Prima dell’inizio della stagione nessuno, nemmeno il più ottimista dei tifosi, avrebbe potuto immaginare che la partita tra Detroit Lions e San Francisco 49ers della sesta settimana potesse essere una sfida per la supremazia nella NFC. E invece, le due più grosse sorprese dell’anno sono state proprio la squadra della capitale americana dell’auto e quella della città con la baia più bella del mondo.

Se della prima abbiamo già parlato (link), per la seconda possiamo dire che gli inattesi risultati positivi di inizio anno sono arrivati dopo un vero e proprio cambio di rotta. Non c’è più infatti Singletary, ottimo motivatore ma troppo poco allenatore, classico “big picture guy” attento al quadro generale ma non ai dettagli, che alla fine non è riuscito a tenere sotto controllo nemmeno l’identità della squadra ed il gruppo.

Portatore di un progetto e un’idea di football troppo legata al passato e agli anni in cui dominava insieme alla difesa dei Chicago Bears, non ha mai dato una fisionomia alla squadra in attacco, cambiando più volte QB anche durante le partite. Poche idee e confuse dunque, che hanno portato ad un record di 6-10 ed alla sconfitta anche contro squadre con meno talento.

Al posto dell’ex middle linebacker è arrivato l’allenatore più corteggiato del college football, quel Jim Harbaugh che ha portato al successo i programmi di University of San Diego prima e di Stanford University poi. Si tratta del classico allenatore che vive di pane e football, cresciuto fin da bambino in una famiglia in cui ci se ne intendeva di palla ovale (il padre è stato allenatore di high school e college). Uomo attento ai minimi dettagli sia dal punto di vista tecnico ( e l’aver giocato come QB in NFL per 15 anni con un discreto successo lo aiuta in questo), sia nella gestione del gruppo. A questo proposito è da notare come abbia rivoluzionato gli armadietti nello spogliatoio alternando un uomo dell’attacco e uno della difesa invece del classico raggruppamento per reparti in modo da favorire la familiarità tra i giocatori (“se una cosa può farci migliorare anche solo dello 0,1% perché non farla?”).

JH ha decisamente cambiato il volto dei 49ers, che era ormai tristemente lo stesso da 10 anni a questa parte, nonostante l’alternarsi di 3 capo allenatori e l’acquisizione di buoni giocatori. Una squadra che, indipendentemente dal talento , non ha mai avuto la giusta convinzione nei propri mezzi, che non riusciva a riprendersi dalla prima avversità durante le partite, che non aveva un progetto di identità preciso e ben delineato.

Siamo sicuramente solo in una fase iniziale del nuovo corso, quindi è forse troppo presto per trarre conclusioni sull’effettiva risoluzione di tutti i problemi elencati, ma non c’è alcun dubbio che l’atteggiamento e la maturità della squadra siano diverse. Emblematico a questo proposito quello che è successo nella partita di Philadelphia.

Al di là del grande sforzo profuso nel secondo tempo che avrebbe potuto anche non essere coronato dal successo, quello che maggiormente ha impressionato è stata la reazione di tutti (giocatori in campo e fuori, allenatori, staff, ball boy e water boy) alla giocata decisiva di Justin Smith, il fumble forzato che ha fermato l’ultimo drive di Vick & co. Tutti hanno iniziato a saltare e a festeggiare entrando in campo a congratularsi con Smith e Goldson che aveva recuperato la palla, mostrando una coesione e un entusiasmo sopiti da tempo immemore. Certo che aver finalmente vinto una partita contro una squadra più forte sulla carta, in un ambiente ostile e operando una grande rimonta ha dato un’iniezione di fiducia non da poco a tutto l’ambiente, ma indipendentemente dal risultato finale, a Phila già si capiva che la squadra quest’anno c’era.

La mano di Harbaugh e degli assistenti estremamente validi di cui si è circondato si vede, e molto bene, anche dal punto di vista tecnico e tattico. I tifosi dei 49ers possono godersi delle gare in cui il coaching staff ha un piano e riesce ad applicarlo con chiamate coerenti ed efficaci.

La difesa, guidata da Vic Fangio, e gli special teams, coordinati da Brad Seeley, hanno ingranato abbastanza bene fin da subito, valorizzando al massimo il talento di giocatori che si erano persi durante la precedente gestione.  Penso a Ted Ginn Jr, che ha messo in cassaforte la vittoria contro i Seahawks con due ritorni di kickoff e punt nel giro di 50 secondi; a  Parys Haralson e Ahmad Brooks, i due outside linebacker che riescono a mettere pressione con continuità all’attacco avversario; al samoano Sopoaga, impiegato come DT nella 3-4 e àncora della difesa; a Navorro Bowman, inside linebacker rapido e potente, divento una macchina da placcaggi.

Per vedere la mano di JH e Greg Roman sull’attacco abbiamo dovuto aspettare un po’ di più: nelle prime gare avevano giocato in maniera molto conservativa e poco fantasiosa, tanto che sembrava di vedere ancora le chiamate del vecchio (in tutti i sensi) offensive coordinator Jimmy Raye, che, al massimo della sua creatività, poteva chiamare una corsa centrale per Gore! Poca fantasia e scarso successo in attacco quindi, anche per le prestazioni deficitarie della linea offensiva (bloccaggi non buoni per le corse e 11 sack concessi in due partite contro Dallas e Cincinnati).

Nel secondo tempo della partita nella città dell’amore fraterno c’è stata la svolta e contro Tampa, letteralmente dominata in ogni fase del gioco, si è continuato sulla buona strada. Gioco più aperto e fantasioso, maggiore originalità e qualche formazione molto potente (con dentro uomini di linea extra per bloccare) che ricordano da vicino l’attacco giocato di Stanford dello scorso anno.

Contemporaneamente Alex Smith sembra diventato un discreto QB: preciso, maturo, capace di castigare la difesa avversaria sui blitz, abile nell’improvvisazione fuori dalla tasca. Il lavoro tecnico e psicologico di JH su di lui sta dando ottimi risultati che si riflettono anche sui numeri: quasi 66% di completi, 7 TD e un solo intercetto per un rating di 104,1. La sostituzione in linea di Rachal con Snyder sembra aver aggiustato le cose anche in quel reparto: miglior protezione e buoni buchi per Gore ed il rookie Kendall Hunter.

La partita di domenica al Ford Field di Detroit sarà un altro duro banco di prova: non sarà certamente facile vincere, ma i 49ers lotteranno senza timori, consci del proprio valore, senza partire già battuti… sembra poco, ma per chi ha vissuto da tifoso gli ultimi 10 anni della squadra è una gran bella novità: grazie Jim!

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