Il redento Michael Vick è passato da giocatore di situazione a Mvp degli Eagles.

Un tempo, c’era un ragazzo che aveva tutte le carte in regola per cambiare il modo di giocare il ruolo di quarterback, lui che era così veloce ed istintivo, perfetto per i sistemi option costantemente applicati nei vari college d’America e che voleva portare queste sue qualità anche al professionismo più conservativo, dove il ruolo dei registi più vincenti era prettamente dedicato al dropback più o meno lungo, alla rapida scansione dei ricevitori liberi, e alle traiettorie corte, in grado di guadagnare terreno e muovere le catene a piccoli passi smantellando pian piano le energie della difesa.

Già famosissimo nell’area di provenienza, Newport News, Virginia, per via delle grandi doti atletiche che ne avevano esponenzialmente alzato la produzione statistica proponendolo alla massa come il prossimo fenomeno in grado di rivoluzionare il gioco, aveva scelto di restare nei dintorni per la carriera universitaria, riuscendo a caricarsi sulle spalle l’attacco della sua Virginia Tech, situazione per lui ideale per via del credo del suo head coach Frank Beamer, ovvero difesa impenetrabile, giocate ad alta efficienza degli special teams soprattutto nel provocare turnovers, ed un reparto offensivo dove il gioco aereo veniva messo in secondo piano per imporre un sistema di corse che veramente nessuno riusciva a fermare.


Michael Vick aveva vissuto il punto più alto della sua esperienza agli Hokies portando i suoi colori ad un passo dal titolo nazionale nella sua stagione da redshirt freshman, opportunità persa proprio nella finalissima giocata nel 2000 contro Florida State dopo aver disputato una delle sue solite gare maiuscole, riuscendo a rimontare tre touchdowns e prendere brevemente il comando del punteggio prima di capitolare, facendo male alla difesa con la rapidità dei suoi piedi ed occasionalmente armando il suo braccio, dotato di una potenza fuori dall’ordinario e di una precisione discreta su cui avrebbe dovuto in seguito lavorare, confermando lo status con cui oramai tutti lo riconoscevano. Stava per arrivare anche nella Nfl la cosa più vicina all’arma totale che si fosse riuscita a vedere.

Venne scelto quale assoluto nel Draft del 2001, da quegli Atlanta Falcons reduci da un campionato disastroso solamente pochi anni dopo aver presenziato al Super Bowl, una squadra in pieno smantellamento che stava cercando di farsi una ragione del suo decadimento così rapido, che per ricominciare dall’inizio ed aprire un nuovo ciclo positivo aveva deciso di investire sul cervello dell’attacco, e di scommettere sulla mobilità del suo nuovo quarterback anche contro le più alte velocità in dote ai difensori della National Football League.

Vick restò ad imparare con le cuffie addosso, guardava Chris Chandler, veterano di grandissima esperienza che aveva contribuito al raggiungimento di quel Super Bowl perso contro i Broncos, e prendeva appunti, in attesa che arrivasse il suo turno dando nel contempo la possibilità al suo coaching staff di cambiare l’attacco un po’ alla volta, per dirigerlo verso uno sposalizio ideale con le quelle caratteristiche così diverse dalla normale tradizione del football professionistico dei tempi moderni. Lo si vide in campo a sprazzi, otto partite totali e due da starter, nelle quali Michael cominciò già a deliziare le platee con le sue movenze feline, che gli permettevano di seminare avversari, sistemare giochi rotti, correre più o meno a piacimento. Le difese avversarie stavano cominciando a prepararsi per studiare le partite in base alle sue caratteristiche, fatto che non poteva che fargli onore.

Non sempre quelle edizioni dei Falcons avevano rispettato le attese, gli anni, complice anche un infortunio terminale che occorse a Vick nella preseason del 2003 (dovette assentarsi per le prime 11 partite) furono sempre alterni e non completamente soddisfacenti, e la franchigia non riuscì a scrollarsi di dosso il demone che si portava appresso fin dalla nascita, ovvero il riuscire a completare due campionati consecutivi con un bilancio vincente. Solo al seocndo anno del ragazzo, tuttavia, i Falcons entrarono nella storia infliggendo la prima sconfitta playoffs di sempre ai Green Bay Packers al Lambeau Field, mentre la vetta venne toccata quando Vick portò gli Atlanta Falcons al Nfc Championship nel 2004, poi perso contro i Philadelphia Eagles in una gelida serata d’inverno. Il sogno del Super Bowl si frantumò in quell’istante, e Michael non sapeva che la franchigia che l’aveva appena battuto avrebbe resuscitato la sua carriera qualche anno più tardi.

Nel momento più alto della sua popolarità, Vick si vide cadere il mondo addosso, solo ed esclusivamente per colpa sua. I problemi che aveva dovuto affrontare fino a quel momento erano una sciocchezza, in confronto.

Aveva sempre dovuto rispondere ai critici, che gli davano in primis la responsabilità di non aver definito una meccanica di lancio spesso imprecisa che avrebbe aiutato la potenza straordinaria di quel braccio, gli dicevano che era solo capace di correre e che oltre ad essere un pessimo quarterback non sarebbe mai potuto migliorare se non avesse cambiato mentalità (avrebbe poi ammesso la sua poca volontà nell’ascoltare le istruzioni degli allenatori – ndr), il suo modo di giocare era considerato caotico per la linea offensiva, che doveva impazzire per tenere la tasca protetta, e per i ricevitori, che non riuscivano a completare le loro tracce per le improvvisazioni del loro regista. I Falcons erano cresciuti in difesa e forti in attacco, avevano il miglior gioco di corse della lega grazie alla combo formata da Vick e Warrick Dunn, ma mancava quel qualcosa per renderli davvero grandi. E quel qualcosa era sempre responsabilità di Michael, per quanto scarsi si fossero dimostrati in alcune occasioni i suoi ricevitori, e per quanto improbabili si fossero dimostrati i tentativi di fargli giocare la West Coast Offense.

Vick si scavò la fossa da solo quando ammise il suo coinvolgimento in sudici combattimenti tra cani, perdendo nel giro di qualche giorno tutto il mondo dorato che l’aveva circondato fin dall’adolescenza. Finì in prigione, ripudiato dai Falcons e dalla Nfl, ed il quel momento la sua carriera pareva veramente giunta al capolinea, in quanto non si sapeva se all’uscita di prigione le sue qualità sarebbero state le stesse, senza potersi allenare, ma soprattutto non era chiaro chi mai al mondo si sarebbe assunto l’onere di assumere un giocatore che agli occhi dei tifosi di qualsiasi squadra era un essere umano della peggiore specie.

Il lungo percorso riabilitativo e correttivo giunse al termine, ma Vick era ancora fuori dalla Nfl, su di lui pendeva anche una squalifica comminata da Roger Goodell, tanto per inasprire ulteriormente la pena ed allontanare di più il rischio di ripetere quelle gesta infami. La gente protestava affinché il giocatore restasse permanentemente fuori dalla lega, in pochi ritenevano corretta la decisione di dargli una seconda possibilità, gli animalisti volevano la sua testa.
Per questa serie di motivazioni, nonché per la presenza a roster dell’affermato Donovan McNabb e del futuro della franchigia Kevin Kolb, la decisione degli Eagles di prenderlo da free agent (Atlanta aveva correttamente annullato il suo contratto ultra-milionario) e di inchiostrarlo per un biennio aveva fatto sobbalzare diverse persone dalla sedia.

E veniamo ai giorni nostri. Vick, nella Philadelphia di Andy Reid del 2009, era un semplice rimpiazzo, ed era chiaro che non avrebbe mai giocato da titolare. McNabb era la storia della franchigia, e quando si fece male per un paio di gare lasciò difatti il posto a Kolb, già da tempo impegnato a sua volta ad osservare il titolare da fuori in attesa di prenderne definitivamente il posto. Vick? Beh, Michael era semplicemente una variante offensiva, un giocattolino che serviva a mettere in mostra la Wildcat Offense che tanto andava di moda un anno fa, nulla più, nulla meno. Però, si era tolto la soddisfazione di segnare un Td si corsa ed uno su passaggio proprio ai suoi ex compagni di Atlanta.

Era diventato un giocatore di situazione, che nemmeno di fronte alla trade che in offseason portava McNabb a Washington sperava di poter ritornare starter a tempo indeterminato, perché Kolb era lì per restare, ed aveva sviluppato una buonissima conoscenza del sistema a lanci brevi e precisi di Reid, connettendo molto volentieri con l’asso DeSean Jackson anche sul profondo. Addirittura, Philadelphia aveva cercato di ricavarci una scelta scambiandolo, ma nessuno si era assunto il rischio.

Passare da questo all’essere in lizza per il premio di Mvp stagionale, rappresenta un vortice di eventi a dir poco clamoroso. Kolb ha avuto molto a che vedere con la partenza stentata degli Eagles, è stato presto estromesso da una commozione celebrale che lo ha tolto di mezzo al momento giusto, proprio quando il coaching staff si stava accorgendo che non era ancora pronto (ma lo sarà mai? – ndr) per guidare una squadra professionistica fino ai playoffs.
Da quel momento in poi, Michael Vick ha realizzato il suo sogno improbabile, quello di tornare ad essere il quarterback titolare di una franchigia con alte ambizioni, dopo aver goduto della già immensa fortuna di tornare ad essere un giocatore Nfl. E quanto accaduto fino alla settimana scorsa, non era davvero preventivabile nemmeno dal più esperto di football americano esistente al mondo.

Ad oggi Vick ha condotto gli Eagles ad un record di 4-0 quando è lui a giocare la gara dall’inizio alla fine, ed il 6-3 di Phila permette di restare appiccicati ai New York Giants in perfetta parità, condividendo la vetta divisionale, peraltro con lo scontro diretto che incombe.
Vick ha giocato in maniera dominante, pur avendo dovuto passare del tempo fuori per via di un infortunio alle costole subito nella gara persa in casa contro Washington, in seguito ad un colpo riportato in prossimità della goal line.
Non appena Michael è stato meglio, Reid ha immediatamente chiuso altre possibilità di controversie facendolo rientrare da titolare al posto di Kolb, ed il giocatore ha risposto come meglio non poteva, continuando la sua stagione sinora perfetta in termini di palloni persi, nessun intercetto e nessun fumble perso, oltre ad un rating superiore al 115, il migliore della Nfl, alla faccia di chi diceva che costui avrebbe mai lanciato con precisione.

Poi il capolavoro. Solo una settimana dopo aver fermato la marcia dei Colts con una vittoria molto importante, Vick ha giocato la gara della vita, raggiungendo quella perfezione che non aveva nemmeno sfiorato neanche nei sogni più belli. A Washington, curiosamente nello stesso giorno in cui i Redskins hanno rinnovato l’accordo con McNabb, Vick ha demolito da solo la squadra della capitale infierendo con 333 yards su passaggio, 4 passaggi da TD, 20/28, 80 yards su corsa ed altre due mete ottenute con le proprie gambe, in una delle singole prestazioni più dominanti mai viste nella storia del football. A Washington la battuta più popolare della settimana è stata quella di chiedersi semmai i Redskins avessero scelto il quarterback sbagliato per imbastire una trade con i rivali divisionali, dato che McNabb non era stato un fattore come avevano invece sperato nell’area del District of Columbia.

Gli Eagles sono diventati una squadra più dinamica, basata sulla rapidità del quarterback e sulla grande velocità dei ricevitori e del running back. DeSean Jackson ha dimostrato di sapersi liberare come e quando vuole delle marcature avversarie (TD da 88 yards alla prima azione contro Washington) e di saper tenere alto il suo rendimento con tre quarterbacks diversi; Jeremy Maclin è altrettanto pericoloso e riesce a staccare sovente i difensori prendendo lolo il classico passo necessario per il potenziale big play, e LeSean McCoy si sta rivelando una piacevole copia di Brian Westbrook, grazie alla capacità di correre duro e ricevere con abilità fuori dal backfield, come dimostrano i suoi eccellenti numeri.

Michael Vick è a sorpresa il nuovo volto di questi Philadelphia Eagles, che ha personalmente ringraziato per avergli concesso l’opportunità di vivere questa seconda carriera, che già in quanto momento potrebbe essere molto migliore della prima fase. Ha lavorato con gli allenatori, ha imparato ad ascoltarli esercitando un’umiltà che la sua precedente esuberanza non gli permetteva di far emergere, ed oggi può definirsi un quarterback preciso, potente, e capace di correre esattamente come un tempo, quest’ultima forse la più grande scommessa vinta dagli Eagles nell’ambito di questa operazione, in quanto qualità che si pensava fosse svanita per sempre. L’arma totale che faceva salivare gli scouts nella sua gioventù, sembra essere definitivamente tra noi.

Michael Vick è una lezione di vita, che si stende e ti rialza a piacimento, senza preavviso. A volte è il destino a provocare certe situazioni, a volte le nostre stesse decisioni. Vick ha correttamente pagato per quello che ha fatto, ha avuto lungo tempo per riflettere e per capire cos’è una galera e come starci distante in futuro. In quei momenti la promettente carriera Nfl che si era costruito se l’era rovinata con le sue stesse mani. Ma proprio grazie alla sue forze e ad un paziente lavoro tecnico senza precedenti, la vita agonistica è tornata a sorridergli.

Ed oggi, oltre che essere un probabile Mvp, gli chiedono la maglia della gara contro i Redskins per poterla esporre a Canton, nella sede della Hall Of Fame. Anche lì si sono resi conto che una partita così, non l’aveva mai giocata nessuno nella storia di questo bel gioco.

6 thoughts on “Michael Vick, the one-man show

  1. Mai visto una performance cosi’ completa in tutti i sensi da parte di un quarterbak,grandissimo Michael Vick con il suo gioco vario e incredibile e partita indimenticabile in tutti i sensi x contro il grande passato degli Eagles di Donovan McNabb , anche la rivincita della partita persa a Phila se Michael Vick non si perde…. puo’ portare molto lontano questi Eagles sempre seguendo Andy Reid che e’ un grandissimo allenatore

  2. Ottimo, ottimo articolo Dave!
    Un giusto omaggio a un grande atleta e un giusto apprezzamento alla vita che ”ti stende e ti rialza a piacimento, senza preavviso”.

    Da appassionato, esattamente come te, mi auguro che davvero sia cambiato e che ci delizi con le sue giocate ancora per molto tempo

    …da tifoso spero che lo faccia lontano dal Georgia Dome.. :( ci massacrano sempre….

  3. Complimenti all’autore per un’articolo estremamente ben scritto.

    Ho cominciato a seguire l’NFL durante l’anno da rookie di Mike.
    Ero un ragazzino, che non sapeva chi Joe Montana o Dan Marino fossero; imbattendomi nell’NFL senz’altri motivi che il caso, senza aspettative di sorta, fui immediatamente catturato dal numero 7 dei Falcons.
    Ovviamente ce n’erano anche altri, quelli che giocano come il gioco è scritto: tuttora Peyton Manning è il mio giocatore preferito, adoravo Brian Urlacher e il suo fare la cosa giusta, sempre, da sempre.

    Ma Mike era diverso. Si muoveva in modo diverso, in primis.
    Era elettricità, vederlo correre per 50 yarde mentre teneva il pallone nella sola mano sinistra, senza neanche assicurarla, dritto, passando in mezzo ad avversari.

    Adesso sono cresciuto.
    So che Vick è un uomo di merda, ma probabilmente non me ne frega più di tanto.
    So che non lo vorrei come QB1 della mia squadra che punta al titolo (neppure ora dopo game at washington), eppure quando lo vedo muoversi, costantemente, correre sento ancora elettricità.

    Per Michael Vick, perchè possa continuare con successo la sua risalita.
    Perchè l’NFL è, tanto, migliore con lui dentro.

  4. Non riesco a credere di aver cominciato il mio commento, da mè così sentito, scrivendo “un’articolo” con l’apostrofo………lol

  5. molto bello l’articolo complimenti! Non sono mai stato un estimatore di Vick quando era ai Falcons; mi sono appassionato al football vedendo QB come Dan Marino, Joe Montana, John Elway o Troy Aikman, quindi un QB che correva come un RB e andava sempre in scrumble senza rispettare gli schemi chiamati, non mi faceva certo impazzire. Per me il QB “doveva” lanciare ed il RB “doveva” correre. Il Vick di oggi somiglia molto a Steve Young, entrambi mancini ed entrambi abili nelle corse ed in scrumble. Poi diciamolo, questa storia dei combattimenti tra cani è certamente riprovevole e disgustosa, ma Michael ha pagato col carcere, non con una multa o una squalifica, è andato in galera! Ha pagato seriamente per quello che ha fatto ed ora è giusto che abbia la possibilità di rinascere, come sportivo e come uomo.

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