Cam Newton effettua l'ennesima incursione in endzone della sua straordinaria stagione.

Di questi tempi è diventato impossibile seguire una partita di Auburn senza che si parli di Cam Newton, tanto nel bene, quanto nel male. Sabato, i Tigers hanno affrontato l’impegno contro Georgia facendo quadrato attorno alla complicata situazione del loro quarterback delle meraviglie, nascondendo all’intera nazione se lo stesso sarebbe riuscito a partire titolare oppure se sarebbe stato tenuto precauzionalmente fuori in attesa di maggiori risvolti delle indagini in corso, sempre per causa di quel famoso pagamento che il padre avrebbe accordato per portare il ragazzo a Mississipi State in uscita dal junior college.

Newton, com’era ampiamente prevedibile vista la posizione di Auburn, sabato era in campo ed ha fatto il suo solito lavoro di distruzione della difesa avversaria, contribuendo fortemente a recuperare una situazione in rimonta data da una bella partenza dei Bulldogs, che avevano imposto la felice connessione tra il futuro professionista A.J. Green, rebus ancora irrisolto per la maggior parte delle secondarie collegiali, ed il quarterback Aaron Murray, autore di tre passaggi da touchdown nel solo primo quarto di gioco. Nonostante la gravità delle circostanze, sarebbe stato francamente futile non schierare quello che è probabilmente il miglior giocatore del college football di quest’anno a due gare vinte da una qualificazione automatica al Championship che tutti sognano.

Newton ha equamente distribuito la sua total offense con 151 yards su passaggio e 148 su corsa, è diventato il primo regista nella storia della Sec a lanciare per 2.000 yards correndone contemporaneamente più di 1.000, ed ha alzato il volume della radio in un secondo tempo dove Auburn ha preso il sopravvento, fino ad impacchettare definitivamente il 49-31 finale che ha ancora una volta evidenziato gli enormi problemi difensivi di questa squadra, che senza le prodezze del suo quarterback grande, grosso e veloce, di certo non sarebbe giunta fino a questo punto, con l’aggiunta del raggiungimento matematico della vittoria della West Division della Sec, e la conseguente qualificazione automatica per la finale di conference con una sola gara rimasta nel calendario dei Tigers, la super-sfida contro Alabama per la supremazia dell’Iron Bowl.

Da qui a dire che Auburn parteciperà sicuramente al National Championship ce ne passa, in quanto è presumibile che i Crimson Tide cercheranno in tutti i modi di sfruttare le lacune difensive dei rivali nel tentativo di salvare una stagione che li ha visti sconfitti due volte di troppo, e comunque vada ci sarà sempre un ultimo ostacolo, rappresentato dalla South Carolina di Steve Spurrier, riuscito finalmente nell’impresa di far vincere la divisione ai Gamecocks con la soddisfazione di battere la sua ex Florida in casa propria, allo Swamp, che oltre alla gratificazione personale ha sancito il definitivo sorpasso in classifica proprio ai danni dei Gators di Urban Meyer. Non ci si faccia difatti distrarre dala notevole differenza qualitativa tra le due rappresentanze della Sec, dove nella West abbiamo cinque squadre su sei qualificate automaticamente per un Bowl, mentre dall’altra parte si registra solo il 50% dei college con un record complessivo vincente. La finale è sempre una partita a sé stante, e quando le squadre non hanno domani giocano con tutt’altra grinta.

Resiste Oregon alla posizione numero uno assoluta, nonostante lo spavento preso in quel di Berkeley, California. L’attacco dei Ducks è uscito a dir poco ridimensionato dallo scontro con una squadra che non avrebbe dovuto impensierire i ragazzi di Chip Kelly, ma forse non tutti avevano tenuto in considerazione il fatto che California, dentro le mura del mitico Memorial Stadium, trasforma in maniera incredibile il proprio rendimento.
I Bears si sono fatti inchiodare sul 15-13 mandando all’aria il potenziale sorpasso per via del field goal mancato dal nostro Giorgio Tavecchio, andando vicinissimi all’upset in una gara dove la difesa, straordinaria in casa, ha tenuto LaMichael James a sole 91 yards su corsa, sua peggior prestazione stagionale.
I Ducks tengono duro nella difesa della prima posizione anche della Pac 10, tallonati ad una sola gara di distanza da Stanford, già battuta da loro durante la regular season, con sole due partite da disputare prima della postseason. Ambedue le università dovranno incrociare le armi con Oregon State (Oregon sarà coinvolta nella classicissima Civil War), facendo dei Beavers il vero ago della bilancia in quello che sarà il rush finale di questo raggruppamento, con serie implicazioni anche nei confronti del titolo nazionale.

Interessante ed emozionante il testa a testa che ogni settimana coinvolge Tcu e Boise State, le quali si sono già scambiate le posizioni 3 e 4 del ranking e non è affatto da escludere che la situazione possa cambiare ancora, soprattutto nella classifica Bcs.

C’è una considerazione particolare da non farsi sfuggire per leggere la situazione in prosepettiva, e riguarda un’università che fino a pochi giorni fa si sarebbe potuta inserire nella corsa ad un Bowl maggiore. Stiamo ovviamente parlando di Utah, smantellata proprio da Tcu nella settimana precedente a questa con una pessima prestazione complessiva, che ha ulteriormente aggravato la sua situazione andando a perdere per 28-3 contro Notre Dame, una sconfitta a dir poco imbarazzante vista la più che deludente stagione dei Fighting Irish.

Come noto, il computer che calcola il ranking Bcs tiene in forte considerazione il livello di difficoltà delle avversarie battute in stagione, ed il motivo per cui gli Horned Frogs avevano passato Boise State era stato esattamente rappresentato dal coefficiente di difficoltà ottenuto contro gli Utes, che al tempo erano quinti assoluti nella medesima classifica. Avendo Utah rimediato la seconda sconfitta consecutiva e per giunta contro un ateneo non presente nei migliori 25, Tcu non può più vantare il fatto di aver battuto un’avversaria molto quotata, e dovrà fare gli straordinari per mantenere la terza piazza che detiene oggi, per giunta avendo faticato non poco a sbarazzarsi della pratica San Diego State, superata in rimonta per 40-35.

Cosa pone Boise State in leggero vantaggio? Due aspetti, fondamentalmente. Il primo, quello di usufruire della probabilità di battere Nevada, la numero 18 odierna, ottenendo un successo senz’altro rilevante per il calcolo sopra citato; il secondo, rappresentato dalla forte ascesa di Virginia Tech, che al momento sta vincendo la Coastal Division della Acc ed è favorita per aggiudicarsi anche la finale di conference, indipendentemente dalla futura avversaria. Più gli Hokies saliranno, più si alzerà la considerazione dei Broncos, vista la vittoria che contro di loro avevano ottenuto nell’opener della presente stagione. Se poi una delle prime due inciampasse, le porte del National Championship sembrerebbero arridere più a Boise State che non a Tcu.

Non giocherà un Bowl di primo piano, ma Army a modo suo ha contribuito a fare la storia del gioco. La squadra, vincendo sabato scorso contro Kent State, è diventata eleggibile per la postseason per la prima volta negli ultimi 14 anni, ed avendo già raggiunto tale traguardo sia Navy che Air Force, sarà la prima volta in assoluto nel college football che le tre accademie militari avranno contemporaneamente accesso ad un Bowl. Qualora Army dovesse finire con un bilancio positivo, inoltre, per la prima volta dal 1963 ad oggi le tre accademie terminerebbero tutte con un record sopra al 50%, fatto occorso solamente altre due volte in precedenza.

Una situazione di non grande conto ai fini dei Bowl di gennaio, quelli più prestigiosi, ma pur sempre una coincidenza cui non si ha il piacere di assistere proprio tutti gli anni. Proprio come quella di vedere Texas ad una sconfitta dal restare fuori dalla postseason dopo solamente una stagione dalla disputa della finalissima, evento assolutamente mai verificatosi nella storia di questo gioco.

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