Che per Stanford la Week 9 rappresentasse uno dei punti di snodo della stagione si era capito da tempo: partita intraconference con USC, rivalità antica, sfida tra californiane in uno stadio, il Memorial Coliseum di Los Angeles gremito per l’occasione.

A confermare l’equilibrio della sfida c’erano anche le previsioni dei bookmakers che davano i Cardinal vittoriosi sui Trojans di 8 punti al massimo. Metteteci pure che i giallo-rossi di LA, che giocano in un limbo, consapevoli di non poter competere per la vittoria di conference e per un Bowl nella postseason sino a quest’anno e di non poter disputare la finale per il titolo fino al 2014 causa maxipenalizzazione inflitta dalla NCAA, possono ottenere le uniche soddisfazioni stagionali battendo i loro rivali.

Poi c’era la sfida nella sfida tra i due QB: Andrew Luck, destinato secondo i più a diventare un fenomeno tra i professionisti della NFL, e Matt Barkley, altra bella promessa, nonché erede di Mark Sanchez (presente all’incontro) alla guida dell’attacco di USC. Le premesse per un grande incontro c’erano insomma tutte e, come vedremo, il risultato finale non ha deluso le aspettative.

Primo tempo in equilibrio
Cominciano con ordine gli ospiti che al primo tentativo mettono subito a segno sette punti: drive condotto bene dal QB dei Cardinal che cambia ricevitore ad ogni lancio fino a giungere sulle 10 avversarie dove trova il suo RB Tyler Gaffney che chiude positivamente l’azione.Qualche difficoltà iniziale in più ce l’ha l’altro protagonista annunciato, Barkley, che lancia tre incompleti consecutivi e impone l’entrata in campo del punter. Va meglio nel drive successivo anche se USC non riesce a pareggiare: la corsa dei Trojans si ferma a 5 yard dalla endzone ed è il kicker Heidari a segnare i primi tre punti.

Nel primo tempo la partita stenta però a decollare: USC sa bene che l’unico modo per fermare Luck è mettergli pressione, non farlo ragionare per indurlo così all’errore. Si assiste così solo a due field goal, uno per parte (bello quello di Heidari da 50 yard, il più lungo della sua breve carriera), che portano le squadre negli spogliatoi sul punteggio di 10 – 6 per Stanford.

Sorpassi e controsorpassi…
Il secondo tempo è decisamente più spumeggiante, si vede un po’ di tutto, dalle grandi giocate agli errori banali.
Protagonista della seconda frazione di gioco è il RB di Southern California Curtis McNeal che mette a segno due touchdown grazie a due straordinarie corse, facilitate da una non irresistibile difesa avversaria: la prima segnatura, in particolare, è frutto di un’impressionante cavalcata di 61 yard fin dentro la end zone dei Cardinal (record per lui) che porta la sua squadra avanti di 3. Il ragazzo originario di LA approfitta poi di un momento di impasse tanto della difesa quanto dell’attacco (con Luck che subisce il primo sack di serata) di Stanford e va a prendersi di nuovo gli applausi del suo pubblico percorrendo le ultime 25 yard che mancavano all’offensive team di USC: il tabellone segna 20 a 10 Trojans.

Chiaramente gli ospiti, forti di una striscia vincente che dura da 15 partite, reagiscono con forza: in dieci minuti Luck torna padrone dell’incontro supportato questa volta da una offensive line che regge bene l’urto della controparte. Prima accorcia le distanze con un bel drive concluso con un passaggio al “bacio” al fullback Ryan Hewitt, poi, nel possesso successivo, corre le ultime due yard dopo aver trascinato la sua squadra con una piccola serie di lanci sin dentro la red zone di USC. Risultato di nuovo ribaltato: 24 a 20.
Nell’ultimo quarto il testa a testa continua, con Barkley che sbaglia poco o nulla e tiene il passo di Stanford. A 3:51 dalla fine il punteggio vede le due squadre in perfetta parità: 27 – 27 (passing touchdown del QB dei Trojans e pareggio con field goal di Whitaker).

La palla è nelle mani di Luck: tutti prevedono che, sfruttando le sue qualità, il quarterback porterà i Cardinals alla vittoria facendo esaurire il tempo rimasto e non concedendo quindi la possibilità di replica ai rivali. Invece su un 3rd and 4 sulle proprie 23 il fututro fenomeno NFL commette un errore grossolano, legge male l’azione e la copertura difensiva di USC regalando l’ovale al sophomore CB Nickell Robey, che ringrazia e segna il touchdown del 34 a 27 Southern California.

Sembra finita, ma la stoffa del campione si vede nei momenti difficili: Luck non si scompone e torna subito a guidare il suo attacco. Negli ultimi 3 minuti il QB dimentica l’errore e fa avanzare l’orologio e la squadra con pazienza. A pareggiare i conti ci pensa però il RB Stepfan Taylor con una corsa da 2 yard (dopo un contestato passaggio incompleto in end zone di Luck).

L’overtime sembra inevitabile anche se i Trojans provano l’impresa (e la sfiorerebbero pure) se non fosse per Robert Woods che corre uno screen pass di Barkley nella direzione sbagliata e fa estinguere il tempo tra le proteste di coach Kiffin ,che reclamava un ultimo secondo per calciare il field goal della possibile vittoria. Gli arbitri sono però irremovibili e sentenziano la fine del tempo regolamentare.

…ma alla fine è overtime
Non essendoci nel college football la tristemente famosa sudden death, per vincere occorre segnare e impedire che gli avversari facciano lo stesso: questo concetto sembra sfuggire alle difese nei primi due overtime nei quali i reparti offensivi (favoriti dal partire sulle 25 nemiche) hanno vita relativamente facile e fanno temere una ancor più lunga nottata.

Nel terzo OT invece, la svolta: il duo Luck – Taylor confeziona l’ennesimo vantaggio dei rosso-bianchi completato con una conversione di due punti di Coby Fleener su assist del QB. USC non può far altro che tentare una risposta che sembra arrivare, ma a 4 yard dal traguardo il possibile eroe di giornata dei Trojans si lascia sfuggire il pallone che schizza nella end zone e viene letteralmente sotterrato dalla difesa ospite. Il sogno di bloccare i rivali di Stanford si infrange con qualche rimpianto e con un risultato mostruoso: 56 – 48 .

La rinascita di Stanford
Per i Cardinal è invece una giornata di festa: sedicesima vittoria consecutiva ottenuta contro una rivale (uno dei più clamorosi upset degli ultimi anni), record di 8 – 0 che non otteneva da tempi immemori, l’impressione di essere una squadra con ampi margini di miglioramento e la possibilità di contare su un reparto offensivo potenzialmente devastante.

Sì perché Stanford non vive di solo Luck (perdonate il gioco di parole): l’offensive line protegge discretamente il suo quarterback, ad esclusione di un paio di amnesie costate due sack, i tre runningback si alternano bene e insieme hanno corso 1203 yard e segnato 20 touchdown su un totale di 208 portate in stagione. In più conta anche l’entusiasmo ritrovato dopo un periodo buio, che aveva cominciato a dissolversi nella passata stagione con il record di 12 – 1 e la vittoria nell’Orange Bowl con coach Jim Harbaugh ma ora i rosso-bianchi vogliono di più e puntano se non al colpo grosso, quantomeno ad una riconferma in uno tra i più importanti Bowl della stagione (alcuni esperti dicono il Fiesta, ma non si escludono clamorosi sviluppi).

L’unica pecca sembra essere la difesa sulle corse avversarie: troppe yard concesse in quest’ultima partita e nella stagione in generale, troppi spazi dove possono infilarsi RB rapidi e scattanti (i 2 touchdown di McNeal ne sono una prova). Sarebbe un peccato per questa squadra così talentuosa perdere occasioni a causa di una lacuna a cui coach Shaw deve trovar rimedio.

Sorge allora la domanda: Luck è indispensabile o no? I Cardinal senza di lui possono aspirare a grandi traguardi?
La risposta non è semplice: la futura prima scelta NFL ha un talento innato e lo sta dimostrando (23 touchdown e solo 4 intercetti in 8 incontri stagionali), è decisivo in molte occasioni, ma forse la solidità di Stanford va oltre il singolo giocatore e può far ancora sognare i tifosi che attendono il raggiungimento di mete per ora incerte, ma possibili.

One thought on “Stanford mantiene l’imbattibilità contro i rivali

  1. Complimenti per l’articolo.
    secondo me Luck è indispensabile. Andrew sta ai Cardinal come Peyton Manning ai Colts.
    La sua importanza va al di là di ciò che produce in campo. Giocare con lui aumenta la forza interiore dei compagni, sicuri di avere il miglior signal caller degli ultimi 15 anni.

    giocate pazzesche, come il razze-dazzle play da Wildcat formation, il lancio da 62 yards per il true frosh WR Montgomery, quello che ha settato il suo td su corsa del 24-20, sono possibili grazie alle sue grandi capacità: tempismo, gambe, tecnica, braccio e accuracy.

    Saluti.

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.