E’ un anno strano per la National Football League. Se già in condizioni di normalità l’evento del Draft è pubblicizzato ed atteso in maniera spasmodica, il tutto non poteva che essere elevato al quadrato in un momento dove il football è fermo a causa del noto bisticcio tra unione proprietari e rappresentanti dei giocatori, trasformando la manifestazione del Radio City Music Hall una boccata d’aria per tutti i fans.

Si è dunque consumato il primo giro, ed è stato come al solito uno spettacolo pur non trattandosi di una partita, confermandoci che il Draft, in un modo o nell’altro, ha un fascino tutto suo, e riesce a catalizzare interesse da ogni parte del globo, un bel segnale per una lega attualmente invischiata nei meandri del lockout e del suo corso giudiziario.
Proprio per questo, al suo ingresso, Roger Goodell è stato sommerso di boos provenienti da tutta la sala al suo ingresso per avviare le operazioni, ma ha saputo fare buon viso a cattivo gioco, tirando fuori una battuta che probabilmente aveva studiato in previsione dell’evento.

Il copione non era del tutto scontato, i Carolina Panthers e la loro prima scelta assoluta si era ridotta (o ampliata, a seconda dei punti di vista) ad una rosa di quattro giocatori, dal quale è emerso quello più chiacchierato, Cam Newton, che ha sfoggiato il suo sorriso vincente salendo per primo sul podio per stringere la mano al Commissioner con immensa soddisfazione. La squadra di Ron Rivera ha dunque deciso di ricostruire dalla parte più importante dell’attacco rinunciando a qualche potenziale playmaker difensivo che sarebbe ugualmente servito, fornendo tuttavia alla città un personaggio di potenzialità enormi sia a livello tecnico e sia di rappresentanza della franchigia.

Per molti Newton non valeva la prima assoluta, ma per il momento ha avuto ragione ancora lui.

Il susseguirsi delle chiamate ha seguito bene o male il corso che molti esperti avevano previsto, con l’approdo di Von Miller a Denver, dove il ragazzo giocherà da linebacker esterno e cercherà di essere uno dei pilastri della nuova 4-3 dei Broncos; Buffalo ha probabilmente migliorato già da ora la sua precaria difesa contro le corse selezionando Marcell Dareus, una vera e propria potenza dalle doti atletiche che dovrà ancorare il cuore della linea difensiva dei martoriati Bills; Cincinnati è andata sicura su AJ Green, il wide receiver dal talento meno in discussione di tutta questa annata, sperando che con tale mossa (e l’allontanamento di Ocho Cinco) si possa riuscire a convincere Carson Palmer a ritornare sui suoi passi, e provare a rendere i Bengals nuovamente una squadra da playoffs.

Non è un bel Draft senza qualche intrigante cambio di posizione, che ha visto Atlanta iniziare i fuochi d’artificio e salire di ben 21 posti per prendere il ragazzo di cui il GM Thomas Dimitroff si era innamorato, Julio Jones, che con Roddy White andrà a formare una coppia potenzialmente devastante considerata la presenza di Matt Ryan in regia. Cleveland, in cambio, ha ricevuto una marea di picks presenti e future, che dovrà sfruttare come meglio potrà.

Due particolari situazioni hanno lasciato il pubblico in stato di shock, quando Tennessee e Minnesota hanno sfoderato due colpi sorprendenti, i primi andando a pescare Jake Locker già alla 8 (sarebbe probabilmente stato preso dagli stessi Vikings?), i secondi chiamando alla 12 Christian Ponder, ex Florida State pronosticato da tutti come secondo giro. Paiono ambedue degli azzardi, visti con li occhi di oggi, che ci raccontano di un Locker dalle percentuali di completi molto basse e che dovrà giocare una West Coast Offense, un sistema che gli scout dicevano non gli si addicesse particolarmente, mentre da Minnesota ci si attendeva qualche aiuto per la linea difensiva, con tanti prospetti di qualità ancora disponibili. Nel mezzo, alla 10, Jacksonville ha deciso di salire per prendere quello che pareva divenire il grande escluso, Blaine Gabbert, snobbato dai Cardinals alla 5 (comunque ottima presa, la loro, quella di Patrick Peterson) ed ora prossimo concorrente del tanto criticato David Garrard.

La parte centrale del primo giro ha sentito Goodell chiamare moltissimi dei futuri protagonisti delle linee offensive e difensive del domani, posizioni di delicata importanza per cominciare a ricostruire.

Dallas ha resistito alle sirene della trade-down per tenere fede alle premesse e prendere Tyron Smith, offensive tackle che avrà il compito di proteggere Romo facendo un’ottima accoppiata con Doug Free; Houston, impossibilitata nel mettere le mani su Peterson ha apportato ulteriori miglioramenti alla difesa con il defensive end JJ Watt; Washington ha selezionato il grande rivale di Conference di Watt, Ryan Kerrigan, stesso ruolo ed inseribile nella 3-4 in due posizioni diverse, ottenendo dai Jaguars una scelta di secondo giro supplementare, un’ottima mossa considerati gli sprechi del passato.

Non hanno sorpreso più di tanto gli approdi di Mike Pouncey a Miami, che ha preferito un uomo di linea solidissimo a Mark Ingram, e di Nate Solder a New England, che mirava ad un offensive tackle da prendere al primo round disponendo di molteplici opzioni in seguito. I Patriots, come previsto, hanno ceduto la posizione numero 28 trovando un partner inatteso, i Saints, che sono saliti di nuovo al primo giro (avevano già preso Cameron Jordan per rifornire i defensive ends) per pigliare proprio Ingram, l’ultimo giocatore che si pensava avrebbero pensato di chiamare. Leggendo la situazione da un altro punto di vista e considerando i cinque running backs messi in infermeria nel 2010, la decisione di New Orleans non sorprende più di tanto, e l’attacco guidato da Drew Brees potrà ottenere la multi-dimensionalità che aveva perduto.

Detroit ha inaspettatamente passato il nome di Prince Amakumura, defensive back che sarebbe servito loro tantissimo, piazzando tuttavia un colpo da novanta piazzando Nick Fairley nel mezzo della loro difesa assieme a Ndamukong Suh, formando un’accoppiata ai limiti del legale. Il Principe è terminato ai Giants, che non lo avevano scrutinato da vicino perché non credevano mai e poi mai che un cornerback così forte sarebbe capitato loro nel primo giro medio-basso.

Curioso infine quanto accaduto tra Chicago e Baltimore: i Bears hanno dimenticato di confermare agli uffici della Nfl la trade che li avrebbe fatti salire alla 26 per prendere il sogno proibito di Mike Tice, Gabe Carimi, facendo non poco inalberare il GM dei Ravens, Ozzie Newsome, che pensava di possedere una quarta scelta aggiuntiva scaturita dalla trattativa per questo scambio di posizioni. Newsome ha prelevato Jimmy Smith, cornerback di Colorado che aiuterà le secondarie a riprendersi da infortuni e quant’altro, mentre destino ha voluto che Carimi sia caduto in braccio a Chicago alla 29, senza dispersione di ulteriori scelte. In mezzo alla confusione si è inserita Kansas City, che ha potuto così chiamare Jonathan Baldwin, wide receiver da Pittsburgh, (occhio all’abbinata con Dwayne Bowe) sfruttando il pasticcio tra i Bears e Newsome, e chiamandolo alla 26, al posto di Baltimore che è slittata alla 27 avendo atteso invano la comunicazione della trade da parte dei Bears, vedendosi scadere il tempo limite per informare il Commissioner della selezione.

Questa notte è già tempo del secondo e terzo giro, con molti nomi interessanti ancora da chiamare, su tutti quello di Da’Quan Bowers, pass rusher di Clemson che dal numero uno assoluto è passato ad una sistemazione ad oggi ignota in qualche momento del secondo giro, per colpa di un ginocchio non del tutto a posto. Ci sono ancora in giro quarterbacks del livello di Andy Dalton e Ryan Mallett, e running backs interessanti del calibro di Ryan Williams, Daniel Thomas e Kendall Hunter, nessuno dei quali era stato proiettato al primo round.

Prepariamoci a vederne ancora delle belle.

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