Nel weekend del Giorno del Ringraziamento se ne sono viste di cotte e di crude, e come sempre il college football, pur sembrando ovvio e scontato per l’80% del suo campionato, prima o poi sgancia la bomba che rivoluziona tutto il quadro del ranking. Siamo andati avanti un ‘eternità a pensare che nessuno sarebbe mai riuscito ad impensierire Alabama nella sua personalissima corsa solitaria verso la terza finale assoluta consecutiva, un traguardo da capogiro di questi tempi, e che l’attacco fantascientifico di Oregon sarebbe stato un matchup troppo ghiotto se contrapposto alla difesa dei Crimson Tide, e che da qui sarebbe uscita una finalissima dei sogni.

Oggi, il panorama che si vede all’orizzonte è completamente diverso, e seppure appaia altamente improbabile, qualcosa potrebbe ancora cambiare.

Florida State era entrata nel giro che conta proprio grazie ai capitomboli dei Ducks, i quali fino al momento in cui le due università sono rimaste entrambe imbattute godevano di un vantaggio millimetrico ma irremovibile nei confronti degli indiani da Tallahassee, dietro c’era una lieve differenza di qualità di vittorie rapportate agli avversari affrontati, questo fino a quel giovedì sera così indigesto per la squadra di Mark Helfrich, nel quale Stanford si era imposta in una battaglia a dir poco memorabile.

Dopo i fatti dell’Iron Bowl di sabato, deciso da un episodio che verrà ricordato per secoli e generazioni, oggi i Seminoles sono di diritto i numeri uno della nazione avendo terminato la propria regular season mantenendo l’imbattibilità in una partita non certo difficile contro ciò che resta dei Florida Gators, gli arci-rivali di sempre, ma coronando una cavalcata entusiasmante che ha riportato la macchina del tempo a tempi gloriosi che parevano distanti dai ricordi, ma che Jimbo Fisher, in questa sua progressione tra una stagione e l’altra, ha rievocato facendoli tornare vividi.

winstonI Seminoles hanno risposto presente all’appuntamento con le partite più difficili della loro stagione andando a vincere in quel di Death Valley contro una Clemson in quel momento in grandioso spolvero, ed hanno battuto Miami confermando di essere la migliore squadra di una rinvigorita Acc; Fisher ha trovato il modo di costruire un attacco bilanciato e produttivo accoppiandolo ad una difesa piena di elementi in grado di dare leadership al reparto colmando le perdite della scorsa offseason, anche se il giocatore più in vista, inutile dirlo, è stato sicuramente Jameis Winston.

Lui, in primo piano c’era già, ben prima delle cronache che si susseguono fuori dal campo e che a livello di rendimento non lo hanno minimamente danneggiato: è oramai il fenomeno mediatico settimanale per ogni cronaca riguardi il college football, le sue statistiche sono qualcosa di impensabile se rapportate alla totale mancanza di esperienza su palcoscenici come questi, e la sua gestione dell’improvvisa notorietà è stata quantomeno ottimale. Se c’è un ideale candidato all’Heisman Trophy, non può che essere lui, considerando pure il fatto che il record di passaggi da touchdown in singola stagione dei Seminoles è già suo.

Urban Meyer ha invece costruito una vera e propria potenza collegiale da quando si è insediato alla guida di Ohio State, dove deve ancora conoscere il significato della parola sconfitta: da due stagioni difatti i Buckeyes mantengono perfettamente illibato il loro bilancio con la differenza che quest’anno possono realmente competere per qualcosa, a differenza di un 2012 dove ancora pagavano lo scotto della non elegante fine dell’era targata Terrelle Pryor e Jim Tressel.

Ohio State non è mai particolarmente stata privilegiata dalle classifiche nonostante questa sua perfezione per un semplice fatto: la Big Ten non è più competitiva come poteva esserlo fino a due o tre stagioni fa, con la conseguenza che i successi dei ragazzi di Meyer, in special modo quelli ottenuti all’interno della conference, non hanno lo stesso valore che potenzialmente avrebbero avuto con un livello competitivo maggiore, e per i votanti questo conta parecchio. La squadra ha vissuto ai margini della qualificazione per il National Championship fino a questo momento, salendo di un gradino in concomitanza della prima sconfitta stagionale di Oregon ma restando irrimediabilmente dietro allo strapotere dei Crimson Tide ed all’ascesa prepotente di Florida State, ma non si è mai smesso di sperare, ed uno dei molteplici effetti della storica giocata di Chris Davis contro ‘Bama (che potete rivedere qui sotto) è stato il realizzarsi del sogno di Meyer, uno scenario perfetto dove l’imbattibilità dei suoi ragazzi potesse finalmente essere premiata come meritava.

Auburn avrebbe molto da ridire sulla faccenda, e se i Tigers non avessero perso ad inizio stagione contro Lsu, avrebbero sicuramente fatto ritorno alla finalissima dopo aver giocato una stagione straordinaria elevando ulteriormente il lavoro di coach Gus Malzhan, che ha trasformato in vincente un ateneo che solo dodici mesi fa aveva compilato un misero 0-8 nelle sfide interne alla Sec, terminando il campionato con sole tre vittorie all’attivo, un ribaltamento a dir poco impressionante. Secondo alcuni meriterebbe di più Auburn la finale, proprio perché ha sconfitto la numero uno (nonché la vincitrice degli ultimi due tornei) e vista la fatica con cui i Buckeyes hanno superato Michigan, sfruttando la mancata conversione da due punti ordinata da Brady Hoke a tempo scaduto. Tuttavia, essere imbattuti in una conference di quelle maggiori, ha ancora il suo giusto peso.

Ma attenzione: né Seminoles né Buckeyes possono dormire sonni tranquilli, perché nel weekend ci saranno le finali di conference ed ambedue le compagini saranno a loro volta impegnate a non cadere nella trappola dell’upset. Florida State affronterà la sorpresa Duke, che per la prima volta – giù il cappello dinanzi all’operato di David Cutcliffe – nella sua storia ha raggiunto la quota delle 10 vittorie stagionali, e pur essendo largamente favorita dovrà giocarsi benissimo le proprie carte, mentre Ohio State ritrova i rivali di Michigan State, e servirà ancora tanta produzione da parte della coppia formata da Braxton Miller e Carlos Hyde, che hanno collezionato in combinata quasi 2.200 yards su corsa e 22 mete, cui vanno aggiunti i 21 passaggi vincenti registrati da Miller medesimo a fronte di soli 5 intercetti.

urbanSe non pensavate che una sola giocata potesse determinare il destino di più squadre, eccovi serviti. Florida State ha l’occasione della vita per rievocare i tempi di Bobby Bowden. Ohio State può percorrere per intero la strada per la redenzione, e farsi perdonare gli scandali del recente passato, aggiungendo ulteriore maestosità alla carriera brillante di Urban Meyer.

Auburn spera, dietro le quinte, che una delle due sopra-menzionate venga sconfitta per giocarsi un’altra finale dopo quella già disputata e vinta con Cam Newton in sella, e andrà a misurarsi contro Missouri, altra università-rivelazione che solamente al suo secondo anno nella ultra-competitiva Sec, presenzierà in una finale di conference che pareva appartenere di diritto a Nick Saban. I Crimson Tide? Molto probabilmente li rivedremo all’Orange Bowl, presi a rimediare alla dolorosissima sconfitta di sabato, con Clemson quale avversaria qualora Florida State vincesse la finale Acc lasciando libero il posto che la conference detiene in automatico per quella competizione specifica.

Il quadro sembra essere abbastanza chiaro, difficilmente ci saranno ulteriori clamorosi upset, ma non si sa mai, nel college football. Prima di cantare vittoria c’è l’ultimo passo da compiere.

 

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