La scorsa offseason ha proposto il matrimonio tra Rex Ryan e questi Buffalo Bills, fornendo nel contempo la ghiotta occasione a colui che sarebbe pur sempre l’ex-allenatore dei Jets per cercare la rivalsa frequentando nella stessa Division di prima, ravvivando le speranze di una piccola cittadina che vive ancora sui gloriosi ma lontani ricordi di Jim Kelly, Thurman Thomas, Andre Reed e Marv Levy, le leggende di quattro Super Bowl mancati che rappresentano senza dubbio un dolore, ma guardando la faccenda da un punto di vista differente restano una testimonianza inarrivabile dell’ottima gestione della squadra di quei primi anni Novanta. E non dimentichiamo che sono già quindici le stagioni dove chi va allo stadio ha perso la speranza più o meno a metà stagione, difatti quando i Bills assaggiarono per l’ultima volta l’atmosfera playoff si trattava della postseason della stagione 1999.

I Bills sono una squadra ad oggi non completamente compiuta, dagli ampi margini di miglioramento e probabilmente non pronta per giocare una gara di playoff, ma se non altro il progetto a lungo termine è concreto, ed il compito di Rex Ryan è stato anzitutto quello di porre rimedio ad alcune scelte che la dirigenza aveva precedentemente sbagliato in maniera a volte prevedibile.

Era necessaria una svolta soprattutto a livello offensivo, pur considerando un 9-7 non esattamente da buttare via e fatto registrare nell’ultimo dei due anni della gestione di coach Doug Marrone. Buffalo poteva sembrare anche nelle sue incarnazioni precedenti una squadra costruita secondo dettami non più moderni ma ancora in grado di funzionare, ovvero su una difesa fisica in grado di limitare i guadagni delle corse nei primi due down ed un attacco maggiormente produttivo nel gioco a terra per permettere una consona gestione dei tempi di possesso, tali idee non facevano una piega, ma il personale impiegato si è spesso rivelato non adatto.

I problemi cronici dei Bills sono stati sostanzialmente due in questi ultimi tempi, vale a dire il riuscire a rendere produttivo un attacco inconsistente ed il migliorare la difesa aerea. La squadra è perennemente risultata tra le peggiori di tutta la Lega nel computo dei punti segnati, segno tangibile di fatiche offensive insuperabili e dettate dall’assenza di un quarterback di talento. Non avendo a disposizione grosse alternative ci si è affidati per anni all’alternanza prestazionale di Ryan Fitzpatrick, mai troppo abile nel muovere le catene con la costanza richiesta e troppo tendente al turnover, e si è grossolanamente sbagliata la valutazione tecnica di E.J. Manuel, un giocatore andato al primo giro essenzialmente per la grossa richiesta di quarterback dell’epoca e per la scarsa qualità di quella classe di Draft nella posizione, ma che chiaramente non valeva quel raggio di chiamata.

Vero che con un backfield tutto sommato produttivo – seppure inferiore alle attese pure in questo caso – la necessità sarebbe stata solo quella di poter schierare un buon gestore dei drive che prendesse tutte le decisioni corrette pur senza disporre di un talento fuori dall’ordinario, vero anche che all’attacco è sempre mancato un vero e proprio feature back, un ruolo che non è mai stato nelle corde di un C.J. Spiller che ha sempre fatto parte di un comitato di running back offrendo di tanto in tanto il big play esplosivo senza essere un giocatore adatto ad ogni down, per una posizione che il veterano Fred Jackson ha tenuto in piedi con grande tenacia e desiderio di riscatto (arrivò in NFL da undrafted free agent), prendendosi la responsabilità di tutte le corse interne più fisiche.

Shady McCoy

Shady McCoy

I Bills di oggi sono ancora non del tutto produttivi come potrebbero, ma la direzione intrapresa potrebbe essere quella giusta, un fatto sostenuto dal netto miglioramento in termini di punti segnati, fattore tuttavia non ancora corrisposto da un fatturato di yard offensive che dev’essere superiore a quello attuale, se non altro per creare i presupposti per il controllo del pallone in cui Ryan crede fermamente. Bene l’ottavo posto per punti segnati, attualmente 231, un salto in avanti enorme se giudicate le medie degli ultimi cinque anni, non bene il ventiquattresimo piazzamento per produzione di yard offensive, benissimo invece la cura del pallone, con soli otto turnover a carico. Segni, questi, che il meccanismo ogni tanto s’inceppa, ma i concetti basilari ci sono. L’attacco possiede il tanto ricercato feature back in LeSean McCoy, un running back tanto solido quanto spettacolare e soprattutto completo, letale anche in ricezione, ed il cambio di ritmo è garantito dalla straordinaria annata del rookie Karlos Williams, un evento poco preventivabile se pensiamo al fatto che l’ex Florida State era giunto al College per giocare da safety trovando la conversione offensiva solo nel mezzo della carriera ai Seminoles, ed era stato preso al quinto giro dell’ultimo Draft senza nemmeno immaginare che potesse segnare almeno una meta in sei partite consecutive. Williams ha uno stile di corsa tutt’altro che elegante, ma ai Bills interessa che sia efficace proprio come si propone oggi, raggiungendo l’estremità della linea con velocità per poi cercare il taglio verticale, ed offrendo una visione del campo ottimale nell’intuire i varchi da colpire.

La sorpresa Tyrod Taylor

La sorpresa Tyrod Taylor

Assecondando le filosofie di Greg Roman, offensive coordinator proveniente dai 49ers, c’era bisogno di un gioco di corse consistente e di un quarterback dinamico, in grado di limitare gli errori ed uscire con le proprie gambe da alcune situazioni spinose. Le medie tenute dal backfield di Buffalo sono eccellenti, le 142.3 yard corse a partita sono il miglior risultato NFL alla pari dei Carolina Panthers, e l’addizione di Tyrod Taylor è stata tanto coraggiosa quanto positiva. Tra i protagonisti di questo positivo campionato c’è sicuramente anche lui, che sta giocando con la stessa efficienza che aveva fatto vedere a Virginia Tech – anche in quel caso all’interno di un sistema basato principalmente sulle corse – dopo una prima parte di carriera trascorsa a fare il backup di Joe Flacco a Baltimore. Al momento i Bills corrono per 4.8 yard di media a tentativo ed hanni segnato 11 mete a terra, una statistica molto importante perché permette a Taylor di aprire alcune soluzioni interessanti per le finte di corsa, e quando gli schieramenti difensivi lo permettono gli consentono di cercare la soluzione personale, dato che è conosciuto per possedere movimenti rapidi e gambe molto veloci risolvendo molte di quelle situazioni dove di ricevitori liberi non ce ne sono. Tyrod non ha numeri da Aaron Rodgers e non avrebbe senso se ce li avesse, non è quella la sua natura, ciò che serve a Buffalo è il suo 70% di completi con soli quattro intercetti all’attivo, nella speranza che con il passare del tempo possano aumentare anche le connessioni a lunga gittata con la star Sammy Watkins e si riesca a reperire un vero ricevitore secondario, un ruolo troppo spesso rivestito dal tight end Charles Clay con tutti i limiti che ciò comporta.

Marcell Dareus, indispensabile

Marcell Dareus, indispensabile

La difesa ancora non si avvicina ai tradizionali canoni di pressione messi normalmente in piedi dalle squadre di Ryan, ma porta via parecchi palloni agli avversari favorendo un buon distacco tra punti segnati e subiti. La squadra è difatti ferma a quota 14 sack stagionali (solo 3 per Mario Williams) ma ha già intercettato dieci palloni riportandone un paio in meta e forzato nove fumble, segno di una soddisfacente applicazione dei fondamentali e di un’aggressività vivace. E’ comunque un reparto che tende a concedere ancora troppo, contro i passaggi c’è sicuramente da migliorare ma se non altro il front seven è rimasto solido così come lo è stato per la maggior parte dei tempi recenti, proponendo una linea che poggia sul possente Marcell Dareus e sulla sua capacità di rovinare la tasca, sulla costanza dell’attualmente infortunato Kyle Williams, e sulla capacità di pass rush generata da Mario Williams e Jerry Hughes.

Nelle secondarie ci sono certamente lavori in corso, ma la situazione al di là delle statistiche pare essere molto rosea. La squadra possiede una coppia di corner titolare di ottimale livello e futuribile, composta dal quarto anno Stephon Gilmore e dal rookie Ron Darby, che ha sostituito l’infortunato (ed appena rientrato) Leodis McKelvin nel migliore dei modi accumulando passaggi rotti in abbondante doppie cifra. Si tratta di due astri nascenti che possono permettere il lusso di poter schierare due corner esterni molto forti, una situazione rara anche per la NFL, a patto che i pacchetti sostitutivi designati per tutte le situazioni a ricevitore multiplo possano offrire un rendimento anche solo vicino a quello dei due titolari, dato che una delle fonti di maggior guadagno per gli avversari è proprio lo slot.

Il 5-4 attualmente detenuto da Buffalo non è nulla di clamoroso o diverso rispetto a quanto questi affezionati tifosi abbiano visto in passato ad un uguale punto del campionato, tuttavia i Bills hanno dimostrato tangibili progressi da entrambi i lati del campo. E’ una squadra che quando non commette turnover vince praticamente sempre, e che deve migliorare in alcune situazioni nelle quali tende a prendere troppo distacco nel punteggio o, al contrario, a rischiare rimonte a gara quasi chiusa. Fino a questo momento la squadra di Ryan è stata altalenante, dimostrando un’inferiorità netta nei confronti dei rivali Patriots (un divario più marcato rispetto agli otto punti di stacco nel punteggio finale) e perdendo inopinate gare come quella di Londra contro i Jaguars, nella quale i palloni persi sono stati addirittura quattro. Contro i Jets, una gara di ovvio significato particolare per Rex, Buffalo ha dominato per tre quarti a livello difensivo per poi elargire una quasi-rimonta scongiurata solo dalle imprecisioni di un altro ex (Fitzpatrick) e dalla goal line stand avvenuta nel momento decisivo della gara, quando l’inerzia pareva essersi spostata a favore dei bianco-verdi padroni di casa.

Tuttavia i fatti parlano chiaro, i Bills hanno vinto due partite consecutive contro la loro AFC East, hanno spazzato via Miami in due occasioni e battuto una squadra tostissima in difesa come i Jets del nuovo corso di Bowles. L’unica differenza da assottigliare è rimasta quella con New England dell’amico Belichick, che capiteranno proprio a puntino in qualità di prossimi avversari di Buffalo alla ripresa delle operazioni. Il loro bilancio attuale parla chiaramente di una squadra in piena corsa per la posteason, un traguardo che pare essere nelle possibilità di una compagine che sta plasmando pian piano la sua nuova identità vincente.

Questa sembrerebbe essere l’indicazione della nuova era, condotta da un head coach a volte divertente ed altre poco adeguato, che tuttavia ha le idee ben chiare sul come si possa vincere una partita di football, e pur sempre detentore a curriculum di viaggi compiuti con i Jets ben oltre ogni pacifica aspettativa.

Nella piccola, fredda, ma energica Buffalo non aspettavano altro da quindici lunghe stagioni di amato football.

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