Spesso non è facile scrivere i recap delle partite NBA, sia nei casi in cui la partita è stata tirata fino all’ultimo, perchè è complicato riuscire a trasmettere con parole scritte le emozioni di un finale punto a punto, sia in quelli in cui la partita in pratica non è mai esistita, perchè una delle due squadre ha dominato dall’inizio alla fine mentre l’altra in pratica non si è presentata.

Barrare l’opzione B per quanto riguarda Gara 3 tra Cleveland e Boston. I Cavs hanno schiacciato l’acceleratore fin dalla palla a due, stringendo (era ora) le maglie della loro difesa e cominciando a bombardare da tre il canestro degli avversari, che non sono mai parsi in difficoltà in tutti questi playoff quanto ieri sera. Risultato? 15 punti di vantaggio per James e compagni a fine primo quarto, 20 alla fine del secondo, 24 alla fine del terzo e 30 alla sirena finale. Insomma, una partita che in pratica non c’è mai stata, perchè LBJ ha finalmente trovato un’adeguata collaborazione dai compagni e perchè lo spirito combattivo della truppa di Brad Stevens è rimasto negli spogliatoi del Massachusset.

Difficile capire dove finiscano i meriti di una squadra e dove comincino i demeriti dell’altra. Come detto, Cleveland si è applicata molto di più in difesa rispetto a quanto avesse fatto al Garden. Non che ci volesse poi molto, ma si sono viste migliori rotazioni difensive, soprattutto sul perimetro e nella marcatura di Al Horford, e un po’ più di comunicazione tra i giocatori. Da qui non mi sbilancerei a dire che i problemi difensivi di Cleveland siano ora definitivamente risolti (a naso direi di no) o che in Tyronn Lue si sia improvvisamente trasformato in Pat Riley (men che meno). Però, come sempre quando hanno avuto le spalle al muro, i Cavs hanno reagito con orgoglio ed energia riportando la serie, se non ancora in equilibrio in termini strettamente numerici, perlomeno su un terreno di battaglia in cui entrambe le contendenti hanno ampie possibilità di avanzare al turno successivo.

Boston invece è apparsa scarica e quasi demotivata, come se avesse già deciso di rinunciare a questa gara per concentrare tutti gli sforzi di conquista del parquet dell’Ohio nella prossima partita. Strategia pericolosa, perchè se dovessero tornare al Garden sul punteggio di 2 a 2 la pressione tornerebbe tutta sulle spalle dei biancoverdi, ma dubito che sia questa la spiegazione di quanto accaduto. Dopo quattro giorni di riposo non poteva essere un problema di energie e soprattutto quando sai di giocare contro il miglior giocatore del pianeta vuoi prenderti tutte le possibilità per tenere lui e i suoi compagni il più distanti possibili dalla tua giugulare. Più probabile che la gara sia cominciata male e che poi la china sia diventata troppo ripida da risalire, rendendo inutile spendere troppe energie nel futile tentativo di imbastire un’improbabile rimonta.

Parlando un po’ dei singoli, come sempre LeBron non ha fatto mancare il suo contributo. 27 punti (con 12 economicissimi tiri) e soprattutto 12 assist, utili a mettere in ritmo i suoi compagni sul perimetro. Cleveland ha chiuso la gara con 17 su 34 da tre punti: Korver (4), Hill (3) Smith (3), Clarkson (3), lo stesso LBJ (3) e Love (1) hanno tutti a turno infilato tiri pesanti che sono stati fondamentali a scavare un solco insormontabile per gli avversari e a ricacciare indietro i timidi tentativi di riavvicinamento. Si è rivisto in campo Larry Nance anche prima del lungo garbage time, George Hill ha disputato un fantastico primo quarto e finalmente JR Smith ha trovato il modo di non essere completamente dannoso per i suoi, mentre Love ha dato battaglia sotto le plance anche se è stato il più impreciso al tiro dei suoi (4 su 12 dal campo).

In casa Celtics tutti dietro la lavagna a parte il solito Jayson Tatum, per il quale è ormai ovvio che la carta d’identità sia stata pesantemente contraffatta. 18 punti con 6 su 10 per l’ex Duke, unico a salvarsi (forse assieme a Terry Rozier) di una banda che mai come ieri è sembrata in difficoltà nel reggere l’urto fisico con gli avversari. Male Brown, malissimo Morris e poco coinvolto Horford, su cui i Cavs hanno detto di essersi particolarmente concentrati a riprova della sua enorme (e a volte sottovalutata) importanza negli equilibri dei Celtics.

E ora? Che Gara 4 ci dobbiamo aspettare? La più affidabile legge dei playoff prevede che i comprimari riescano ad esprimersi al meglio tra le mura amiche ma che lo facciano molto meno in trasferta. Le prime tre partite di questa serie hanno confermato questo assunto, con le seconde linee di Cleveland invisibili in Massachusset che sono invece magicamente rinate una volta tornate a respirare l’aria della Quicken Loans Arena. Se i vari Smart, Baynes e Morris riusciranno a non ripetere le brutte prestazioni di ieri notte allora i Celtics avranno una chance di reggere l’urto di LeBron e compagni, che hanno fatto un passo nella giusta direzione ma sono certamente consapevoli che anche in Gara 4 non potranno permettersi di sbagliare, pena un ritorno a Boston sotto 1 a 3 che diventerebbe complicatissimo da gestire.

C’è comunque da essere abbastanza sicuri che nel caso se ne fossero dimenticati ci sarà un certo giocatore con il 23 pronto a ricordarglielo.

One thought on “Eastern Conference Finals. Il recap di Gara 3

  1. Difficile vedere ai playoff una squadra più brutta dei Cavs (OKC a parte).
    Se esistessero gli dei del basket la finale sarebbe Oakland-Boston, con successo degli onnipotenti gialli (per stavolta).

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