Ed Reed è una delle colonne portanti di una difesa sempre molto consistente.

L’inizio del presente campionato è stato rappresentato dal continuo analizzare le statistiche offensive delle squadre, si sono difatti registrati parecchi punteggi esorbitanti, e le difese non sembrano essere adeguatamente preparate per una stagione la cui conseguenza primaria del lockout sembra proprio essere stata la mancanza di tempo per mettere a punto coperture e quant’altro.

Ci sono, per fortuna di chi sa riconoscere lo spettacolo del football non solo nei lanci lunghi e nelle corse elettrizzanti, difese che non si sono estinte, anzi, c’è chi tiene alta la bandiera del settore che più degli altri incide nell’esito positivo di un campionato ed erige un muro spesso invalicabile, soprattutto per quegli attacchi rimasti indietro di due passi in questo primo mese di gioco.

Gli anni passano e gli acciacchi si accumulano, ma i Ravens sono sempre lì, a colpire, coprire, eseguire giocate determinanti, e soprattutto vincere.

Questa è una squadra impostata sulla forza fisica, sul controllo dell’andamento della gara, sul dare il meglio di se stessi ad ogni down, anche in quelli apparentemente più insignificanti. No, non parliamo solo dela sberla morale rifilata agli odiati Steelers alla prima settimana di campionato, i Ravens sono questi da tempo, da quando, per esempio, componenti storici come Ray Lewis ed Ed Reed erano ancora dei giovani freschi, e l’hanno confermato nel Sunday Night vinto contro i Jets del loro ex defensive coordinator Rex Ryan, nel quale vedendo giocare i suddetti protagonisti sembra davvero che il tempo non sia mai passato.

Sette è il numero cardine per Baltimore in questa settimana, equivalente al numero di vittorie consecutive che nei tempi recenti la squadra ha ottenuto fronteggiando i New York Jets, con la differenza dell’aver messo in cascina una vittoria stavolta brutale, sia per quanto visto in campo e sia per quanto si possa leggere in un tabellino che parla di 17 punti subiti, 14 dei quali arrivati da un ritorno di kickoff di Joe McKnight e da un ritorno di intercetto di David Harris, lasciando a tre miseri punti il fatturato di un attacco che non riesce più a ritrovare ritmo e consistenza.

I Ravens si sono aggiudicati una gara bizzarra, costituita dal maggior numero di sempre di touchdowns combinati ottenuti attraverso un ritorno – cinque, e se ne sono visti di tutti i colori – ed hanno capitalizzato come le squadre vincenti sanno fare sugli errori di un avversario reduce da due partecipazioni consecutive al Championship Afc, ma che in questo 2011 pare essere sommerso dalla mancata risoluzione di troppi problemi presentatisi in contemporanea.

Il più pesante riguarda un attacco completamente privo di ritmo e di imprevedibilità, l’assenza del centro Nick Mangold è di importanza capitale ed i turnovers commessi sono lì a dimostrarlo, così come alcune impacciate azioni del sostituto Colin Baxter, ad un certo punto richiamato in panchina per riflettere con calma sui propri sbagli.

Il gioco di corse non è mai sceso in campo, Shonn Greene ha confermato le enormi difficoltà vissute in questo primo mese e ad un certo punto è stato spedito a cercare luce all’esterno pur non avendo la velocità per farlo, mentre LaDainian Tomlinson è stato per forza di cose utilizzato come uomo aggiuntivo in fase di protezione del quarterback per alleggerire l’enorme pressione che un frastornato Mark Sanchez (11/35, 119 yards, INT) ha dovuto sopportare per tutta la serata.

E dall’altra parte della barricata, dopo aver concesso ai Raiders più di 7 yards a corsa, i Jets non hanno saputo approfittare di una serata non all’altezza di Joe Flacco, che ha giocato bene solo il primo quarto, facendosi infilare dalle corse elettriche e potenti di Ray Rice quando c’era da vincere la partita, e da Ricky Williams quando il risultato andava solamente gestito.

La difesa dei Ravens, come si diceva, è risultata determinante ed ha cambiato da subito l’inerzia della partita. Ed Reed ha acconsentito all’apertura delle segnature (il suo fumble forzato è stato raccolto e trasportato in meta da Jameel McClain) con un’azione molto significativa per un giocatore che nelle ultime due offseason aveva pensato tanto al ritiro, segno che gli anni passano ma gli istinti rimangono immutati, mentre Jarrett Johnson ed il fumble conseguito all’azione vincente di Haloti Ngata su Sanchez andavano ad arrotondare un parziale che ben presto era andato sul +20.

Quando poi Flacco aveva provato a gettare alle ortiche tutto il lavoro svolto – aveva commesso un intercetto ritornato da Harris per la sua prima meta di carriera e non aveva protetto bene la palla dall’attacco di Aaron Maybin regalando un possesso ai Jets in territorio favorevole – il muro difensivo ha reagito con l’opportunismo, ed al turnover di Flacco è corrisposto un entusiasmante ritorno di intercetto ad opera di Lardarius Webb, un’azione splendida per tempismo nell’anticipo e per comprensione tattica della situazione, che ha definitivamente scacciato qualsiasi pericolo di rimonta da parte di una comunque spenta New York. E vedere un nuovo adepto eseguire tale giocata decisiva, non poteva che essere di grande soddisfazione per un leader come Ray Lewis, visibilmente compiaciuto di quanto aveva appena osservato.

Il 34-17 finale, letto così, non rende l’idea del dominio esercitato dalla difesa di Baltimore sulla partita, estendendolo per tutti i quattro periodi di gioco senza mai tirarsi indietro.

L’unico problema dei Ravens – e molte squadre desidererebbero avere solamente questo di cui occuparsi – sembra proprio essere la continuità di Joe Flacco, il quarterback con il cannone al posto del braccio che può risolvere da solo una situazione intricata nella tasca pur essendo molto lento e macchinoso, ma che arriva con l’istinto dove la natura non ha agito. Solo una settimana dopo  aver pescato Torrey Smith e renderlo felice per i primi 3 touchdowns della sua giovane carriera, Joe è stato invece capace di disputare un primo quarto da favola (142 yards su 163 totali), e andare 0/10 nel secondo, un comportamento che contro altri avversari più cinici potrebbe non essere perdonato.

I Jets di Rex Ryan, abbracciato con affetto da tanti Ravens a fine partita, devono anzitutto costruire una linea offensiva adeguata per far funzionare un gioco di corse vitale per il mantenimento della filosofia che ha portato la squadra a questa costanza negli ultimi due anni, e quindi devono pensare allo sviluppo di un Mark Sanchez cui piace eccellere in situazioni di rimonta – l’abbiamo visto nel 2010 in più di qualche occasione – ma che nei primi tempi delle gare spesso non riesce a dirigere i ritmi della squadra come andrebbero gestiti per mettere via i risultati prima dell’arrivo del quarto periodo. La difesa fa quello che può, certo non si può chiederle più che tenere Ray Rice a 2.6 yards a portata e segnare una meta per tenere la marea all’interno degli argini.

In vista c’è un immediato futuro non troppo rassicurante, per via di una calendario composto da numerose partite – anche divisionali – molto impegnative e di possibile ostacolo per risalire da un 2-2 che rischia di diventare peggiore.

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