Se è vero che la fortuna è cieca e la sfiga invece ci vede benissimo, allora possiamo tranquillamente dire che a Houston ha un occhio di lince.

In quella che sta per passare agli annali come la migliore stagione della loro storia, la malasorte sembra essersi accanita contro i Texans. Ultimo team ad essere affiliato alla NFL (era il 2002), gli Houston Texans (9-3) si godono la vetta della AFC South, coltivando più che legittimi sogni di gloria, vale a dire quei playoff mai raggiunti dalla franchigia, ma che ora sembrano ad un passo.

La strada verso il Paradiso, si sa, è lastricata di ostacoli e l’ultima tegola a Houston è piovuta domenica pomeriggio, con un nuovo infortunio (tendine del ginocchio) al WR Andre Johnson, da poco rientrato a tempo pieno nel roster dopo un’assenza per un problema analogo dell’altra gamba. Sebbene i primi accertamenti del caso abbiano escluso danni seri (coach Gary Kubiak ieri ha parlato di “lieve” infortunio), questo è l’ennesimo di una serie impressionante di infortuni che ha colpito i giocatori texani dall’inizio della stagione.

Analizziamo bene quanto capitato ai Texans:

– il leading rusher NFL del 2010, Arian Foster, infortunatosi in preseason, ha dovuto saltare quasi interamente i primi tre turni di campionato;

– il suo validissimo backup, Ben Tate, ha lamentato anch’egli diversi problemini al ginocchio;

– ad un terzo di campionato, il giocatore più rappresentativo della difesa, il LB Mario Williams, ha dovuto dire anzitempo addio al 2011 per via di un serio infortunio ai muscoli pettorali;

– la stella dell’attacco Andre Johnson costretto al forfait in 4 partite per l’infortunio menzionato poc’anzi;

– ciliegina sulla torta: nel giro di due settimane, Houston ha perduto il QB titolare (il validissimo Matt Schaub) e la sua riserva (Matt Leinart), trovandosi costretta a mettere sotto contratto Kellen Clemens prima e il veteranissimo Jake Delhomme poi, affidando gli snap al terzo QB, il rookie da North Carolina, T.J. Yates;

Ci sarebbe di che abbattere un toro. Invece, i Texans sono imbattuti dal 16 ottobre scorso, hanno infilato la bellezza di 6 vittorie in fila, mantenendosi in sella alla loro division, con due gare di vantaggio sui Tennessee Titans.

Dopo anni di delusioni e promesse mancate, il 2011 sembra finalmente l’annata che i tifosi sognavano da un pezzo. Nella scorsa estate, Gary Kubiak ha operato alcuni cambiamenti nel proprio staff, rivelatisi decisivi. Il più rilevante è stato la nomina di Wade Phillips quale nuovo defensive coordinator.

Texano fino al midollo, con precedenti (non esaltanti) esperienze di capoallenatore in tre diverse franchigie (Denver, Buffalo e Dallas), Phillips ha trovato a Houston (tra l’altro la città dove il padre Bum – coach degli Houston Oilers degli anni ’70 – è un mito) la collocazione ideale della sua lunga carriera.

Presa in mano una difesa giovane (nessun titolare ha superato i 30), ricca di talento ma scarsamente disciplinata e incostante (capace di notevoli prestazioni come di buchi pazzeschi), Phillips ha rivitalizzato ogni reparto, impiantando una 3-4 solidissima, rinforzata dall’ottimo rookie DE JJ Watt e riuscendo a trasformare i 4 della linea mediana forse nel più formidabile pacchetto di LB di tutta la lega.

La repentina uscita di scena di Williams è stata assorbita meglio del previsto dalla difesa di Houston; l’inserimento del rookie OLB Brooks Reed ha portato da subito ottimi frutti e il nucleo composto da Reed, Demeco Ryans (l’unico forse sottopar fino a questo momento), Brian Cushing e Connor Barwin ha terrorizzato gli attacchi avversari. Non è un caso che Houston risulti, dopo 12 giornate, la quarta miglior difesa della NFL contro le corse e la seconda migliore come yards totali concesse. Forse la secondaria è priva di grandi nomi, ma si è comportata ottimamente finora (Jonathan Joseph e Jason Allen su tutti, con 4 intercetti a testa), risultando la terza migliore.

Se la difesa è un punto fermo dei Texans 2011, anche dall’altra parte della palla non si può dire che le cose, almeno sulla carta, siano messe male.

Il gioco di corsa è un asset di sicuro valore: sia Foster (tornato in buona forma, ma non ancora al livello mostruoso dello scorso anno) sia il backup Tate hanno fornito un pesantissimo contributo di yards e punti messi sul tabellone, spesso passeggiando sulle difese avversarie.

La linea d’attacco, sottovalutata, è una di quelle che hanno permesso agli avversari meno chance di avvicinarsi al QB. La malasorte, però, ha deciso di tirare tanti brutti scherzi ai texani che hanno visto cadere come birilli i pezzi dell’attacco. Prima l’ottimo Schaub, messo fuori per un problema alla mano, poi Matt Leinart (che attendeva un occasione di riscatto dopo una carriera tutta ombre in quel di Arizona) uscito di scena definitivamente proprio al suo debutto.

Negli ultimi 2 match le redini offensive sono state consegnate nelle mani della matricola Yates (il primo QB uscito da North Carolina a partire titolare in una gara NFL) che si è comportato dignitosamente finora (1 TD per lui, senza intercetti) incappando in pochi (e non costosi) errori.

La dirigenza ha cercato di correre ai ripari firmando Clemens e Delhomme (molta esperienza di playoff e 1 Superbowl disputato all’attivo) ma il tempo per imparare il playbook dei Texans non è moltissimo e Yates pare essersi guadagnato anche la fiducia dei compagni di reparto. La squadra ha reagito bene e, specie nell’ultima giornata, ha mostrato notevole compattezza e stringendo i denti è riuscita a portare a casa un’importante successo contro i Falcons che non sono una squadretta.

Ma a dire il vero, tutta la stagione di Houston ha mostrato più luci che ombre. I Texans hanno perso male solo contro i Raiders in casa ( il giorno dopo la scomparsa del padre-padrone di Oakland, Al Davis), gli altri 2 KO sono arrivati a New Orleans e a Baltimore. E ci possono stare. Per contro, i Texans possono vantare i prestigiosi scalpi degli Steelers, dei Titans e dei Falcons. Tutte squadre da playoff o potenzialmente tali. La conquista del titolo divisionale è ad un passo, il calendario restante non è proibitivo (l’ultima domenica, in casa contro Tennessee, sarà decisiva), gli agognati playoff non sono più una chimera.

E chissà che il prossimo gennaio la più giovane franchigia della NFL non possa sorprendere tutti quanti staccando un biglietto. Possibilmente non per Lourdes, ma destinazione Indianapolis.

 

3 thoughts on “Houston Texans: più forti della sfortuna

  1. Ottimo articolo, solo un appuntino ino ino ino, ma Shaub non e` fuori per un infortunio al piede??

  2. Corretto, il probelma ha riguardato il piede, non la mano. Quest’anno l’infermeria di Houston è più sovraffollata di un centro commerciale che vende tablet di ultimissima generazione…Mea culpa. Sorry

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