Joe Montana, l'eroe dei Super Bowl per definizione...

Joe Montana, l’eroe dei Super Bowl per definizione…

Domenica sarà il 47° della serie. Anzi, siamo pignoli: il XLVII. Abbiamo visto in un articolo precedente come nacque la leggenda del Super Bowl, con una prima edizione giocata quasi in semi-clandestinità e la svolta avvenuta due anni dopo, con l’impresa dei Jets di Joe Namath.

Da allora se ne sono giocati altri 43, il Super Bowl è diventato un evento di tale portata da diventare una festa nazionale de facto (il consumo di cibo nella SuperSunday è secondo solo a quello del ThanksGiving Day) e la platea è sempre più globale.

Il SB è l’evento televisivo dell’anno, capace di polverizzare ogni indice di ascolto, e il prezzo per uno spot di 30 secondi durante la partita è arrivato quest’anno a toccare i 4 milioni di dollari. Le marching band universitarie sono state rimpiazzate dalle più grandi star della musica mondiale, in halftime show sempre più giganteschi. Ma in questo articolo non parleremo di questo.

Parleremo dei veri eroi del SB, i giocatori, gli allenatori, le squadre, le giocate; perché sono loro ad averlo reso l’evento che è oggi.

And the winner is…

E allora partiamo snocciolando un po’ di numeri: delle 32 franchigie attuali della NFL, ce ne sono 4 che il SB non lo hanno mai giocato: Cleveland, Detroit, Jacksonville, Houston (come Texans, gli ex Oilers lo hanno giocato come Tennessee Titans). E ce ne sono altre 10 che lo hanno giocato, una o più volte, senza mai vincerlo.

Nella classifica dei SB vinti guidano i Pittsburgh Steelers, con 6 anelli, di cui 4 in 6 anni dal ’74 al ’79. Nessuno è mai riuscito a vincere 3 SB consecutivi. Ci sono andati vicino i fantastici Dallas Cowboys di Jerry Jones a inizio anni ’90 e i Patriots della premiata ditta Brady-Belichick all’inizio del terzo millennio, con tre titoli in 4 anni. I Cowboys detengono con gli Steelers il primato di apparizioni al Grande Ballo (ben 8), mentre i Niners hanno 5 anelli su altrettante apparizioni.

I perdenti

Se parliamo di squadre perdenti al SB non possono che venirci in mente 2 team: i Minnesota Vikings e i Buffalo Bills. Quattro apparizioni, altrettante sconfitte.

I Vikings hanno pagato soprattutto il fatto di vivere la parabola più alta della loro storia sportiva in un decennio, gli anni ’70, dominato da tre squadre ricordate fra le più grandi di sempre (Steelers, Cowboys, Dolphins).

Erano forti quei Vikings, allenati da Bud Grant, forgiati nel gelo del Metropolitan Stadium, con un ottimo Qb come Frank Tarkenton e una linea difensiva spaventosa al punto da meritarsi un nickname: i Purple People Eaters, i Cannibali Viola (e un DT, Alan Page, futuro giudice della Corte Suprema del Minnesota). Forti, ma non abbastanza. Al Grande Ballo rimediarono solo sonore sconfitte (contro Chiefs, Dolphins, Steelers e Raiders).

I Buffalo Bills invece detengono un record ancora meno invidiabile: quattro SB persi consecutivamente tra il ’91 e il ’94. Allenati da Marv Leavy, guidati dal Qb Jim Kelly e portatori sani di una esplosiva no huddle offense, si arenarono sul più bello sempre contro squadre della NFC East (Giants, Redskins, Cowboys 2 volte) e solo al primo tentativo andarono vicini alla vittoria, quando Scott Norwood fallì il FG della vittoria allo scadere contro i Giants di Bill Parcells.

I Quarterback

Impossibile non parlarne. Il football sarà anche uno sport di squadra come nessun altro, ma il Qb sarà sempre il simbolo del team. Un po’ come per certe band musicali: pensi ai Queen e ti viene in mente Freddy Mercury, pensi ai Rolling stones e ti viene in mente Mick Jagger, e così via…La storia del Super Bowl è anche la storia di grandi Qb, vincenti o perdenti. Ce n’è per tutti i gusti.

I Qb piĂą vincenti al Grande Ballo sono senza dubbio due: Terry Bradshaw e Joe Montana. Quattro finali, quattro vittorie, 5 titoli di MVP complessivi.

Il primo era il Qb dei mitici Steelers anni ’70. Un personaggio particolare, che si esaltava nelle situazioni difficili, tanto che in carriera lanciò più di 300 yds in sole 7 partite, ma 2 di queste erano Super Bowl.

Uno che era costantemente preso in giro per le sue origini contadine e la sua presunta “lentezza” cerebrale; uno che aveva abbandonato e riscoperto la religione ben 2 volte, ha sofferto di attacchi di ansia e depressione, ha avuto 3 matrimoni falliti e ci scherza sopra in Tv, che ha pubblicato 3 dischi e recitato in alcuni film.

Ma soprattutto uno che nel momento decisivo prendeva in mano una squadra fantastica (la Steel Curtain è tutt’ora considerata la difesa più forte di sempre) e la trascinava contro ogni ostacolo grazie ad un braccio dotato di una forza fuori dal comune.

Come nel Super Bowl X, in cui decise la partita con un passaggio da 64 yds per Lynn Swann, scagliato una frazione di secondo prima di essere colpito dal DT dei Cowboys Larry Cole (risultato: una seria concussione) e che è tutt’ora ricordato come uno dei più grandi passaggi di sempre, con il pallone che volò per 70 yds come un missile.

Il mito di Joe Montana invece è legato alla Golden Era dei San Francisco 49ers, dominatori degli anni ’80. Anche per lui 4 anelli su 4 tentativi, con 3 premi di MVP. Montana era il leader attorno a cui il leggendario coach Bill Walsh aveva costruito un attacco spettacolare ed efficacissimo, grazie all’introduzione della West Coast Offense.

La precisione e la visione di gioco del Qb erano l’arma in più di una squadra che poteva vantare nel suo arsenale armi come il mitico Wr Jerry “World” Rice. Ma di Montana divenne leggendaria la freddezza, come nel SB XXIII, quando i suoi Niners si ritrovarono sotto 16-13 contro i Bengals, a 3 minuti e 20” dalla fine e con la palla sulle proprie 8 yds.

Joe Cool si rese conto del panico che serpeggiava tra i compagni, e per distrarli puntò con il dito la tribuna e disse:”Hey, ma quello non è John Candy? (noto attore comico USA)”. Non so se sia più incredibile l’aneddoto o il fatto che funzionò, fatto sta che Montana guidò un drive leggendario: 11 giochi, 92 yds, anzi 102, se si considera una penalità da 10 yds ricevuta dall’attacco, e un passaggio in endzone per John Taylor da 10 yds. Il tutto lasciando pure sul cronometro 39 secondi! E la più paradossale delle conclusioni: quello fu l’unico SB a cui l’MVP non venne assegnato a Joe Montana.

Altri Qb con un feeling particolare furono Troy Aikman (3 finali, 3 vittorie) dei mitici Cowboys di inizio anni ’90 e Tom Brady, pure lui 3 anelli ma anche 2 sconfitte recenti.

E poi ci sono Qb a cui la storia ha negato la gioia di poter sollevare il Vince Lombardi Trophy. Un nome su tutti? Dan “The Man” Marino, leggenda dei Miami Dolphins, statisticamente uno dei migliori Qb di tutti i tempi. Un solo SB giocato, e perso nettamente, contro i Niners di Joe Montana.

Era solo al suo secondo anno di carriera, e gli dicevano: “Tranquillo, avrai parecchie altre occasioni”. Lui frantumò record su record, ma al Grande Ballo non ci tornò più.

C’è poi chi, come Dan Fouts, il SB non lo ha neanche mai giocato. E c’è gente mediocre come Trent Dilfer o Brad Johnson, che il SB lo hanno giocato, e vinto, grazie alla straordinaria forza della difesa (dei Ravens nel SB XXXV, e dei Buccaneeers nel SB XXXVII).

E infine c’è un Qb a cui il SB aveva riservato solo dei sonori ceffoni ma che ha avuto la sua rivincita. Si chiamava John Elway, giocava nei Broncos, e arrivò al SB 3 volte in 4 anni dall’87 al ’90, prendendole di brutto.

Non si arrese, riuscì a tornare su quel palcoscenico maledetto nel 1998, finalmente vincendolo contro i favoriti Packers di Brett Favre. E l’anno seguente si tolse la soddisfazione di vincerlo di nuovo, contro Atlanta, segnando su una Qb sneak e chiudendo la carriera con il premio di MVP, alla faccia di chi lo aveva etichettato come un perdente di talento.

Le storie

Parliamo degli MVP: in 46 edizioni ben 25 volte l’ha vinto un Qb, 7 volte un Rb (ma non capita dal 1998, Terrell Davis), 6 volte un Wr (ultimo Santonio Holmes nel 2009), 8 volte un difensore, una volta un ritornatore (lo strano caso di Desmond Howard).

I Dallas Cowboys detengono due insoliti primati:l’unico premio assegnato ad un giocatore della squadra perdente (Chuck Howley, SB V), e unico premio assegnato a 2 giocatori (Harvey Martin e Randy White, SB XII).

Per molti di loro è stato il coronamento di una splendida carriera (Peyton Manning, Steve Young, ecc) per altri un improvvisa fiammata di gloria. Chiedere ad esempio a Dexter Jackson, safety dei Buccaneers MVP nel SB XXXVII (e ultimo difensore a vincere) che in carriera non toccherà mai più certi livelli, o a Deion Branch, validissimo ricevitore ma non certo un fuoriclasse, MVP del SB XXXVIX.

Parliamo di perfezione: solo i Dolphins del ’72 sono riusciti nell’impresa di chiudere una stagione senza conoscere la sconfitta. Grazie a coach Don Shula, Bob Griese, l’inaffondabile Larry Csonka e la “No Name Defense”, un reparto talmente forte da non concedere, in quel SB contro i Redskins, nemmeno un punto.

Eh sì, perché gli unici punti degli avversari arrivarono nel finale su un FG dei Dolphins, quando il K cipriota Garo Yepremian si vide bloccare il calcio, raccolse la palla, tentò di improvvisare un lancio orripilante che dopo sole 2 yds venne raccolto e riportato in meta dagli avversari. Roba che fece sorridere pure un tipo non proprio faceto come Don Shula.

Il loro record ha tremato, e parecchio, nel 2008, quando a Glendale i Patriots si apprestavano a chiudere in gloria una stagione perfetta (18 vittorie su 18) contro i Giants nel SB XLII.

Forti di un attacco che con Brady, Randy Moss e Wes Welker aveva rifilato valanghe di punti a tutti, il compito sembrava una formalità. E invece i Giants, sfavoritissimi, fecero l’impresa, grazie ad un capolavoro difensivo che limitò i Patriots a soli 14 punti e a un eroe per caso: David Tyree. Che tenne vivo il drive decisivo nel finale di partita compiendo la più incredibile delle ricezioni su un lancio di Eli Manning, già miracolosamente di suo sfuggito ad un sack.

Una palla che sembrava sparacchiata chissà dove, ma Tyree fece l’incredibile, spiccando un salto vertiginoso e abbrancando il pallone aiutandosi col casco nonostante la pressione dell’avversario. La sua “Helmet catch” resta l’immagine simbolo del più grande upset della storia del Super Bowl, superiore anche all’impresa dei Jets di Joe Namath nel ’69.

Restando in tema di upset, ne avvenne un altro clamoroso nel 2002 a New Orleans, quando i sorprendenti Patriots sfidarono e sorpresero i favoriti Saint Louis Rams di Kurt Warner e del Greatest Show on Turf, grazie alla difesa e alla freddezza da veterano di un ragazzo che aveva iniziato la stagione come 3°Qb, e si era ritrovato titolare per puro caso.

Quella sera nacque la leggenda di Tom Brady, e nacque quella di Adam Vinatieri, il kicker che senza paura infilò in mezzo ai pali il FG della vittoria allo scadere in ben 2 SB (ne giocherà 5 e vincerà 4 anelli).

Upset realizzati, o a volte solo sfiorati al termine di sfide memorabili. Come dimenticare l’eroica resistenza degli sfavoriti Carolina Panthers al SB XXXVIII contro i Patriots?  Una partita bellissima, coi Patriots che ogni volta allungavano e i Panthers che rispondevano colpo su colpo, in un SB purtroppo passato alla storia più per il seno mostrato da Janet Jackson nell’halftime show che per lo spettacolo offerto dal campo, in cui spiccarono il volo plastico in endzone di DeShaun Foster e il Td pass da 80 e più yds di Jake Delhomme per Muhsin Muhammad.

Una resistenza eroica ed esaltante, spezzata a pochi secondi dal termine da un kickoff calciato fuori e dalla freddezza dei soliti Brady e Vinatieri. Una resistenza talmente stupefacente che pochi giorni dopo David Letterman, intervistando Bill Belichick, si fece scappare il seguente commento:” Però, e dire che in America molti non sapevano neanche che in Carolina ci fosse una squadra di football!” E Belichick: “Ce l’hanno, eccome. E pure forte!” con l’aria di chi aveva visto le streghe, e l’aveva scampata.

E come dimenticare la rinascita di Kurt Warner e il paradiso sfiorato dai Cardinals contro Pittsburgh nel 2009? Il vecchio Kurt era riuscito a trasformare un squadra da sempre nei bassifondi in una rappresentante della NFC al SB. E questa giĂ  era una favola. Ma giocarsela alla pari con i favoriti, esperti e navigati Steelers sembrava impossibile.

E quando Kurt a fine secondo quarto lancia un intercetto riportato per tutto il campo (100 yds) da James Harrison per il 17-7 Steelers sembra la fine della favola. Ma dopo l’halftime Warner risorge, e con lui i Cardinals, che rimontano furiosamente.

E quando Warner lancia un Td pass da 64 yds per Larry Fitzgerald, per il sorpasso 23-20 a 2 minuti e mezzo dal termine, l’apoteosi sembra scritta. Ma nel DNA degli Steelers c’è la capacità di non morire mai, e Santonio Holmes con una ricezione funambolica a 35 secondi dal termine pone fine al sogno di Kurt Warner e dei tifosi Cardinals.

Ma l’immagine forse più spettacolare, drammatica e crudele della storia del SB ha due protagonisti: Kevin Dyson e Mike Jones. Il primo è il Wr dei Titans, che a tempo scaduto, col pallone in mano, cerca di entrare in endzone per portare la sfida all’overtime. Il secondo è il difensore dei Saint Louis Rams che prova a placcarlo. Un duello epico, con Jones avviluppato al corpo di Dyson, che in tuffo si allunga portando il pallone più avanti possibile. Si fermerà ad una sola, misera yard dal suo traguardo, nonostante tutti i suoi sforzi.

La ricezione di Holmes resta tra le fotografie più indelebili degli ultimi SB, assieme alla helmet catch di Tyree, all’apoteosi di Drew Brees e di New Orleans, passata dalla devastazione di Katrina al Vince Lombardi Trophy.

Assieme al diluvio di Miami che bagna il trionfo di Peyton Manning nell’unico SB giocato sotto la pioggia, fino alla freddezza con cui Aaron Rodgers guida i Packers alla vittoria contro gli Steelers nel 2011.

L’ultima immagine è quasi comica: Ahmad Bradshaw che sigla il Td della seconda vittoria dei Giants sui Patriots in 4 anni, crollando in endzone….con il fondoschiena!

La mia carrellata termina qui, anche se di storie da raccontare ce ne sarebbero molte oltre. Ma domenica notte è vicina, e 49ers e Ravens sono pronti a prendersi la scena. Ci siamo abituati bene negli ultimi anni, sempre partite combattute e in bilico fino all’ultimo. Ma loro hanno tutte le carte in regola per regalarci un’altra storia da raccontare.

E allora godiamocela! Buon Super Bowl XLVII a tutti!

3 thoughts on “La leggenda del Super Bowl: gli eroi

  1. Bell’articolo anche questo, complimenti!
    Ci sono anche i miei VIkings, in negativo…:-(

    Un paio di curiositĂ : sul Wiki in italiano c’è un errore che ho notato leggendo questo articolo, loro riportano che Howley fosse un giocatore dei Colts,
    mentre nel filmato tra Rams e Titans noto che c’è il simbolo dei Rams a centrocampo: come mai? Non dovrebbe esserci il simbolo del Super Bowl?

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