Marshawn Lynch

Marshawn Lynch

Che cosa succede ai Campioni? Sarebbe stata una domanda pertinente nel caso in cui, durante lo scorso Super Bowl, Pete Carroll avesse optato per una corsa di Marshawn Lynch al posto del famoso passaggio poi intercettato in endzone. E allora la cambiamo, anche se non di tanto: che cosa succede alla squadra che ha partecipato alle ultime due finalissime vincendone una, e che quest’anno veniva collocata tra le favorite semplicemente perché avrebbe dovuto possedere una sete di vendetta che definire tremenda sarebbe risultato eufemistico?

Eppure, i Seahawks sono partiti male ancora una volta. Un anno fa, di questi tempi, si trovavano nel mezzo di una piccola crisi recante due sconfitte consecutive, una rarità per loro, passi falsi andati a formare un record complessivo di 3-3 sul quale si è discusso a lungo, parlando prematuramente di possibili esclusioni dalla postseason e dipingendo scenari che non avevano tenuto conto della capacità reattiva della squadra del Dodicesimo Uomo. Facendosi un baffo delle critiche, Seattle avrebbe poi terminato la propria regular season 2014 con un record di 9-1 nelle ultime dieci apparizioni, concedendo punti in singola cifra in sei di queste, un segno di una ritrovata dominanza all’interno del quadro della NFC.

Possiamo fidarci dei Seahawks, e sostenere che nonostante tutto rimangano alla portata di una qualificazione ai playoff? Ora come ora la risposta a tale quesito, seppur lontana dall’essere definitiva, tenderebbe a puntare più verso il no, e la motivazione non sta certo nel voler forzatamente sottovalutare le capacità di un team che presenta tra le sue credenziali una continuità di risultati pazzesca, bensì nella preoccupante tendenza a subire determinate giocate nelle fasi decisive della gara, una qualità negativa emersa fin troppo prepotentemente nelle ultime due settimane di gioco, nonché nell’impossibilità fino a questo punto di saper flettere i muscoli contro squadre in piena concorrenza per il prossimo Super Bowl.

Gli esempi sono recenti e lampanti: Cincinnati e Carolina. Non casualmente due delle compagini rimaste ancora imbattute nella NFL di quest’anno, cui i Seahawks hanno concesso una generosa rimonta per poi perdere in overtime (il primo caso) ed un passaggio vincente agli sgoccioli del triplo zero (secondo caso), mettendo in evidenza delle lacune difensive che prima della partenza del campionato risultavano poco pronosticabili. Alla base di tutto c’è una mancanza di comunicazione molto preoccupante nelle secondarie, un fatto evidenziato dai numerosi big play concessi per vie aeree al cospetto di Andy Dalton, Aaron Rodgers e più di recente di Cam Newton. Molte accuse sono puntate contro la Legion Of Boom, lo straordinario reparto che ha fatto le fortune di Seattle, contribuendo a creare quell’aura non scalfibile che nelle ultime due stagioni ha contraddistinto il gruppo allenato da Carroll.

The Legion Of Boom

The Legion Of Boom

In questo momento Richard Sherman non sta tenendo fede alla sua fama di shutdown corner essendo in parte responsabile (assieme a Earl Thomas, tuttavia risultato finora il migliore delle retrovie) della meta concessa a Greg Olsen in occasione del decisivo sorpasso dei Panthers, oltre ad essere giunto in ritardo in occasione di uno spettacolare lancio di Rodgers poi preso in endzone da James Jones in occasione dello scontro dello scorso 20 settembre. Giocate non tipiche del personaggio capace di intervenire con tempismo più o meno ovunque. Cary Williams, firmato per sostituire un Byron Maxwell partito alla volta di Philadelphia, è fino a questo momento risultato ai limiti del disastroso riguardo alle azioni in copertura, così come lo è stato DeShawn Shead, individuato dagli attacchi avversari nel novero dei punti deboli di un gruppo che ha finalmente ritrovato il necessario aiuto di Kam Chancellor senza tuttavia risolvere completamente la questione.

Ci si chiede se l’holdout di Chancellor non abbia destabilizzato l’ambiente. I Seahawks hanno speso molto per tenere i propri pezzi forti per un congruo numero di anni a venire (chiedere ai conti correnti di Sherman e Wagner), ma Kam si è in qualche modo sentito sottovalutato, saltando il training camp e addivenendo a miti consigli solo a campionato già iniziato. Nella sua ottica dev’essere difficile la comprensione di ricchi rinnovi a vantaggio di compagni rispetto ai quali lui non è certo stato meno decisivo, tuttavia il suo non era tra gli accordi vicino alla scadenza, e la dirigenza della franchigia ha correttamente tenuto duro al fine di evitare altre esose richieste da parte di mezza squadra, evitando di perdere polso nei confronti di firme che in fondo valgono pur sempre qualcosa.

Un altro fattore importante tocca l’argomento infortuni, pur considerando che questo è un problema di cui soffrono tutti nel football, in quanto il settore è minato dalla scarsa profondità oggi a disposizione a causa delle assenze di Jeremy Lane e Tharold Simon, due pezzi importanti di un ingranaggio che pur avendoli visti all’opera in ruoli limitati rispetto ai titolari nel torneo 2014 li ha visti offrire un rendimento di alto livello, limitando le concessioni ai ricevitori di loro responsabilità. E se quello di Lane è un problema che potrebbe risolversi tra qualche settimana, dato che campeggia attualmente nella PUP list (si ruppe il crociato durante uno spettacolare intervento al Super Bowl), Simon è stato salutato per la stagione a causa di un alluce che lo ha tormentato a lungo. E le probabili assenze contro i prossimi avversari, gli odiati 49ers, di Tye Hill e Marcus Burley potrebbero mettere seriamente a dura prova questa difesa aerea già così problematica.

D’altro canto i numeri parlano chiaro, e raccontano di un reparto non più dominante. Se due anni fa, nella stagione della vittoria al Super Bowl, gli avversari segnavano una meta nel 27% delle opportunità, oggi tale percentuale è salita al 56%, più della metà. Il reparto è responsabile per 23 passaggi completati di gittata superiore alle 20 yard, un ritmo che se mantenuto andrebbe a triplicare in peggio i risultati ottenuti nel biennio precedente. Ma, più di ogni cosa, gli avversari chiudono con successo il 66% dei passaggi tentati, un dato non certo confortante.

Al 2-4 attualmente detenuto possono tranquillamente essere abbinati numerosi aspetti del gioco offensivo, non certo esente da colpe rispetto alla brutta partenza di questo campionato. Se da un lato Russell Wilson sta giocando con la pulizia che da sempre lo contraddistingue, forzando poco e prendendo decisioni di alto livello, è necessario notare il come il quarterback disponga di molto meno tempo rispetto agli altri anni per lanciare, un fatto riconducibile ad una linea offensiva di discutibile qualità, la quale non solo ha concesso qualcosa come 4.33 sack a partita rendendo impossibile un minimo di ritmo, ma che sta pure facendo fatica nel creare adeguati varchi per il gioco di corse, che limitatamente alla parte centrale dello schieramento fino allo scorso anno era un chiaro punto di forza.

Anche qui c’è l’attenuante dei fastidi fisici patiti da Marshawn Lynch, che ha già saltato un paio di partite, ma dalla visione delle gare è evidente di come i guadagni a terra siano maggiormente riconducibili alla bravura di Lynch e dei suoi backup nel far mancare (o più volentieri rompere) il placcaggio agli avversari che non nei confronti di una linea spesso sovrastata nell’uno contro uno. Fortunatamente per loro i Seahawks hanno potuto contare su un elemento giovane ma preparato come Thomas Rawls, che ha fatto dimenticare l’assenza del suo titolare scrivendo yard in tripla cifra in due distinte occasioni con il career high delle 169 raccolte contro i Bengals, e che ha messo in secondo piano il fatto che Lynch stia mantenendo una preoccupante media stagionale di 3.3 yard per portata, ben al di sotto dei suoi standard.

Jimmy Graham

Jimmy Graham

Una parziale chiave di lettura è curiosamente riconducibile allo scambio avvenuto tra New Orleans e Seattle in offseason, coinvolgente il centro Max Unger ed il forte tight end Jimmy Graham. Unger era di gran lunga l’uomo di linea più efficiente nel favorire le galoppate del signor Beast Mode, ed è stato sacrificato per aggiungere un’opzione offensiva che per il gioco aereo sulla carta era identificabile come devastante, ma che sul campo non ha ancora tradotto in concretezza tutto il suo potenziale. Per carità, la stagione non è finita ed è ben lontana dall’esserlo, ma al momento il risultato della trade vede una linea già non eccelsa che si ritrova ad essere ulteriormente peggiorata (contro la pass rush non sembra esserci speranza…) in cambio di un tight end fino a questo momento assai poco coinvolto nel gioco di passaggi, con la sola eccezione della gara della scorsa domenica contro i Panthers, nella quale Graham e Wilson sono finalmente sembrati in simbiosi. Le 8 ricezioni per 140 yard sono sembrate cifre più consone alle potenzialità di uno dei migliori tight end della Lega, ma il fatturato totale è ben distante da ciò a cui Graham ha abituato nella sua notevole carriera.

All’orizzonte c’è poco tempo per recuperare le forze ed un giovedì notte molto impegnativo contro San Francisco. Una squadra che non sta nemmeno lontanamente rispettando i canoni dettati dall’era Jim Harbaugh, ma comunque da rispettare, perché trattasi di avversario divisionale e rivale spesso molto agguerrito quando si tratta di incrociare le armi contro gli ‘Hawks. Il defensive coordinator Kris Richard, che giocò al college a Usc quando Pete Carroll ne era il capo-allenatore, sa di essere sottoposto a molta pressione per i risultati fino a qui ottenuti, e che le discussioni in merito alla differente efficienza rispetto alle edizioni difensive coordinate da Dan Quinn (oggi 5-1 quale head coach di Atlanta) stanno gradualmente aumentando.

Magari i 49ers rappresentano la migliore delle cure, e faranno tornare il fuoco negli occhi di Sherman, Thomas e Chancellor ricordando loro di essere un’unità forte e coesa al di là dell’incidenza di ognuno nel libro paga della squadra, mettendo termine ai problemi comunicativi che hanno afflitto le coperture. Magari Wilson e Graham avevano solo bisogno di qualche partita per acclimatarsi vicendevolmente, e da ora in poi costituiranno un duo letale. Magari sarà la un’altra svolta stagionale, la partenza dell’ennesima cavalcata trionfale in regular season, per poi vedere che accade nei playoff.

Escludendo la partita persa contro i Rams in apertura il percorso interno alla NFC West è ancora tutto da svolgere, e l’esplosiva partenza di Arizona non ha determinato un primo posto automatico. Alcuni danni sono fatti, ma c’è ancora modo di ripararli in maniera sufficiente per salvare la stagione.

La storia insegna che è meglio non sottovalutare Pete Carroll ed i suoi valorosi uomini.

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