Sono ben tredici gli anni passati dall’ultima qualificazione in postseason a Sacramento, parecchi dei quali vissuti senza alcuna speranza di ottenerla a causa di continue ricostruzioni non andate a buon fine o errate scelte dirigenziali.

In questa stagione, al cospetto di una Western Conference mai così feroce e altolocata, i Kings si trovano in “griglia” per ottenere uno degli ultimi posti disponibili col quale andarsi a giocare la serie ad eliminazione diretta in Aprile. E’ già questa una grande sorpresa per un team che ha iniziato l’anno senza alcun tipo di pronostico a favore, se non quello (l’ennesimo) di valorizzare i suoi giovani in roster.

Ogni sportivo e storico appassionato di basket non può non amare e provare simpatia per la franchigia di coach Joerger e soprattutto Vlade Divac, al quale bisogna (finalmente) battere le mani per ciò che oggi è riuscito a costruire. I due sembrano aver trovato la quiete dopo i periodi bui di qualche settimana fa che vedevano l’allenatore discutere animatamente e imbufalirsi con la dirigenza, in particolar modo verso l’assistente GM Brandon Williams.

L’executive ha messo su una squadra in piena lotta per qualcosa di importante, giovane nei suoi migliori giocatori, ritoccata in esperienza e qualità nella sessione di mercato invernale senza diminuire lo spazio salariale – che raggiungerà quasi i 60 milioni in estate – con l’arrivo di Harrison Barnes e Corey Brewer per Shumpert e Justin Jackson ma che soprattutto, grazie ad un moderno coach nemmeno quarantacinquenne, è libera di sprigionare l’enorme talento offensivo che la pone tra le prime 7 per punti a partita a fronte del 27° posto per quelli concessi.

L’ex Dallas in particolare, giunto per coprire i buchi della rotazione, si sta rivelando l’acquisto più azzeccato, soprattutto alle condizioni con cui si è concretizzato (Jackson e Randolph). L’addio a Shumpert invece ha lasciato un po’ di malumore, ma è servito a scommettere su un altro profilo ricco di talento ancora inespresso (Burks) e a concedere maggior minutaggio ai top players in squadra.

E’ una squadra con un quintetto con una età media appena superiore ai 23 anni che diverte, crea spettacolo e soprattutto vince più del previsto. Il record superiore al 50% a un quarto di regular season ancora da disputare col numero di vittorie del 2017 già ampiamente superato, rappresenta uno straordinario successo per tutto lo staff, con l’unico rimpianto di “vivere nella Conference sbagliata”.

Classe, sfrontatezza e mentalità sbarazzina sono le caratteristiche che fanno innamorare di questo gruppo che sul parquet, sia per il look che per un magistrale ed infinito ball movement, sembra un mix tra gli Harlem Globetrotters e i Jackson Five.

La paura non è di casa in questa parte di California e contro qualunque avversario si cerca di imporre il proprio gioco anche a rischio (come detto) di imbarcare tanti punti a livello difensivo. Scorrendo infatti il calendario si trovano eccellenti scalpi d’autore (Okc 3 volte, Blazers, Jazz e Spurs) e si è perso solo sulla sirena giocando a testa alta e alla pari con i più forti dell’intera lega (Bucks e Warriors)!

L’ultimo e nuovo infortunio al ginocchio per Marvin Bagley è l’unica nota stonata per i Kings, che non si strapperanno certo i capelli in caso di mancata qualificazione ai playoff, ma che perdono per un po’ il prospetto più interessante a con caratteristiche dominanti per il futuro: agonismo, agilità e fisico verranno a mancare in modo determinante.

Il suo febbraio è stato maestoso con 16 punti di media dimostrando miglioramenti anche da oltre l’arco. L’ex Duke, seconda chiamata al Draft 2018, è una delle ragioni del grande cammino di Sacramento, la novità che ha sparigliato le carte e al quale affidare, in coppia con Fox, una lunga dinastia.

De’Aaron è semplicemente il motore del gioco e la chiave di un perfetto meccanismo offensivo basato sul contropiede e sulle combinazioni con Buddy Hield, leader ancora giovanissimo (26 anni) di un gruppo che guida per punti e minuti.

Il ventunenne da Kentucky, quinta scelta al primo giro 2017, progredisce mese dopo mese in ogni tipo di statistica e nonostante l’età fa vedere doti di comando inconsuete. Identica la situazione per il bahamense, divenuto ormai all’età della maturità una certezza, sicuro dei propri mezzi, riferimento a cui i compagni affidano spesso i possessi più importanti nel quarto finale: Cousins è un lontano ricordo. Senza il neo Warriors ha trovato la maturità anche Willie Cauley-Stein, importante presenza fisica nella propria retroguardia.

Se i Kings si sono trasformati lo si deve anche alla crescita di Bogdan Bogdanovic. Il serbo, strada facendo, è entrato sempre di più nei meccanismi di Joerger risultando spesso decisivo con soluzioni allo scadere. Con Barnes ad aprire sul perimetro gli spazi per i velocisti dentro al pitturato, si potrebbero creare nuove ed affascinanti soluzioni che offrirebbero inconsuete variabili ad una fase offensiva già pericolosa ed imprevedibile di suo, anche alla luce del previsto stop di MB#35.

Manca relativamente poco al termine della stagione regolare e un gruppo così inesperto, più che per l’età per la mancanza di approccio a big match, potrebbe penare nell’affrontare le prossime partite come fossero finali dato che la classifica vede dal sesto al decimo posto non più di 4/5 incontri di differenza. Lakers, Spurs, Jazz e gli stessi ridimensionati Clippers rappresentano avversari ricchi di classe e maturità con giocatori ultra veterani a livello di postseason.

A parte questo possiamo concludere che il futuro è roseo con Fox e Bagley per almeno dieci anni a venire mentre Bogi e Buddy raffigurano gustose merci di scambio per attaccare a fine anno qualche top player difensivo o per allungare una rotazione insufficiente: le uniche lacune attuali. Da un team così spettacolare con un giovane coach ricco di idee e un GM pieno di iniziativa presumiamo numerose soddisfazioni a Sacramento, magari già nella prossima primavera.

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