Dopo poco più di una settimana possiamo dirlo senza grossi timori di smentita: quella del 2019 è stata la più elettrizzante, pazza e divertente free agency nella storia della NBA.

Non esiste un altro modo per classificare tutto quello che è successo in questi giorni, con un diluvio di contratti e trattative che ha letteralmente sommerso l’intera Lega, stravolgendo quasi completamente gli equilibri di forza in entrambe le conference.

Quello che ne emerge è un campionato 2019/20 che oggi appare apertissimo e interessante come poche altre volte nella storia recente: almeno 6/7 squadre possono ragionevolmente avanzare la loro candidatura per il prossimo Larry O’Brian Trophy, e se l’Est ha subito un duro colpo con la partenza di Kawhi Leonard ad Ovest già solo arrivare ai playoff sarà letteralmente un’impresa titanica.

In questo pezzo proverò a dividere le trenta franchigie in sette raggruppamenti, per valutare chi da questa free agency ne è uscito rafforzato, chi ha dovuto cambiare in corsa i propri piani ma tutto sommato è caduto in piedi e chi invece ne è uscito con le ossa rotte, vuoi perché senza soldi (e/o credibilità) da spendere sul mercato oppure per mancato possesso di una benché minima idea di progettualità futura.

Buon divertimento

CATEGORIA 1: SI GODE E PURE PARECCHIO

Non posso non partire dai Los Angeles Clippers, che non solo si sono aggiudicati la preda più ambita con l’arrivo in città di Kawhi Leonard, ma gli hanno anche affiancato a sorpresa il candidato MVP della passata regular season Paul George. L’operazione magistrale messa in piedi da Jerry West, unita alle conferme di Zubac e Beverly e all’arrivo dello specialista Mo Harkless, consegna nelle mani di coach Rivers un roster potenzialmente devastante (soprattutto in difesa), che rende i Clippers una delle più attrezzate contender al prossimo titolo NBA.

Voglio mettere però anche gli Oklahoma City Thunder tra le squadre vincenti di questa free agency, perché il package ottenuto in cambio di George è particolarmente interessante. Danilo Gallinari e Shai Gilgeous Alexander sono due starter di ottimo livello, ma sono le tantissime prime scelte future ricevute dai Clippers (quattro senza protezione, una protetta e il diritto di scambiarne altre due) a rappresentare un tesoretto molto interessante, utili per avviare una ricostruzione che molto probabilmente vedrà partire a breve anche Russell Westbrook e Steven Adams.

Sempre ad Ovest un applauso lo meritano sia gli Utah Jazz, che con gli arrivi di Mike Conley, Bojan Bogdanovic, Ed Davis e Jeff Green si presenteranno ai nastri di partenza come una delle squadre più solide e profonde della prossima stagione, che i New Orleans Pelicans, capaci di trasformare la partenza di Anthony Davis da crisi in opportunità grazie ad una serie di scelte (Zion Williamson certamente, ma anche Hayes e Alexander-Walker) e di operazioni di mercato (l’arrivo del trio Ball-Hart-Ingram, le firme di Redick, Favors e del “nostro” Nicolò Melli) estremamente interessanti.

Spostandoci ad Est troviamo ovviamente dei gongolanti Brooklyn Nets, che con la tripletta Durant-Irving-Jordan possono finalmente sognare in grande, con il collaterale (ma non trascurabile) godimento dell’aver soffiato KD e Kyrie proprio ai dirimpettai dei New York Knicks. Per ambire al bersaglio grosso ci sarà da aspettare almeno un anno il completo recupero di Durant, ma di certo i tifosi dei Nets possono reputarsi per ora ampiamente soddisfatti.

Stesso discorso per i Philadelphia 76ers, che hanno sì dovuto rinunciare a Jimmy Butler ma che si presenteranno al via della prossima stagione come la probabile formazione da battere nella Eastern Conference. Il rinnovo di Tobias Harris ma soprattutto gli arrivi di Al Horford e Richardson rilanciano le ambizioni dei 76ers per la Finale NBA, perché con gli ulteriori progressi attesi per Simmons ed Embiid il quintetto di Philadelphia sarà di certo un osso duro da superare per tutti.

Un gradino sotto ma ugualmente usciti bene da questa free agency ci sono gli Indiana Pacers, che attendono ancora il ritorno in campo di Victor Oladipo ma con il trittico Warren-Lamb-Brogdon hanno certamente rinforzato il roster, e i Miami Heat, capaci non solo di portare in città l’ambitissimo Jimmy Butler (giocatore rileyano se ne è mai esistito uno) e di liberarsi di Hassan Whiteside (giocatore anti-rileyano se ne è mai esistito uno, escluso ovviamente l’immortale Antoine Walker).

 

CATEGORIA 2: POTEVA ANDARE PEGGIO

I grandi free agent in questa tornata erano tanti, ma non un numero infinito. Per questo era scontato che ci sarebbero state squadre costrette a rivedere in corsa i propri piani una volta che i grossi nomi si fossero accasati altrove, oltre a franchigie che non avevano a disposizione né i soldi né soprattutto l’appeal per risultare una destinazione credibile ai vari KD, Kyrie o simili. Tra queste ce ne sono alcune che hanno ricevuto cocenti delusioni da cui non sono state in grado di riprendersi (vedi sotto alla categoria numero 4) e altre che sono riuscite ugualmente a completare operazioni funzionali ai loro obiettivi di medio-lungo periodo.

Tra queste ultime ci sono sicuramente i Dallas Mavericks, che hanno firmato un non scontato prolungamento quinquiennale con Kristaps Porzingis sicuramente rischioso (i 158 milioni sono completamente garantiti nonostante i dubbi sul suo recupero fisico) ma assolutamente necessario e potenzialmente fruttifero se il lettone riuscirà a tornare sui livelli attesi. Le conferme di Powell, Kleber, Barea e Finney-Smith saranno utili alla causa così come gli arrivi di Wright, Marjanovic e Seth Curry, purtroppo ai Mavs manca ancora qualcosa per potersi considerare una squadra di alta fascia e si fa fatica a capire come potrebbero compiere uno step decisivo in tal senso (Iguodala? Steven Adams?).

Step che per i Milwakee Bucks significa semplicemente NBA Finals, o ancora meglio Larry O’Brian Trophy. Per la franchigia del Wisconsin, finalista di conference lo scorso maggio, tutto è appeso ad un ulteriore progresso dell’MVP Giannis Antetokounmpo, perché la partenza di Brogdon si farà sicuramente sentire anche se è stato scongiurato il pericolo di perdere anche Kris Middleton (+ Lopez e Hill).

Sono caduti in piedi anche i vice-campioni dei Golden State Warriors, che hanno rifirmato Klay Thompson al massimo salariale (ma lo dovranno aspettare almeno fino a marzo-aprile) e hanno tamponato la perdita di Durant con un intrigante sign-and-trade che ha recapitato nella Baia D’Angelo Russell. L’ex-Brooklyn porta in dote sicuramente qualche perplessità in termini di approccio mentale ma è pur sempre un All Star reduce dalla migliore stagione in carriera, con parecchi punti nelle mani e doti di clutch shooting che faranno sicuramente comodo alla truppa di coach Kerr. Curry e Green ritroveranno a roster il sottovalutatissimo Kevon Looney, ma dovendo rinunciare a Iguodala, Cook e Bell (ma avendo guadagnato Glen Robinson, Alec Burks, Omari Spellman e Willie Cauley-Stein) i Dubs perdono per la prima volta da 5 anni i favori del pronostico e saranno chiamati a silenziare parecchi scettici.

Benino anche i Memphis Grizzlies, che il prossimo anno potranno vantare sulla giovane e iper-promettente coppia di talenti Jaren Jackson Jr + Ja Morant e hanno un roster molto giovane e futuribile (Allen, Caboclo, Clarke) inframmezzato da qualche veterano di qualità (Valanciunas, Crowder e Anderson), nell’attesa di capire cosa fare con i contratti di Andre Iguodala e Solomon Hill.

 

CATEGORIA 3: SENZA INFAMIA E SENZA LODE

Già poter per una volta evitare di inserire i Sacramento Kings tra i peggiori di una sessione di mercato mi pare possa rappresentare un discreto successo. La franchigia della California era ben conscia di non poter attrarre in città nessun grosso nome e ha quindi puntato i parecchi soldi disponibili su giocatori di fascia media ma potenzialmente funzionali al progetto di (lenta) crescita avviato nell’ultimo biennio. Se la conferma di Harrison Barnes è da considerare una buona notizia, gli arrivi di Dedmon, Holmes e Ariza potranno contribuire a puntellare una frontline che sarà di supporto alla coppia Fox-Hield, sulle spalle dei quali gravano la maggior parte delle speranze dei Kings di tornare finalmente ai playoff dopo diverse ere geologiche di assenza.

Decoroso anche quanto fatto dagli Orlando Magic, che perlomeno hanno mantenuto a roster sia l’All Star Nikola Vucevic che l’ottimo Terrence Ross, aggiungendo Al-Faroux Aminu ad un mix comunque capace di raggiungere i playoff nella passata stagione, e i Detroit Pistons, impossibilitati ad operare grosse rivoluzioni da un salary cap già alle stelle ma che hanno portato in Michigan a cifre estremamente contenute il redivivo Derrick Rose e il trittico Morris-Frazier-Snell, che contribuiranno ad allungare delle rotazioni fino a ieri piuttosto risicate.

Più complesso il caso dei Boston Celtics, che hanno visto partire per colpe non particolarmente loro sia Kyrie Irving che Al Horford. Se sul primo c’erano pochi dubbi, considerati tutti i problemi emersi sui rapporti nello spogliatoio durante l’ultima stagione, a sorprendere è stato l’addio di Big Al, che pare abbia rifiutato un’estensione da 100 milioni in 3 anni per andare a firmare a cifre solo leggermente superiori con i Sixers. Se il buco in cabina di regia è stato colmato dall’arrivo di Kemba Walker, potenzialmente ottimo fit tecnico per l’attacco di coach Brad Stevens, a preoccupare è la voragine creatasi a centro area, solo parzialmente coperta dall’arrivo di un Enes Kanter che potrà sì dare una mano in attacco ma che in difesa… non è proprio uno specialista, diciamo così.

 

CATEGORIA 4: CORNUTI E MAZZIATI

La più crudele categoria di questo articolo comprende due squadre che, per motivi diversi, speravano di ritornare agli antichi fasti (per una delle due “molto” antichi) grazie all’arrivo di uno o più free agent di primissimo livello.

Ma se i Los Angeles Lakers, nonostante il gran rifiuto di Kawhi Leonard sia stato alla fine abbastanza inaspettato e certamente penalizzante, potranno comunque ambire a posizioni di alta classifica nella prossima stagione grazie alla trade che qualche settimana fa ha portato Anthony Davis alla corte di LeBron James, per i New York Knicks quella del 01 Luglio 2019 è certamente da annoverare nell’elenco delle peggiori giornate nella storia della franchigia della Grande Mela.

Come brillantemente già analizzato ieri dal nostro Lucio Di Loreto, le scelte di Irving e Durant di accasarsi sull’alto lato del Brooklyn Bridge certificano una volta per tutte la fine del predominio storico dei Knicks sulla città di New York, garantendo ai tifosi bluarancio come minimo un altro paio d’anni di mediocrità cestistica. Gli arrivi di Randle, Gibson, Portis, Bullock Ellington e Payton almeno non azzoppano il monte salari a lungo termine, ma di certo potranno al massimo portare ad un risicato primo turno ad Est, se e solo se le cose andranno tutte per il verso giusto (e non è certo scontato).

I Lakers come detto barcollano ma non mollano, anche se sarà da capire chi e come tra i vari Cousins, McGee, Rondo, Dudley, Caldwell-Pope, Cook, Green, Caruso e Bradley potrà davvero essere di supporto a James e Davis una volta arrivati alla postseason.

 

CATEGORIA 5: AVREI TANTO VOLUTO MA…

Questa categoria è riservata a quelle squadre per cui i margini di manovra erano veramente limitati, essenzialmente per questioni legate al monte salari troppo elevato e alla conseguente impossibilità di fare offerte ai free agent, ma anche alla difficoltà oggettiva di scambiare contratti lunghi e onerosi dei giocatori presenti a roster.

Queste franchigie avrebbero probabilmente voluto operare cambiamenti magari anche sostanziali, ma hanno dovuto accontentarsi sostanzialmente di confermare i giocatori che avevano. Mi riferisco in particolare ai Denver Nuggets con Millsap e Murray (che però proprio in chiusura di pezzo sono riusciti a mettere le mani sull’ottimo Jerami Grant) e agli Houston Rockets, che hanno provato ad esplorare senza successo la possibilità di arrivare a Jimmy Butler ma restano fermi ai rinnovi di Rivers, Green e House.

Altre quattro franchigie avevano limiti di budget quasi altrettanto rigidi e hanno potuto compiere solo operazioni minori. I San Antonio Spurs hanno rinnovato Rudy Gay e aggiunto la coppia di ali DeMarre Carroll / Marcus Morris, i Minnesota Timberwolves dopo aver cercato invano acquirenti per Andrew Wiggins si sono dovuti accontentare di inchiostrare vari comprimari come Shabbazz Napier, Jordan Bell, Noah Vonleh e Jake Layman, gli Atlanta Hawks hanno scambiato la salma di Solomon Hill con quella di Chandler Parsons ma hanno aggiunto tre buoni elementi di rotazione come Evan Turner, Allen Crabbe e Damian Jones, mentre i Washington Wizards daranno una chance di riscatto (l’ultima?) ad Isaiah Thomas e soprattutto si sono liberati di quella zavorra precedentemente nota con come Dwight Howard. Comunque faranno schifo lo stesso e John Wall con quel contratto non lo se lo prenderebbe nemmeno la buonanima di Madre Teresa di Calcutta. Scusate, mi è partito per un attimo l’embolo. #FreeBeal

Infine i Portland Trail Blazers, che hanno blindato Damien Lillard con un quinquiennale a cifre mostruose e portato in Oregon Hassan Whiteside, titolare di un contratto decisamente oneroso e di testa particolarmente bacata ma in scadenza il prossimo 30 Giugno (il contratto, la testa è scaduta molto tempo prima).

Discorso a parte meritano i Toronto Raptors, il cui destino era appeso alla scelta di Kawhi Leonard e che sono rimasti ovviamente delusi dalla decisione dell’MVP delle Finals di accasarsi a Los Angeles. Più di così però onestamente Ujiri e soci non potevano fare: Leonard è stato coccolato, vezzeggiato e idolatrato fin dal suo arrivo in Canada e se nemmeno gli appelli di Drake e un titolo NBA (oltre ai due i milioni di persone scese in piazza per festeggiarlo) sono riusciti a convincerlo a rimanere a Toronto, significa che nient’altro avrebbe potuto. La scommessa dei Raptors ha comunque pagato i suoi frutti e qualunque cosa succederà in futuro credo che Leonard avrà giustamente sempre un posto nel cuore della stragrande maggioranza degli appassionati di basket canadesi.

 

CATEGORIA 6: IL CANE MI HA MANGIATO I COMPITI

Avete presente quando a scuola la maestra vi chiedeva di consegnare un compito che vi era stato assegnato ma, siccome nei giorni precedentemente invece di studiare avevate preferito andare al campetto a giocare con gli amici, vi era toccato buttare giù qualche cosa in fretta e furia la mattina stessa durante il viaggio in autobus?

Ecco questa è più o meno la sensazione che mi hanno dato alcune squadre, ossia che si siano presentati allo scoccare dell’inizio della free agency con un foglio spiegazzato contenente piani di attacco decisamente confusi e non particolarmente coerenti con gli obiettivi di medio-lungo periodo.

Gli Charlotte Hornets hanno perso Kemba Walker, che pure pareva intenzionato a restare, perché non volevano strapagare un tre volte All Star di 29 anni. Di conseguenza hanno preferito strapagare una guardia di 25 che però non è mai stato sostanzialmente titolare in carriera e che non ha mai chiuso una stagione tirando con più del 39% dal campo (sic). Boh.

I Chicago Bulls hanno un core di giovani promettenti in frontline (Otto Porter, Wendell Carter Jr e soprattutto Markkanen) e con un po’ di soldini da spendere li hanno buttati quasi tutti su Thaddeus Young. Ri-boh.

I Phoenix Suns… vabbè, i Suns come sempre fanno più o meno tutto a caso e per sopramercato hanno dato 10 milioni a Frank Kaminsky. Serve altro? #DumbManagement

 

CATEGORIA 7: IO NON C’ERO E SE C’ERO DORMIVO

Infine, una categoria creata ad hoc per una e una sola squadra: i Cleveland Cavaliers, che poveretti forse non erano stati avvisati della free agency oppure erano tutti in vacanza sulle rive del lago Erie. Fatto sta che i Cavs non hanno compiuto una operazione che sia una, va bene azzoppati da un salary cap un filino intasato (144 milioni) di contratti tossici inutili persino per la raccolta differenziata (es. 15 milioni per Brandon Knight, no dico BRANDON KNIGHT) ma evidentemente incapaci di partorire una qualsiasi idea sensata per ovviare alla sfavorevole situazione.

Quanto sono lontani i tempi di LBJ…

3 thoughts on “Vincitori e vinti della free agency NBA 2019

  1. Articolo che mi sento di condividere, con qualche appunto personale. A mio parere i Clippers hanno preso il miglior f.a.disponibile(ok, anche KD era il Top, ma starà fermo 1 anno e l’attesa genera di solito mostri)e, in un team già solido possono puntare in alto, con un fenomeno e un ottimo giocatore come PG. I Lakers a mio giudizio non escono così sconfitti, cioè è una bella scommessa la loro: può andare bene(insomma LbJ+Monociglio+Cousins+Kusma non mi pare male, talento, centimetri, voglia di rivalsa ci sono)ma anche malissimo se la chimica di squadra non arriva e i troppi cervelli caldi si prendono a testate nello spogliatoio). Di sicuro puntavano a KL e al Re non viene data una squadra organica e affidabile, ma il Re ha portato in Finale i Cavs del 2018 una formazione simile ai Lakers del 2020. Anche per me i Jazz hanno fatto poco ma benissimo. I Bucks a mio parere hanno firmato il f.a.sbagliato, dovevano tenersi il play e lasciar andar via Middelton, ottimo giocatore ma con doppioni sparsi in lega. Denver veniva da stagione favolosa, non operare potrebbe significare: siamo a posto così, magari è vero, ma la NBA è lega dove tutto si muove veloce e stare fermi non è sempre scelta giusta. OKC a mio parere si prende 2 buoni giocatori e tante scelte nelle mani di uno come Sam Presti(per me ci tira fuori qualcosa di buono). Penso che RW se ne andrà e con lui potranno ricostruire. Dallas ha scommesso molto su ex-Kniks e ha rifirmato giocatori di sostanza. Non ho capito il riprendere Curry jr., giocatore buono, ma nulla di più. I Nets sulla carta hanno stravinto: KD ed Irving, grandiosi!, ma altra scommessa pesante: il tuo miglior giocatore è fuori per 1 anno, nel frattempo Irving come si sarà adattato? Parliamo di uno che ha ego enorme e che ha dimostrato che se le cose non vanno ci mette poco a farsi cedere. N.Y.? i principali sconfitti, non hanno preso nulla. Per me dovrebbero affidarsi alle sole scelte e rifondare con calma, per bene e non tentare scorciatoie, non sembrano bravi in ciò: risultato? per me prenderanno Russell Westbrook e manderanno tutto a p****. Warriors: vero hanno perso KD e Thompson rientrerà tardi, ma intanto hanno rifirmato un giocatore eccezionale come KT: difensore ed attaccante eccezionale, uomo squadra, non se ne trovano molti in giro. D’Angelo R. ai Nets aveva fatto benissimo e in un sistema rodato come GS potrebbe fare ottimamente. Ai p.o poi gli Warriors avranno Green, Curry e KT: facili da battere? secondo me, NO.
    Philadelphia 76: a mio giudizio Buttler era quello che faceva per loro: leader e uomo di esperienza per un gruppo di giovani stelle. Vero che hanno firmato Harris che è molto buono, vero che hanno un duo S-E che potrebbe essere ancora più forte prossimo anno, vero che Horford è giocatore utilissimo, ma ancora i 76 non mi convincono, magari mi sbaglio di grosso.
    Toronto aveva 1 sola missione e 1 sola speranza, rifirmare KL, hanno perso. Stop. Tuttavia la squadra è solida, a Est c’è spazio e possono riprovarci con calma, certo non punteranno al titolo.
    Celtics: impressione è di sconfitta, ma Kemba è buon giocatore, BD un allenatore vero e senza Irving magari Tatum potrebbe diventare una vera star di prima fascia, un anno fa ciò era ritenuto cosa certa.
    I Kings hanno tanto talento e sono profondi, potrebbero fare bene.
    San Antonio: non pervenuta.
    Suns: mah…..
    Hornets: ma dare un decadale a MJ?
    Cavs: essi sperano che la prossima stagione finisca prestissimo, come dare loro torto?
    Pacers: per me hanno firmato uno dei f.a.migliori disponibili.
    Blazers: sicuri che Lillard basti?
    Manphis: linea verde, da rivedere cosa accade.
    Bulls: altro mah…io non ho capito cosa stanno facendo.
    Rockets: piuttosto fermi, per puntare al titolo qualcun altro ci vuole.(Prenderanno RW?? e poi con Harden cosa fanno, si portano 2 palloni?)
    T-Wolves: due anni fa erano considerati la prossima contender: oggi hanno KAT che potrebbe essere un MVP, ma ancora nn ha fatto granchè in quella direzione, Wiggins che è strapagato e poco altro.
    Washington: per me liberarsi di D-Haward è già un affare, un grosso affare, ma in effetti appaiono poca roba.
    Atlanta: talento tanto, vediamo cosa accade.

    • Grazie, anche per il contributo supplementare. Anche secondo me i Lakers non sono male, ma di certo da questa FA si aspettavano qualcosa in più. Fossi stato nei Bucks più che a Middleton avrei rinunciato a Bledsoe, Butler a Phila non voleva restare. Alla fine Westbrook è andato a Houston (e Paul credo si muoverà ancora in direzione Miami o forse Lakers), in attacco credo che D’Antoni possa come sempre trovare la quadra ma il problema sarà in difesa, comunque è una scommessa che ci sta. Ciao

    • Sono d’accordo.. Volevo solo aggiungere una cosa. Golden state non ha più igoudala e Livingstone.. Secondo me sono queste le perdite più gravi..

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