La stagione che è appena iniziata sarà ricordata probabilmente come la prima di una nuova era.

Possiamo chiamarla l’era Tandem della storia NBA, ovvero della riconfigurazione a due stelle delle squadre che puntano al vertice. Da quest’anno infatti le contendenti per l’anello si sono formate intorno ad una coppia di superstar.

A Los Angeles ci sono i Lakers con LeBron James e Anthony Davis e i Clippers con Kawhi Leonard e Paul George, a Houston Russell Westbrook si è ritrovato col suo vecchio socio James Harden ed infine a Brooklyn Kyrie Irving aspetta il ritorno in campo di Kevin Durant.

Sono queste le nuove coppie che hanno dominato le prime pagine, tutte formatesi nell’ultima off-season. Addio quindi ad un modello tipo “Big Three”, come i Celtics di Ray Allen, Kevin Garnett e Paul Pierce hanno re-introdotto nella NBA contemporanea. Ora il numero magico è il 2.

Ce ne sarebbe un’altra di coppia in realtà oltre quelle già citate e pompate dal clamore mediatico, e questa è quella di Dallas, oltre ovviamente ai casi già più rari ma ancora in vita di cuori solitari, vedi Lillard a Portland.

A Dallas regna una coppia europea, anche est-europea nello specifico pur intesa solo come collocazione geografica e non culturale, formata dallo sloveno Luka Doncic e dal lettone Kristaps Porzingis.

Dallas è una buona squadra, costruita con logica pur dal folle, o finto folle, Cuban, allenata da un veterano, quel Rick Carlisle ormai in pianta stabile dal lontano 2008, ha tutto per fare bene eppure è ancora sottovalutata come sottovalutata è la propria coppia al timone.

La motivazione per questa mancanza di credito è comunque semplicissima. Il lettone arriva da un brutto infortunio e la sua tenuta è ancora tutta da verificare sul lungo periodo e Doncic è un fenomeno, è il Rookie dell’anno più dominante dai tempi di LeBron ma è pur sempre appunto al secondo anno.

E’ Luka Magic però, fin da subito: il ragazzo ha conquistato tutti ed è proiettato verso un grande futuro. Hall of Fame ? MVP ? Direi di si, ma ovviamente andiamo con calma e lasciamo giocare in pace questo ragazzo col quale condivido il compleanno, ahimè d’anni diversi.

I Mavs hanno cominciato abbastanza bene la loro stagione, è prestissimo emanare sentenze ma sono in piena corsa per i playoff. Il problema, come è abbastanza noto, è che la Western Conference ha troppo talento ed è difficile proiettarli in una dimensione di vera profondità a maggio se non addirittura a giugno.

Il progetto quindi va avanti, non sarà “The Process” come a Philadelphia – a proposito, la coppia Embiid-Simmons è un’altra grande riprova di questa era Tandem NBA – ma le premesse per un futuro luminoso ci sono tutte.

E’ curioso come il primo anno di Doncic sia coinciso ai Mavs con l’ultimo di Dirk Nowitzki. E’ stato un passaggio di testimone autentico, quasi “fisico”, di sicuro commovente per chi ha ammirato per tante stagioni il tedesco. Ancora una volta è una questione tutta europea, dalla Germania alla Slovenia.

Non voglio parlare delle differenze tecniche tra i due, quelle sono evidenti perché sono due giocatori diversissimi, anche per stazza fisica, ma qualcosa mi ha colpito guardando i loro volti da rookie.

Il giovane ragazzone tedesco nell’ormai remoto 1998 aveva la faccia impaurita, sembrava perso. Il fisico era ancora tutto da costruire, faceva errori stupidi, la gente non credeva più di tanto nel giovane prospetto europeo, ebbe anni molto difficili di adattamento, anche a livello culturale.

Dopo 20 anni, e non 200 quindi, tanti ma non troppi, la situazione non solo è cambiata ma per certi versi si è ribaltata. Doncic è arrivato nella NBA da professionista consumato, già vincente, già sicuro di sé, già acclamato e pronto fisicamente e mentalmente.

La faccia impaurita del ragazzino Dirk si è oggi trasformata nel volto sempre sorridente dello sloveno. Il passaggio di consegne si può dire quindi completato perchè ha stravolto la concezione degli americani verso il resto del mondo e di contro anche quella dei giovani fenomeni verso l’adattamento al sistema America.

Che tutto questo sia successo a Dallas fa sorridere ma non è un caso. La sua dirigenza è da sempre quella più aperta verso la sperimentazione oltre i confini, Don Nelson docet, e con Luka si sta scrivendo potenzialmente non solo il nuovo capitolo di una singola franchigia ma anche il passaggio di testimone per il ruolo di miglior giocatore straniero della storia della lega.

Luka è destinato a questo, diventare un giorno MVP sarà addirittura riduttivo. Per come si è avviato sarà proprio lo scettro di Dirk come migliore di sempre senza un passaporto americano il vero orizzonte.

Lui però a questo non deve pensare e non penso ci pensi ora effettivamente. Ripeto, quello che stupisce non è il suo talento, è la sua voglia, è la sua passione che trasmette da quel volto allegro che è oggi la vera vetrina della NBA.

E’ cresciuto nella capitale del suo paese, Ljubljana, la madre gestiva un centro estetico, il padre già giocatore gli ha inculcato l’amore per il gioco prima di sparire dalle sue responsibilità di marito e di genitore.

Ho visitato la sua città natale la scorsa estate, l’ho trovata graziosa, il più famoso Youtuber italiano di viaggi, Nicolò Balini, l’ha definita “un mix tra Treviglio e la periferia di Budapest” e ho avuto il tempo di verificare sul campo che tale definizione è irrispettosa e ingiusta.

Ljubljana è una piccola capitale europea desiderosa di mostrare al mondo un volto nuovo dopo gli anni bui del comunismo di Tito e della guerra civile jugoslava. Per quello che ci interessa la culla di Doncic si erge meravigliosa come metafora.

E’ ciò che prima non esisteva, la città in quanto attrazione come lo sloveno star NBA e che oggi invece col sorriso si sta imponendo sul palcoscenico più importante. Ho girato per la città per un giorno alla ricerca di qualche ragazzino con la sua maglia ma nulla, anche nei negozi c’era solo quella di Dragic, la prima star slovena in America.

Quindi è la teoria del bicchiere d’acqua. E’ ancora presto perchè Luka domini anche sul mercato oppure non le ho trovate perché erano già state tutte vendute ?

Poco male, la Slovenia è molto orgogliosa dei propri figli che si impongono in America, più orgogliosi di lui che di Melania moglie di un Presidente clown ma di nuovo, è la faccia che conta. Luka sorride, Melania no.

Questo piccolo paese al nostro confine orientale è tanto fiero di Doncic che l’agenzia del turismo invita i visitatori a “scoprire la città luogo di nascita del giocatore NBA” alla stessa stregua degli itinerari turistici che ti portano sui luoghi dei Beatles a Liverpool.

Luka ha ancora molto da migliorare, non esaltiamolo per partito preso. In difesa ha ancora delle amnesie e la voglia non può sopperire a tutto, la capacità di vedere il campo è già ottima ma può fare dei passi in avanti.

Per il resto che dire, non è nemmeno troppo veloce ed è un atleta ottimo anche se non super però ha dei fondamentali che già solo alla sua età può vendere in lezioni private alla maggior parte dei giocatori NBA.

E’ scaltro, ha un IQ altissimo per il gioco, ha energia, ha la genialità tipica di un europeo o comunque di un non-americano che deve fare leva sulle qualità del cervello prima che sulle proprie gambe per imporsi nel mondo dei professionisti NBA.

Rispetto a Ginobili per esempio, altro non-americano vincente, ha più tiro con la sua stessa intelligenza ma è per ora meno presente nei momenti decisivi. Può solo crescere, del resto quel tiro da tre a Portland dall’angolo per mandare la gara ai supplementari con un tocco lieve sulla sirena è già leggenda.

Il tiro appunto. Luka si cala perfettamente in quest’epoca dove si tira da 8 metri one on one come fosse nulla, Curry e Harden ne sono stati i maestri innovatori, segue Lillard. Sembra un movimento lento, non lo è, come non è lento anche se così pare quando va fino in fondo in penetrazione.

Finora viaggia ad uno 0,9 nella categoria assist dalla tripla doppia di media (27,7 punti, 10,8 rimbalzi e appunto 9,1 assist) e se è vero che tale conquista da Russell Westbrook in poi è diventata meno epica non sarebbe certo male che un sophomore la potesse conquistare. Ah, ci prova anche LeBron quest’anno e secondo me ci riesce perché ci tiene.

Dove possono arrivare questi Mavs ? Poco lontano quest’anno ma con altri innesti e con un Porzingis sano dipenderà dai movimenti nella Western Conference per i prossimi anni, le chance per fare grandi cose ci sono.

Finora tutto bene, la vita è facile senza grosse aspettative. Godiamoci Luka e il suo sorriso, è tanto di più gioioso, anche perché poco comune, che ci possa oggi essere nella nostra amata NBA.

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