Non sono passate molte settimane dalla conclusione della stagione Nfl, evento che ci aveva visti, su queste stesse pagine, tessere per l’ennesima volta le lodi della squadra vincitrice del Super Bowl, in questo caso i Seattle Seahawks, davvero da congratulare per l’impresa compiuta soprattutto analizzandone la genesi del roster, comprendendo come draft ed attenta osservazione del talento snobbato da altri fossero stati fattori largamente presenti nell’affermazione del team costruito da John Schneider e Pete Carroll.

Se la morfologia del successo della squadra proveniente dal piovoso nord-ovest statunitense aveva ispirato chiari paragoni con i New England Patriots e con altre franchigie capaci di dimostrare più volte che per vincere nel football americano è necessario essere organizzati al top partendo dalla programmazione di offseason, non potevano certo non saltarci all’occhio tutte le recenti transazioni effettuate dai Cleveland Browns, cui dedicammo parte di un articolo poco tempo fa in occasione del licenziamento di Rob Chudzinski dopo solamente una stagione, una rimozione d’incarico che gli era stata comunicata in fretta e furia, non appena la squadra era dal bus proveniente da Pittsburgh, meta dell’ultimo viaggio di regular season.

Jimmy Haslam

Jimmy Haslam

Il colpo di spugna più recente riguarda invece il massimo settore organizzativo della squadra, che ha visto il CEO Joe Banner ed il general manager Mike Lombardi, sollevati dalle rispettive mansioni non più tardi di una decina di giorni fa, ennesima mossa pensata dal proprietario Jimmy Haslam con il fine di riportare disperatamente una stagione vincente a Cleveland, dato che da quando la franchigia è risorta dal nulla nel corso dell’anno 1999, la stessa ha fatto registrare due campionati vincenti ed una sola qualificazione ai playoffs, con una media annuale di vittorie davvero troppo bassa per un qualsiasi canone inerente alla rispettabilità.

Se i successi scarseggiano viene da pensare che sia proprio colpa di una mancanza di strategia a lungo termine, nella quale la pazienza gioca il ruolo principale, alla pari del saper trasmettere sicurezza al proprio nucleo base di fans, convincendolo che un paio di annate storte possono fungere quale trampolino di lancio per avviare una ricostruzione vincente. Ma questo, e la storia lo dimostra, non avviene certo dal giorno alla notte, e tutti i proprietari che si sono fatti prendere dal panico continuando a premere bottoni all’interno della propria azienda in maniera insensata hanno ottenuto solamente delusioni. Haslam, che dall’ottobre 2012 è proprietario di maggioranza dei Browns, non è rimasto esente da questo concetto ed ha seguito un comportamento finora piuttosto contraddittorio rispetto ai suoi intenti iniziali, quando aveva dichiarato di conoscere le vie vincenti della Nfl e di sapersi adattare alla formula richiesta, quella della costruzione intelligente del roster e della precisa organizzazione della franchigia, per riportare il sole a Cleveland.

chud weeden

Brandon Weeden a colloquio con l’ex head coach Rob Chudzinski

Tutto quello che ne è conseguito è stata invece una serie di movimenti ansiogeni, che hanno decretato il totale fallimento della strategia più recente, culminati con la fine della carica di presidente rivestita da Mike Holmgren, colui che avrebbe dovuto risollevare i Browns dalle ceneri perpetue, e proseguiti con implicite ammissioni di colpa in sede di draft, vista la rinuncia a Trent Richardson in cambio di un nuovo pezzo di futuro che si scoprirà solo a maggio con il nuovo draft, e la gestione di Brandon Weeden, preso quale premio di consolazione in un draft prima del quale Cleveland aveva in tutti i modi cercato di sorpassare l’offerta dei Redkins in direzione Rams per ottenere la piazza numero due, e di conseguenza Robert Griffin III.

Con la differenza che di Weeden, come prevedibile per un progetto di così breve termine – è stato, ricordiamo un rookie anomalo per il fatto di avere già 28 anni – è stato liquidato già nel corso della scorsa stagione dopo un’evidente mancanza di progressi nel ruolo di quarterback, aprendo una porta girevole che ha visto un buonissimo Brian Hoyer soccombere dinanzi alla rottura del crociato anteriore dopo una manciata di partite assolutamente incoraggianti (3-0 da starter per una squadra che ha vinto 4 volte in totale), per poi lasciare il timone del comando a Jason Campbell, preferito anch’egli all’ex regista di Oklahoma State.

Poi era arrivato il turno di Chudzinski, che non ha nemmeno avuto il tempo che serve per mettere a punto il personale in campo in maniera corretta, ed ora la via d’uscita è stata mostrata alle figure prominenti in giacca e cravatta. A Cleveland ogni offseason è una rivoluzione,  ed Haslam non ha capito che la Nfl è diversa da un’azienda di tipo tradizionale, in quanto non serve certo licenziare a destra e a manca ogni quarto d’ora per cambiare il corso degli affari. La stabilità è sempre il fattore più importante che determina il tratto vincente di una franchigia.

Un chiaro sintomo della confusione regnante in città è stato il sostanziale rifiuto di diversi assistenti allenatori nel prendere in considerazione il posto di head coach vacante, rendendo evidente la percezione che da fuori si possa avere di questo tipo di franchigia. Josh McDaniels pareva essere il favorito, spinto fortemente da Lombardi e dalla suo vecchio legame con Belichick risalente agli anni novanta – guarda caso, quando i due lavorarono insieme…ai Browns – ma lui stesso ha preferito rimanere in un ambiente vincente come quello di New England (dove è arrivato di recente anche Lombardi…) accontentandosi di restarne l’offensive coordinator e nulla più, e via via si sono susseguiti i no di Adam Gase, il coordinatore dell’attacco potentissimo dei Broncos, e di Ken Wisenhunt, quest’ultimo probabilmente motivato dal fatto di essere stato snobbato dodici mesi prima proprio da Banner. Greg Schiano, infine, era stato consigliato da Belichick, ma sostanzialmente ignorato dalla vecchia dirigenza, ed ecco come si è arrivati a Mike Pettine, che non aveva precedentemente ricevuto alcuna richiesta formale per un posto da capo allenatore in Nfl.

Il volto nuovo è Ray Farmer, classe 1974 ed ex linebacker dei Philadelphia Eagles, che lo scelsero nel draft del 1996 al quarto round per poi vedergli finire la carriera dopo soli tre anni a causa di un grave infortunio al ginocchio. Farmer in passato ha lavorato del dipartimento di scouting a Kansas City, dove ha sviluppato un ottimo rapporto con giocatori ed assistenti, per poi trasferirsi a Cleveland nel 2013 per fare da assistente a Lombardi, ed ora ne ha preso il posto prima di quanto pensasse. Con lui in sella i Browns hanno un draft molto interessante ed impegnativo, perché se davvero vogliono costruire un futuro radioso non devono più sbagliare una mossa. La squadra disporrà della quarta scelta assoluta, della ventiseiesima, cortesia della trade con Indianapolis per Richardson, che se aggiunte al pick di secondo giro fanno tre selezioni nelle prime trentacinque chiamate.

T.J. Ward

T.J. Ward

Il tutto corrisponde a tre giocatori, presumibilmente offensivi viste le necessità attuali, che costituiranno un cospicuo pezzo di futuro. Di sicuro ci sarà un nuovo quarterback, che Cleveland potrebbe seriamente scegliere alla quarta posizione assoluta prendendo uno tra Bridgewater, Manziel e Bortles, e prima o dopo sarà necessario aggiungere al backfield un nuovo running back che stabilizzi la posizione per i prossimi cinque o sei anni, oltre ad un ricevitore da appaiare a Josh Gordon e/o una guardia offensiva necessaria a potenziare il gioco di corse. Senza contare che urgono decisioni importanti per tenere in città il centro Alex Mack ed il safety T.J. Ward, i due free agents più forti della squadra.

Al di là della selezione dei giocatori, l’aspetto più importante da comprendere per Haslam è che senza la necessaria lungimiranza nella National Football League non si va da nessuna parte. Nulla è lasciato al caso: chi vince, o chi arriva vicino a vincere, è forte di una strategia ben pensata e soprattutto ben attuata, ed ha delle idee ben precise che puntualmente riesce a traslare all’interno del rettangolo di gioco.

Bisogna lasciare il tempo al tempo, e far capire agli affezionatissimi del Dawg Pound che si sta lavorando per loro. Questa volta, però, seriamente.

 

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