Attributi, voglia, passione, desiderio. Spesso sono questi gli elementi che possono portare determinati giocatori, o anche determinate squadre volendo, a rialzarsi, a reagire e ricucire ogni qualsivoglia possibile errore commesso precedentemente. Tipologia di compito non prettamente semplice, troppo spesso caricato sulla famiglia degli underestimated e che a meno di trovarsi in una piazza come la Grande Mela, la Windy City, la Città degli Angeli (che sia di grande appeal in glamour o sport, poco conta) difficilmente si può finire sotto la lente d’ingrandimento per poterne analizzare i dettagli.

Proprio questa fattispecie è stata posta in essere nel corso dell’ultima domenica di National Football League da una squadra che molto spesso ha visto stagioni negative negli ultimi anni. Una franchigia che sta cercando pian piano, e con le sue possibilità, di affacciarsi il più di soppiatto possibile nel mondo degli elite, cercando quasi di passare inosservata nel tentativo di strappare un biglietto per la post-season. Facente parte della Division indubbiamente più combattuta in questo momento, cionondimeno ricopre con un record di 7-4 l’ultima piazza nella suddetta: trattasi dei Cleveland Browns.

Già, strano a dirsi vero? Una squadra che negli ultimi anni ha dovuto lottare con i Jacksonville Jaguars e gli Oakland Raiders per non essere vista come la barzelletta della lega più apprezzata, negli Stati Uniti d’America. Vogliamo aggiungere a tutto questo un altro pizzico di assurdità, follia e incredulità? La formazione dell’Ohio ha battuto, per di più sul filo del rasoio, una squadra che con un record esattamente opposto (4-7) non solo “rischia” di arrivare ai playoffs, quanto di farlo addirittura con il titolo divisionale tra le mani: gli Atlanta Falcons.

Partita molto combattuta, ha visto come detto la squadra ospite vincere di sole due lunghezze grazie ad un field goal (dopo aver chiuso con 4/5 ed un long da 37 yard) di Billy Cundiff, uno dei protagonisti di giornata. Ma i riflettori sono puntati su ben altri giocatori che si sono fatti notare negli ultimi giorni, in un modo o nell’altro.

Bryan Hoyer: troppo poco Dr. Jeckyll, troppo Mr. Hyde

Bryan Hoyer: troppo poco Dr. Jeckyll, troppo Mr. Hyde

Un particolare discorso riguarda il quarterback di questa formazione: ossia Bryan Hoyer. La giornata del numero 6 non è stata delle migliori, chiudendo con 23/40, 322 yard, nessun touchdown e tre intercetti (due dei quali cercando il rientrante Josh Gordon) per un rating pari solo a 52.3. Tuttavia il nativo di Lakewood si è ripreso nel drive più importante, quello finale, culminato come detto nel field goal della vittoria. Ancora una volta, la quinta per l’esattezza, i Browns hanno strappato la W negli ultimi due minuti (addirittura la quarta negli ultimi tre secondi).

Un dato numerico che comunque ben esprime quanto questo ragazzo tenga a questa maglia, a prescindere da errori e giornate completamente storte. Ma anche se può sembrare cattivo da sottolineare, Hoyer aveva già avuto i suoi bassi in quella partita. Mancava solo da tirare fuori dal cilindro il “momento più alto”, se così possiamo definirlo: “Dovevo solo scendere in campo e giocare al meglio le mie carte. Avevo già tirato fuori il peggio, per cui non rimaneva che guidare i miei compagni senza paura o timore”. Alto momento realmente posto in essere dallo starter di Mike Pettine soprattutto grazie a quattro fondamentali completi da doppia cifra in quanto a yard (prima 11 per Miles Austin, 24 proprio per Gordon, 15 per Gary Barnidge e infine altre 11 di nuovo per Austin) che hanno poi consentito a Cundiff di trovare i pali dopo lo spike.

Se c’è qualcosa che comunque non è mai mancata sulla sideline della formazione del “Mistake on the Lake” è la fiducia, soprattutto nei mezzi di Hoyer. A farsene portavoce è proprio il suo head coach Pettine: “Sono orgoglioso di Bryan. Dopo la partita è stato molto duro con se stesso, ma è normale considerando quanto si aspetta da se stesso. Il modo in cui ha gestito la situazione è stato splendido, testimonianza della sua etica e della sua forza di volontà”. Parole importanti di Pettine, anche se potrebbero facilmente prestarsi all’altra possibile faccia della medaglia: che dire dei problemi “mattinieri” di Johnny Manziel? Tutto questo è accaduto subito dopo la non troppo (più che altro a voler guardare il soggetto) sconcertante notizia riguardo una presunta lite in un albergo avvenuta intorno alle 2, forse le 3, del mattino in cui il numero 2 dei Browns si sarebbe reso protagonista.

Magari questo è stato solo il bonus nel non spingere Pettine a sostituire Hoyer, elemento che potrebbe alla lunga salvare capre e cavoli in quel dell’Ohio. Ciò che ha reso Pettine maggiormente insoddisfatto dell’accaduto, a sua detta, è stato l’orario in cui il fatto è avvenuto: “Non siamo mai agiati riguardo ragazzi che si trovano invischiati in situazioni similari a determinati orari. Ci fidiamo sul fatto che compiano scelte giuste”. Fattore che probabilmente testimonia la frustrazione dichiarata giorni addietro da “Johnny Football” riguardo il suo mancato utilizzo a favore dello stesso Hoyer. Ma a questo punto è ancora più evidente (si, lo era già prima, ed anche abbastanza chiaramente) quanto il ragazzo sia immaturo e gestisca male le vicissitudini in cui viene a trovarsi: altro, se non ennesimo, caso di grande talento con utilizzo di materia grigia tendenzialmente povero all’orizzonte?

Josh Gordon, protagonista del gradito rientro

Josh Gordon, protagonista del gradito rientro

Ma a Cleveland situazioni del genere potrebbero essere descritte, a voler volgere lo sguardo al recente passato, quasi come fattispecie ordinarie. Già, perché un rientro decisamente gradito e che potrebbe dare un “burst”, una qual certa verve, al reparto offensivo ed anche alla stagione dei Browns è quello del WR Josh Gordon. È finalmente terminata la sospensione che gravava su di lui e il giovane talento di Houston, Texas, non ha mancato il tiro sin da subito. È vero che Hoyer ha commesso due intercetti cercando il proprio numero 12, ma quest’ultimo si è subito imposto come principale opzione offensiva per il gioco aereo di Pettine, soprattutto con la sua ricezione da big play nel finale valevole per 24 yard, pezzo indubbiamente fondamentale nell’ultimo e decisivo drive.

Forse una sorta di esperimento, un tentativo che però ha fruttato al rientro di Gordon, e che potrebbe portare ad ulteriori positività nel prossimo (e magari non solo) futuro. Il giocatore si è detto molto contento che la franchigia tenga in tale maniera a lui, tanto da aspettare la scadenza della sua sospensione, cionondimeno lo stesso ragazzo apprezza la franchigia per cui gioca.

La questione adesso sarà una e una sola: come Gordon sarà in grado di portare un contributo in grado di far innalzare il livello del reparto? E come dovrà Pettine gestire il tutto senza togliere troppo da un aspetto piuttosto che da un altro?

Hoyer ha completato solo 8 lanci su 17 verso Gordon, totalizzando come detto anche due dei suoi tre intercetti in tali circostanze. Verso tutti gli altri ricevitori il numero 6 ha concluso con 12/16 e 170 yard. Come si può notare quindi il duo deve solo trovare la giusta chimica per rendere al meglio, cosa che verrà alla luce solo con il passare del tempo.

Nel mentre Pettine può godere di un importante ground game in grado di portare quella versatilità e quell’essenza policromatica necessaria non solo per non rendere il gioco troppo semplice ai propri avversari, quanto per portare la difesa avversa a caricare il box e consentire quindi al proprio quarterback di cercare le big play su giocatori esplosivi proprio come Josh Gordon. Isaiah Crowell e Terrance West hanno inoltre formato un’ottima combo contro i Falcons, chiudendo complessivamente con 26 portate per 150 yard con due touchdown (entrambi per il primo, principale back per Cleveland).

In attesa quindi che Gordon diventi di nuovo quello in grado di collezionare più di 1400 yard in 14 uscite e consentire al proprio reparto offensivo di incidere in maniera sicuramente più importante, il calendario della squadra dell’Ohio non si prospetta certamente dei più semplici e sbrigativi: trasferte su Buffalo, Carolina e Baltimore, e sfide casalinghe con Indianapolis e Cincinnati. Record complessivo: 30-24-1, quattro di queste godono di record positivo e come detto tre sono le trasferte. Un calendario quindi abbastanza difficile per una squadra che deve risalire almeno due piazze per sperare nella post-season.

Compito a livello prettamente numerico non molto complicato visto che tutte le parti in causa, tranne i Bengals a quota 7-3-1, hanno lo stesso record dei protagonisti di questa disamina. Tuttavia gli altrettanto complicati calendari di Pittsburgh (trasferte a Cincinnati e Atlanta e gare casalinghe con New Orleans, Kansas City e di nuovo i Bengals) e Cincinnati (trasferte contro i Bucs, proprio i Browns e Pittsburgh, miste ad un’altra gara casalinga con la squadra della Steel City e soprattutto con i Denver Broncos di Peyton Manning) potrebbero portare in dote un più che gradito aiuto. Nella AFC North la squadra sulla carta più avvantaggiata sono i Baltimore Ravens con le gare contro Miami e Houston lontano dal Maryland, per poi chiudere in casa con San Diego, Jacksonville e infine proprio Cleveland. Chissà che quest’ultima partita non possa rivelarsi un vero e proprio scontro da dentro o fuori nel rush finale.

Come possiamo vedere quindi le carte da giocare sono ancora molte, per tutte le parti, e Cleveland potrebbe avere quell’asso nella manica in Josh Gordon da sfoderare al momento giusto per ottenere quel decisivo sprint in grado di apportare il contributo decisivo nel rush finale. Anche se con un record di 7-4 i Cleveland Browns ricoprono l’ultima piazza nella AFC North, ma ancora per quanto? Tutto sembra essere ben disposto affinché il “Mistake on the Lake” possa diventare qualcosa di diverso.

Che si stiano ponendo le fondamenta che possano condurre a ciò?

One thought on “Quale punto di arrivo per i Cleveland Browns?

  1. Da tifoso dei Brownies, mi sento preso in causa. La forza di questa squadra sta nel running game. Il playbook è tutto incentrato su un run-heavy offense che sfrutta i blocchi a zona della O-Line. E poi, quando meno te l’aspetti, la play action che infila la difesa, verticale, come la lama di un coltello. Questo è il modo di giocare di Kyle Shanahan. Se vi ricordate, due anni fa l’attacco dei Redskins funzionava allo stesso modo. Mettiamoci una O-Line favolosa come quella dei Browns (anche se l’infortunio di Alex Mack si fa sentire eccome), e due running back come Isaiah Crowell, undrafted, e Terrance West, scippato al 3o round, che stanno stupendo tutti, e il giocattolo è pronto. Il punto focale è il quarterback. Brian Hoyer ha mostrato tutti i suoi limiti nelle ultime uscite. E’ intelligente, ha carisma, prende quasi sempre la decisione giusta, ma non è un franchise QB. Cleveland ha una difesa che si è fatta rispettare su tutti i campi. Gipson, Haden, Dansby. Turnover su turnover, sono loro che si prendono la squadra sulle spalle ogni domenica, nell’attesa che l’attacco metta punti sul tabellone. Pensate se questa squadra avesse un quarterback in grado di vincere le partite da solo. Magari è antipatico, irresponsabile, inaffidabile. Ma quell’uomo di cui sto parlando è Johnny, In un sistema offensivo che sta favorendo anche uno come Hoyer… oddio santo pensate cosa succederebbe con Johnny. Porterebbe in dote anche la possibilità di giocare in Pistol, e quindi in read-option. Nonostante tutto la decisione di preservarlo al primo anno è giustissima (avete visto Bortles e Bridgewater?). Nonostante tutto è un anno di transizione questo. L’anno prossimo con due prime scelte in più e Johnny under center ci sarà da divertirsi… mi sto già fregando le mani.

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