Alex Smith ha giocato un’altra partita di grande spessore.

Questa volta è andata meglio.

L’ultima volta che Detroit Lions e San Francisco 49ers si erano scontrati in regular season, ovvero durante il campionato 2011, Jim Harbaugh era così adrenalinico per la vittoria appena ottenuta in rimonta che alla fine della partita aveva stretto la mano e dato una pacca sulla spalla al rivale Jim Schwartz un pò troppo energicamente, creando un caso nazionale ed un mezzo tafferuglio che aveva tenuto banco per lungo tempo.

Prima che nascessero ulteriori polemiche, o altri argomenti che non riguardassero il football giocato, i due si sono nuovamente stretti la mano prima della partita di ieri notte, sorridendo, magari per effetto di qualche battuta che non sapremo mai, ed in fondo è meglio così.

Il risultato quello no, non è cambiato, se nell’occasione precedente i Niners avevano acciuffato la vittoria nel quarto periodo, stavolta la stessa è arrivata dopo una gara molto combattuta e sofferta, ma nella quale San Francisco ha sempre dato l’impressione di essere in pieno controllo delle operazioni grazie alla sapiente strategia di un allenatore arrivato qui per vincere, andato ad un passo dall’accesso al Super Bowl e desideroso di ripresentare la sua squadra come non più una sorpresa, ma come una delle principali accreditate per giocare la finalissima di New Orleans.

Le caratteristiche che hanno portato i Niners dall’essere una squadra perennemente fuori dalla post-season ad una compagine capace di vincere 13 partite su 16 un anno fa sono sempre le stesse, ma gli avversari sembrano non aver trovato ancora adatte contro-misure.

Alex Smith ha trovato ciò che serviva per raddrizzare la sua carriera in un coaching staff che non sta cercando di imporgli ciò che non sa fare, ed ha invece costruito il playbook installato l’anno scorso basandosi sulle sue qualità migliori. Poche forzature, tracce brevi che si svolgono tra hook e traiettorie ad incrociare il campo, ricerca costante di mis-match in velocità e statura, una sapiente esecuzione della play-action, ed una fitta rete di passaggi di precisione che limita al minimo il numero di intercetti cui Smith potrebbe potenzialmente esporsi, che sta permettendo alla prima scelta assoluta del draft 2005 di esprimersi al proprio meglio. Contando la partita di ieri notte, il quarterback è alla sua nona partenza da titolare consecutiva priva di intercetti.

Vernon Davis e Michael Crabtree, enigmi senza risoluzione per la difesa dei Lions.

I Lions hanno subìto l’efficienza aerea dei Niners senza riuscire a trovare una soluzione idonea per la statura/velocità di Vernon Davis, un mal di testa immarcabile che ha segnato altre due mete decisive prendendosi in parte gioco di una difesa che ha mancato molti placcaggi; hanno patito la costante capacità di Michael Crabtree di smarcarsi eseguendo tracce vicine alla perfezione (6 prese per 67 yards, 11.2 yards di media per ricezione); hanno perso molte delle battaglie in trincea contro una linea offensiva ordinata e precisa, che ha protetto Smith quasi sempre al meglio (quando non c’è riuscita il quarterback ha sempre preso la decisione migliore, anche buttando via la palla), e che ha aperto varchi dove Frank Gore ha danzato e colpito duro in quantità uguale correndo per 89 yards con una meta nelle diciassette occasioni in cui il suo numero è stato chiamato dalla sideline.

Non è certo stata d’aiuto la nuova dimostrazione di mancanza di disciplina da parte del reparto difensivo di Detroit, un problema che Schwartz si trascina dall’anno scorso e reale motivazione che separa i Lions dalle grandi squadre della Nfl.

La difesa dei 49ers ha tenuto fede alla sua nomea, neutralizzando Calvin Johnson per tutto il primo tempo e concedendogli gran parte delle sue 94 yards quando la partita era già indirizzata ai padroni di casa, ma tenendolo costantemente lontano dal poter segnare una meta.

La perdita del principale riferimento ha danneggiato non poco Matthew Stafford (19/32, 230, TD, INT), che non è mai entrato in ritmo ed è dovuto scappare dai molteplici allineamenti che San Francisco gli ha messo davanti di volta in volta, trovandosi a dover forzare in più di qualche occasione trovando l’intercetto nel primo tempo, ed accumulando numeri molto diversi rispetto a quelli di un regista da oltre 5.000 yards stagionali, suo record personale del 2011. Il timido tentativo di Schwartz di giocare un maggior numero di corse per equilibrare un attacco votato ai passaggi non ha funzionato molto, Kevin Smith è stato spesso raggiunto sulla linea di scrimmage da un monumentale Justin Smith e da numerosi altri compagni, mentre nelle retrovie Dashon Goldson, seguendo l’andazzo del campionato scorso, ha pattugliato e colpito ogni cosa arrivasse nel suo vicinato.

Frank Gore è andato a segno per la seconda gara consecutiva.

Il reparto offensivo di Detroit si è sistematicamente fermato nelle ultime 30 yards senza riuscire a passare oltre, affidando al piede di Jason Hanson – 4/5 nella sua occupatissima serata – il compito di scrivere tutti i punti della squadra ospite fino all’ultima ed inutile ricezione in endzone di Brandon Pettigrew, servita solamente ad addolcire la pillola. Talvolta anche i 49ers hanno sofferto il medesimo problema, ma nei momenti decisivi sono arrivate le chiamate corrette, che Smith ha eseguito o modificato con grande cognizione di causa trovando ogni volta il punto debole degli avversari, peraltro decimati dagli infortuni nelle secondarie.

La difesa ha ricominciato da dove aveva terminato l’ottimo scorso campionato, ed ha neutralizzato due dei quarterback più blasonati della lega, Aaron Rodgers e Matthew Stafford. Alex Smith non ha perso un grammo della fiducia in se stesso che è riuscito a ritrovare dopo una carriera Nfl iniziata nel peggiore dei modi. Michael Crabtree sta cominciando a muovere le catene ogni volta che riceve un pallone, specialmente quando c’è da convertire un terzo down.

I 49ers hanno cominciato meglio di tutte le altre pretendenti al Super Bowl, e seppure i giudizi alla seconda giornata di campionato lascino il tempo che trovano, la sensazione è che i ragazzi di Jim Harbaugh sappiano sin troppo bene di avere un conto in sospeso da sistemare, e che il livello complessivo della squadra e dell’organizzazione sia così alto da pensare che da questo lato della Bay Area ci si possano togliere davvero tante soddisfazioni nel prossimo futuro.

La mentalità di questa squadra è dura come il  cemento, perfettamente trasmessa dal coach che un anno fa li prese per mano e li condusse in un bel viaggio che profumava di anni ottanta, quando il successo da queste parti era all’ordine del giorno.

Oggi è presto, ma se a gennaio si scoprisse che tale viaggio si può anche allungare di una settimana, allora…

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