Aaron Rodgers saluta i fans del Lambeau Field, in festa per la qualificazione ai playoffs.

La bellezza e l’imprevedibilità del campionato Nfl porta sempre a qualche piacevole coincidenza, soprattutto a fine calendario, quando squadre appartenenti allo stesso raggruppamento si scontrano, spesso con serie implicazioni playoffs emergenti dai possibili risultati finali.

La giornata di ieri non ha fatto eccezione, nella Nfc North, dove lo scontro più antico del football americano tra Bears e Packers, una delle rivalità più sentite di tutti e quattro gli sport professionistici americani maggiori, avrebbe determinato o meno la presenza di Green Bay nel quadro finale della Nfc, ponendo la squadra del Wisconsin nel pieno controllo del proprio destino. Il motto che era girato per tutta la settimana in loco era quello di sempre, per queste situazioni: “A win and we’re in”. Ma gli arcigni Bears e la loro difesa, non erano certo venuti a fare una passeggiata.

Chicago era giunta al Lambeau Field senza più nulla da chiedere alla sua regular season, la sconfitta di Philadelphia dello scorso martedì aveva difatti saldato il seed numero due nelle mani di Urlacher e compagni, e la vittoria di ieri di Atlanta contro Carolina aveva reso irraggiungibile la piazza numero uno assoluta, escludendo gli Orsi dal poter disputare ogni gara di postseason al Soldier Field, fattore di cui invece potranno pienamente godere i Falcons.

Nonostante tutti questi avvenimenti già determinati, il benché minimo sospetto circa le intenzioni di Lovie Smith è stato fugato (il quale, alla sua conferenza di presentazione, aveva individuato nel battere i Packers due volte l’anno quale obbiettivo primario – ndr), l’head coach ha schierato tutti i suoi titolari evitando polemiche circa il favoreggiamento potenziale di una diretta rivale, con i Bears seriamente intenzionati a vincere anche questa partita. Con un paio di intercetti in meno di Jay Cutler, ci sarebbero con tutta probabilità riusciti.

La difesa dei Bears è stata letteralmente dominante, molto vicina al forte reparto che aveva portato la squadra al Super Bowl perso contro Indianapolis. Aaron Rodgers era reduce dal massimo in carriera di yards lanciate (404), e da un paio di gare giocate come meglio non si può da un quarterback, che trovava soluzioni per far marciare il suo attacco in ogni angolo del campo. I Packers, per rendere al massimo, avevano persino deciso di non sapere il risultato dei Giants, diretti concorrenti per i playoffs, fino a fine gara, e per questo il tabellone luminoso del Lambeau non ne aveva mai fatto menzione durante i quattro quarti di fredda (-7) battaglia tra queste due rivali. La strada per la vittoria, non necessitava di quelle distrazioni.

Dicevamo della difesa, preparata al meglio da Rod Marinelli ed efficace nel’ammassare pressione nella parte centrale della tasca,costringendo il buon Rodgers a muoversi per evitare i colpi, e spesso a cercare delle soluzioni troppo frettolose, con i risultati che ne conseguivano. L’iniziale equilibrio tra corse e lanci veniva presto annullato, Chicago fermava per la prima volta in stagione un tentativo di conversione di terzo down e uno da parte di John Kuhn, versatile fullback decisivo con le sue tre mete contro New York una settimana prima, e presto riusciva a provocare il primo turnover della gara, un fumble perso da Donald Driver dopo aver passato la linea del primo down.

Offensivamente la partita si sapeva sarebbe stata poco spettacolare, come confermato dallo svolgimento tematico del primo quarto: già detto dell’attacco di casa, Cutler non trovava modo di produrre se non attraverso degli screen per il più che positivo Matt Forte, ma i Bears abbandonavano il campo dopo sole tre azioni già in due distinte occasioni, con il primo periodo a terminare con il quarterback a terra, in cerca di rialzarsi per via di uno dei tanti sacks concessi dalla problematica linea offensiva.

Cutler doveva attendere metà del secondo quarto per organizzare il primo drive offensivo capace di incidere su questa partita: attraverso una ben congegnata slant arrivava una ricezione superiore alle 20 yards da parte di Rashied Davis, miglior ricevitore di serata per gli ospiti (7×63), mentre di lì a poco il quarterback si inventava scrambler per tenere a bada la montante pressione e trovare una soluzione di fortuna con la collaborazione di Forte, convertendo un terzo down fondamentale.
Ma la pressione stessa era a tratti insostenibile per la linea dei Bears, con la conseguenza di doversi accontentare di un field goal dopo aver mosso il pallone così bene, ancora a causa di un sack del determinante Erik Walden, raccattato dai Packers ad ottobre, ed ennesimo taglio dei Jets in grado di contribuire altrove partendo da uno status sconosciuto.

Il terzo quarto avrebbe potuto vedere Chicago aumentare il vantaggio consistentemente, fattore ceh in partite come questa rischia di, per la squadra che si porta davanti di due segnature, non far più recuperare l’avversario.
La difesa aveva recuperato il suo secondo turnover in seguito all’intercetto, confermato dalla review arbitrale, di Charles Tillman su Rodgers, ma una cattiva scelta di Cutler aveva finito per rendere ancora zero punti, quando il regista aveva deciso di forzare un passaggio in endzone per Johnny Knox, oggetto totalmente estraneo a questa partita, finito dritto nelle mani di Charlie Peprah.
Graziati, i Packers avevano risposto più tardi con un ritorno di punt di Tramon Williams di una quarantina di yards, che aveva finalmente dato un’ottima posizione di partenza all’attacco, dopo aver sofferto fino a quel momento completando ogni suo gioco per guadagni mai superiori alle 12 yards.
Il cambio di inerzia veniva seguito dalla prima giocata decisiva di Greg Jennings (4×97), sul quale l’omonimo Tim aveva fatto un ottimo lavoro di contenimento per tutta la precedente parte di gara, con il wide receiver dei Packers a combinare per un big play, finendo la sua corsa sulla linea della yarda.

Qui, tuttavia, la prevedibilità del playcalling ed un po’ di improvvisazione mal riuscita, costavano a Green Bay i sette punti, nel primo tentativo s’era capito ampiamente che avrebbe corso Kuhn, mentre un disgraziato pitch per una perdita di 3 yards ed una grande azione difensiva di Tommie Harris su Rodgers costringevano ad accontentarsi di una facile conclusione di Mason Crosby per il 3-3, mentre il terzo periodo andava a chiudersi con due sacks, in azioni consecutive, uno dei quali ancora a firma di Walden.

I padroni di casa avrebbero di lì a poco architettato la loro miglior serie di giochi proprio nel momento del bisogno: Rodgers (19/28, 229, TD, INT) apriva l’ultima frazione con completi di 21 e 40 yards per Driver e Jennings, con quest’ultimo a finire, casualmente, ancora una volta sulla linea della yarda.
L’azione successiva, molto meglio gestita, vedeva una buona dose di imprevedibilità grazie alla playaction bevuta dalla difesa, che lasciava soli due uomini liberi in endzone per il regista dei Packers, che sceglieva il tight end Donald Lee per i punti del 10-3 con 12 minuti e mezzo rimasti nella battaglia. I Giants vincevano comodamente, ma nessuno dei giocatori in campo lo sapeva o era interessato al fatto. Bastava vincere, e tutto sarebbe andato per il verso giusto.

Nel momento decisivo, anche la difesa ci metteva del suo: Cutler doveva arrendersi ai sacks numero cinque e sei della serata, uno dei quali a cura del sino a quel momento impalpabile Clay Matthews, e le coperture studiate per i defensive backs avevano portato via tutte le letture disponibili facendo collassare la tasca, ragione per la quale Forte sarebbe stato gettonato così spesso (91 yards su corsa, 60 su ricezione). Charles Woodson, oltretutto, aveva giocato per tutta le sera come un’indemoniato, sostituendosi alla linea difensiva battendo a terra diversi passaggi sulla linea di scrimmage.

I Bears, tuttavia, godevano di ulteriori possibilità per impattare il punteggio, in parte per gli errori di Brian Bulaga, tackle destro al suo primo anno Nfl che in tre distitnre situazioni di terzo e corto andava a commettere penalità, finendo la sua partita con un totale di quattro. A questo, se non altro, rimediava il portentoso punter Tim Masthay, che piazzava nel periodo conclusivo ben due dei suoi calci all’interno delle 5 yards di Chicago, dopo aver passato la serata a star distante da Devin Hester.

L’emblema della gara dei Bears era l’ultimo drive offensivo, caratterizzato da tre ricezioni di Greg Olsen (5×29), ed infine mortificato dall’ennesima forzatura di Cutler (21/39, 168, 2 INT), che andava a lanciare il suo secondo intercetto nelle mani di Nick Collins con un minuto da giocare e dopo aver fatto parecchia strada per l’ancora possibile pareggio, facendo esplodere un Lambeau Field conscio che i playoffs erano diventati una squisita realtà.

I Bears avranno una settimana di riposo in più per correggere il tiro, ed attenderanno di conoscere il loro avversario dalla guerra che si consumerà nella Wild Card, con i Packers impegnati in una difficile trasferta a Philadelphia, ed un gameplan tutto da studiare per cercare di contenere Michael Vick e le sue armi pericolosissime capaci di sfornare big plays in qualsiasi istante.

Le secondarie dei Packers saranno l’ago della bilancia, così come la capacità di arrivare a stendere il mobile quarterback. La difesa che, un anno fa, concesse qualsiasi cosa a Kurt Warner e ai Cardinals nell’incredibile overtime degli scorsi playoffs, avrà l’occasione per redimersi.

6 thoughts on “Green Bay vince la guerra fredda, ed è postseason!

  1. bhe, bella partita, o forse dovrei dire guerra, senza esclusione di colpi!!! i playoff si avvicinano,e si vede!

  2. Onestamente non ho ancora capito questi Packers. Riscontro ancora ora una grande spinta mediatica statunitense, forse figlia dei pronostici di quest’estate. Sarà il legittimo desiderio di non sconfessare le proprie previsioni trionfalistiche di questa offseason ma non mi è sembrato di vedere durante la stagione dei Packers da titolo, ne tantomeno un Rodgers da MVP. I Packers hanno avuto la fortuna di incontrare Phila nella Week 1, quando in Pennsylvania non si avevano ancora idee molto chiare: una sconfitta quel giorno e buonanotte, ma il fooball è questo.

    P.S. Non capisco perchè la lega sia restia a rivedere la formula dei Playoffs: il format più giusto a mio avviso sarebbe quello attuale con la differenza di stilare il seeding comunque in base al record. Ok i Rams ai playoffs (le divisions devono mantenere un loro significato), ma come numero 6, no come numero 4 con match casalingo.

  3. Peccato…per Giants andrà meglio la prossima stagione, seppure con 10 vittorie siamo rimasti a casa…….

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