Dopo numerose stagioni con dignitose apparizioni in postseason, i Grizzlies 2018-19 sono scesi sul parquet dopo un’orribile annata, con appena 22 vittorie e il ruolo di fanalino di coda (o quasi) del selvaggio West. Per questo motivo le aspettative non erano delle più rosee dalle parti del FedEx Forum.

Un folgorante e sorprendente inizio però, ha permesso allo staff e al giovane coach J.B. Bickerstaff di cominciare a pensare in grande e sperare di ritornare subito ai playoffs.

Dalla sconfitta in overtime in California contro i Clippers di fine novembre qualcosa si è invece inceppato e i sogni di gloria, iniziati dopo un ottimo 12-5, si sono assopiti riportando coi piedi per terra tutto l’ambiente.

Ovviamente la debacle del 2017 è già superata con un record attorno al 50% ma quel che il GM Chris Wallace a questo punto ha provato a fare è stato cercare di migliorare un roster che evidentemente così come è lascia qualcosa in profondità rispetto alle altre contendenti per le posizioni che vanno dalla sesta all’ottava.

Dopo la rinuncia ad Andrew Harrison con relativo risparmio salariale, aver firmato Joakim Noah, rilasciato ad ottobre dai Knicks e vecchio pallino della dirigenza, è stato a nostro avviso un buon colpo per l’esperienza che il figlio d’arte aggiunge al reparto lunghi.

Successivamente il patatrac di una trade organizzata ma poi andata in fumo, che avrebbe in pratica coinvolto Memphis, Washington e Phoenix, ha però fatto saltare il vero colpo che il general manager aveva in mente.

L’arrivo di Kelly Oubre, che l’allenatore avrebbe accolto a braccia aperte, non si è concretizzato perchĂ© – incredibile ma vero – i due team avevano confuso il Brooks che sarebbe dovuto andare in Arizona (Dillon per i Suns, Marshon per i Grizzlies). Alla fine, bypassando Wallace e i suoi, le restanti due squadre hanno trovato un accordo che ha portato Trevor Ariza nella capitale e lasciato finora Bickerstaff senza l’aggiunta di valore.

Era d’altronde impensabile privarsi del ventiduenne di Oregon College, un’assicurazione sui tempi a venire, grande tiratore sulla carta e ragazzo che ringiovanisce l’etĂ  media di un team ricco di esperienza.

Il problema quest’anno è che la Western è una conference “lunghissima” con team colmi di qualità e talento tutti perfettamente in grado di superare gli orsi nella terribile corsa playoff.

Ciò che permette di sognare e di affrontare ogni avversario senza paura raccogliendo scalpi importanti è il ritorno sul parquet di Mike Conley dopo i soli 12 incontri disputati nel 2017. Il suo rientro automaticamente migliora anche le prestazioni di Marc Gasol, entrambi scelti da Memphis al Draft 2007 e da allora mai mossisi da qui.

Ancor oggi il pick and roll tra i due è il punto di forza e marchio di fabbrica della franchigia di Tennessee, con la coppia che performa un net rating tra i più alti nella lega dando al roster un peso specifico immenso. Il play è il primo nella storia dei Grizzlies per partite disputate, assist, tiri da tre a bersaglio e palle recuperate mentre il catalano è il re dei rimbalzi catturati.

Ancora più letale il duo lo è divenuto negli anni grazie all’evoluzione di Gasol nell’uscire e tirare dall’arco e nell’effettuare passaggi per i compagni arrivando oggi, come centro, ad essere dietro in specialità solo a due mostri sacri come Jokic e Davis.

L’addio a Tyreke Evans è stato forse il prezzo da pagare dopo il desolante finale di stagione per una società di solito molto conservativa negli acquisti e cessioni. Il tuttofare passato ai Pacers è stato finora sostituito da elementi abili a “completare” il gioco e ad essere utili in situazioni collettive più che di isolamento.

Dagli Spurs Kyle Anderson è riuscito a sprigionare il suo talento offensivo solamente a sprazzi, anche se il suo dicembre ha registrato ottime performance contro Cavaliers, Pelicans e nelle sconfitte ad Oakland, Sacramento, Portland e Houston.

Garrett Temple e Omri Casspi sono stati acquisiti come chioccia per i giovani in un roster dove la vecchia guardia la fa sicuramente da padrone. Il primo sta disputando una buonissima stagione guadagnandosi da subito un ruolo nello starting lineup con ottime percentuali al tiro, in particolar modo dalla lunga distanza dove eccelle tra i compagni con più di quattro tentativi a partita con quasi 50%. E’ in ottima forma e l’unico nell’ultimo e sfortunato periodo ad aumentare le medie con 13 punti a partita. L’israeliano, sempre tosto e fisico, viene però utilizzato col contagocce finora.

L’allettante quarta scelta al Draft si sta dimostrando un grande colpo: Jaren Jackson Jr, power forward moderna, super atletico e dalla ottima mano, dal punto di vista offensivo è secondo solo ai due big e uomini franchigia con la miglior percentuale al tiro dietro a Casspi ma con il triplo dei tentativi. I suoi 25 minuti a partita sono segno di grande fiducia da parte del coach. L’unico neo è il fisico ancora poco massiccio che lo penalizza a volte nella fase di difesa del ferro.

Se in difesa elementi atletici e aggressivi hanno ottenuto i risultati prestabiliti riportando una squadra storicamente forte in questo settore al vertice, in attacco non si è trovata un’alternativa ai giochi dei Big Two e del rookie.

Lo stesso Dillon Brooks, scampato il pericolo trade e col 36% da tre nel 2017, non si sta rivelando un fattore – a parte il boom nella sconfitta coi Celtics – lasciando come altri la propria squadra nelle ultime posizioni per tentativi e percentuali da fuori dall’arco.

Il primo posto di qualche tempo fa è oggi un miraggio visto anche l’ovvio assestamento di squadre più attrezzate a primeggiare (Warriors, Thunder, Lakers, Rockets e Spurs) e altre dimostratesi quest’anno più fresche e profonde come Nuggets e Clippers.

Coniugare l’esperienza di Conley, Gasol e Temple e l’atletismo di Green e Jackson a transizioni offensive più rapide (Anderson), utilizzando maggiormente il perimetro (Brooks), potrebbe però essere l’arma vincente per far salire il livello dell’attacco a quello di una forte e feroce difesa.

 

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