Il 2 agosto del 1995 ero un diciottenne appena diplomato, di belle speranze, un look orrendo e l’approssimarsi del mio periodo universitario alle porte.

Sinceramente non ricordo, né mai ricorderò, vista la mia propensione a dimenticare persino la colazione di stamane, cosa stessi precisamente facendo quel giorno. A distanza di 22 primavere posso solo appurare che il 2 agosto, in una cittadina portuale lettone veniva alla luce un bambino che sarebbe presto diventato speciale. Ma questa è un’altra storia.

Dal Baltico agli states, sponda New York, ne passa di acqua sotto i ponti. E questa è una storia recente, fatta di fischi e lacrime di infanti al draft del giugno 2015, quando i Knicks selezionarono con la quarta scelta questo semisconosciuto ragazzo lettone di 2.20 metri reduce da un paio di stagioni in crescendo nella splendida Siviglia.

Scommettiamo che sono gli stessi che oggi lo applaudono a mani basse… questa è New York.

Una storia d’amore nata sbagliata, come avrebbe cantato il compianto Fabrizio de André, e che avrebbe potuto finire peggio se un certo maestro Zen non avesse fatto il suo tempo dalle parti del Madison Square Garden la scorsa estate. I malumori del finale di stagione 2016-2017 hanno lasciato spazio ad un inizio di stagione corrente che si potrebbe definire sensazionale.

Il ragazzo si farà, e qui entra in gioco il concetto allargato di ciò che sono i New York Knicks, ed in genere la grande mela associati al gioco della pallacanestro.

La franchigia è da anni la barzelletta della lega, team ricchissimo e sciagurato, di proprietà di tale James Dolan, menestrello più adatto ad un film dei fratelli Vanzina, col solo pregio di essere figlio del fondatore della Cablevision (googlare per credere direbbe il compianto Guido Angeli) ed oggi presidente della Madison Square Garden company e MSG Networks. Se vi va di perdere 3’07” della vostra esistenza, potete ascoltare la sua performance di Better find a church, così mi saprete dire cosa preferite del video.

Nonostante i tentativi di dilapidare il patrimonio di famiglia, ed i Knicks, passando per il “velato” commissariamento di David Stern, il nostro menestrello è riuscito a far ridere più di mezza NBA creando un’aurea di ridicolo su una delle franchigie più enigmatiche e meno vincenti della storia NBA.

Gli errori gestionali dal 2000 in poi sono talmente tanti che risulta impossibile elencarli. Il più recente è stato appunto il quasi divorzio da Porzingis, mentre la mossa di cedere l’ex croce e delizia del Garden Carmelo Anthony si sta rilevando più lungimirante di quanto in molti si sarebbero aspettati. Certo è prematuro trarre delle conclusioni a metà novembre, ma qualche spunto interessante lo si può analizzare.

Iniziamo con il licenziamento di Phil Jackson, inevitabile, dovuto e senza rimpianti. Una presidenza fallimentare, ed una gestione ottusa del front office ed influenze tecniche che hanno rischiato di sfasciare quel poco di buono che la franchigia aveva fatto sotto la sua guida. In particolare la scelta di Porzingis ed altri giovani interessanti. Il Max Pezzali nazionale canterebbe a squarciagola nessun rimpianto, nessun rimorso. Non me ne voglia l’artista pavese, che non rientra nella lista dei miei preferiti, ma mai tali parole furono più azzeccate.

La cessione di Anthony invece era inevitabile, dopo i fischi dello scorso anno e la faida con Jackson, Melo era diventato il capro espiatorio dei Knicks. Il giocatore non si discute, tantomeno il suo talento, ma personalmente credo sia stato un bene per lui e per i Knicks prendere strade separate. Melo non era e non è il giocatore che ti cambia il destino di una franchigia.

È un realizzatore sopraffino, ad oggi con gli anni migliori alle spalle, che ti fa vincere quelle sei, sette partite in più all’anno, nulla più. Gli auguro fortuna da secondo\terzo violino in quel di OKC, ma per NY era oramai un peso. La sua leadership era un esempio distorto per i giovani, e sebbene a detta di tutti fuori dal campo abbia dato dimostrazioni di essere un leader, dentro il campo non sempre lo è stato.

Lo confesso, il suo ISO style mi è sempre stato sul gozzo, anche quando faceva canestro, perché andava a discapito della fluidità del gioco e nuoceva al concetto stesso di squadra. Le serpi che lo hanno bistrattato sono già pronte ad accoglierlo da trionfatore al suo ritorno, ma anche questa è Nueva York.

Non è un caso che la cessione di Melo e l’abbandono del triangolo stiano facendo emergere il reale sistema di coach Hornaceck, visto a sprazzi ai Suns, seppur perdenti.

La presenza di KP nel sistema dell’ex giocatore di Utah consente di sfruttare al meglio il materiale umano a disposizione con attenzione alle spaziature, al pick n’ roll o pic n’ pop (grazie al lettone) e con cambi degni finalmente di una buona difesa.

A dire il vero dopo le prime tre sconfitte la sua panca sembrava già vacillare, al momento sta estraendo il massimo da un gruppo che sulla carta non dovrebbe nemmeno pronunciare la parola play off. Coach Jeff sembra ora l’uomo giusto nel posto giusto perché ha materiale da plasmare senza troppe pressioni, almeno per ora.

È un coach attento ai giocatori, non più schiavo del triangolo tanto odiato da tutti a parte Zen Master, che forse in un remoto angolo del Montana starà facendo una battuta di caccia al triangolo…

Il roster dei Knicks è in molti casi un work in progress (Ntilikina, Hardaway, Kanter, per certi versi lo stesso Porzingis), una scommessa (McDermott, Beasley), pura voglia (O’Quinn, Thomas), cestisti in attesa di sistemazione (Lee) o ex giocatori (Noah, Sessions).

Tra i delusi c’è Willy Hernangomez che quest’anno, alzi la mano chi non lo pensava, credeva di aver diritto a ben altro spazio. Tra le sorprese Jarret Jack, su cui non avrei scommesso un penny ad inizio stagione e che ora si è ritagliato un posto in quintetto, a discapito di Kuzminkas, in attesa della maturazione del francesino.

La bellezza ed il punto di forza di questa lega è che quando pensi che nessuno possa eguagliare i campioni del passato o del presente, taaaac dietro l’angolo ti spunta un diamante grezzo. Oggi uno è a New York e ne sentiremo parlare per i prossimi 10/15 anni. KP è il futuro del 4 insieme ai vari KAT o Embiid (da 5), Antetokoumpo (da 3), Simmons, rappresentano la nuova generazione di élite superstar della sempreverde NBA.

Tornando ai Knicks, avere un’ala forte di 221 cm con un jumper rapido rilasciato ad altezze siderali, che tira da tre con la prontezza e la velocità di una guardia, e con una discreta propensione alla stoppata, è roba da unicorni. Ma ciò che mi sorprende ancor di più del lettone è la velocità della sua curva di apprendimento.

Ha un QI fuori dal comune che gli consente di sfruttare i mismatch con qualsiasi avversario, ed ha imparato a leggere gli aggiustamenti delle difese avversarie. Lo testimonia il 50% scarso dal campo, il 40% abbondante da tre e l’82% ai liberi, tradotti in 29 punti a partita, 7 rimbalzi abbondanti e 2.6 stoppate a partita.

Jackson non lo riteneva pronto per essere un leader, e KP lo sta smentendo prontamente visto che è il fulcro di questi Knicks, forse nemmeno i più ottimisti potevano prevedere questo impatto. Le ragioni sono secondo me semplici, la pochezza del roster che lo circonda gli da tantissimo spazio, ma il baltico se l’è saputo prendere con sicurezza e naturalità, trasmettendo queste sensazioni ai compagni di squadra.

Non è un caso che gente come Kanter o lo sconosciuto Ntilikina stia giocando sopra le aspettative, lo stesso Hardaway, contrattone a parte, da secondo violino sembra essere molto a suo agio. Per incrementare la sua efficienza KP dovrebbe migliorare la sua media assist, specie quando attrae raddoppi o viene triplicato, probabile che vi sia un miglioramento già dalla seconda parte di questa stagione.

Durante la partita coi Suns in pochi secondi ha fatto vedere cosa può fare in difesa (recuperando una sua palla persa) e come può essere devastante in attacco.

Ancor più emblematica questa stoppata e recupero coi Nets. KP tende a stoppare con recupero rispetto a tanti super atleti che si divertono a lanciare la palla verso il pubblico.

Inoltre Porzingis è molto reattivo e sfidarlo in verticale a ridosso del ferro è spesso una pessima idea

Se in difesa il lettone è migliorato molto, l’attacco è ancora meglio. Dicevo della sua fluidità e velocità di tiro che l’anno scorso gli è quasi valsa un game winner a Charlotte.

Ma ciò che sorprende ulteriormente in questa stagione è il range di tiro, come dimostrato contro i Nuggets, dubito che Jokic si aspettasse una bomba con quella prontezza e da quella distanza, così da indifendibile diventa illegale.

Lo scorso anno lo ha sperimentato anche Antetokumpo, uno che sta facendo faville questa stagione ma che è passato tra i tentacoli del numero 6, che come spesso accade dopo una giocata difensiva ha messo il punto esclamativo in attacco

Inoltre l’unicorno legge benissimo le situazioni a rimorchio o i potenziali sviluppi di un’azione, vedere questa comeback slam contro Washington lo scorso anno.

Stupisce solo in parte che non sia migliorato a rimbalzo, il motivo si chiama Enes Kanter. Ma anche questa è una situazione favorevole ai Knicks, che si pensava essere i perdenti della trade con i Thunder che ha portato in dose il turco e Doug McDermott. Kanter è centro vecchio stile, con poco range di tiro, che ama giocare nel pitturato ed andare a rimbalzo, con un istinto per la carambola offensiva davvero di primordine.

L’ex Thunder è un dilemma da fantabasket, capace di inanellare cifre mostruose per il minutaggio ma in contesti poco favorevoli alla squadra per cui gioca. Post trade c’è chi lo dava partente dalla panca in favore di Hernangomez, invece il turco si è preso il ruolo di starter ed ha da subito contribuito in attacco e a rimbalzo offensivo come ci si aspettava o forse meglio.

Inoltre è un team player, basta fare un giro sul suo profilo Instagram o vedere la faida con Lebron.

Ciò che sorprende è la parte difensiva del suo gioco. Enes non è mai stato un gran difensore, anzi, ma nel contesto giusto sta dimostrando che può sopperire ai suoi limiti massimizzando la sua efficacia. Nello specifico non gli è richiesto di difendere forte sul pick n’ roll avversario perché può avvalersi dei tentacoli di Porzingis in aiuto, il che gli consente di focalizzare maggiormente l’attenzione a rimbalzo, che in questo caso è la specialità della casa.

Kanter non è un pessimo difensore in assoluto, ma è troppo lento e spesso fuori posizione. La presenza di KP gli ha trasmesso fiducia, ne riduce i limiti grazie agli aiuti del lettone e gli consente di focalizzarsi sulle spaziature difendendo l’area, tagliando fuori ed andando a rimbalzo difensivo senza soffrire troppo gli scambi su giocatori più rapidi che lo metterebbero inevitabilmente in difficoltà.

Chi sta sorprendendo in positivo è Frank Ntilikina. Il francesino è un classe 1998 che in molti, me compreso, ritenevano acerbo a questi livelli ed alla sua età. Ma una cosa i Knicks la sanno fare bene, scovare i giovani talenti.

Per Ntilikina New York ha deciso di non prendere Dennis Smith Jr, che a Dallas sta facendo vedere grandi cose ma che nel contesto attuale dei Knicks avrebbe probabilmente avuto meno senso del francese. Ntilikina è infatti una point guard che sta portando a New York ciò che serviva come il pane, difesa sugli esterni.

Il ragazzo è veloce, ha mani svelte come testimoniano i due recuperi di media a partita, ed ha un’apertura alare fuori dal comune per un play (216 cm!!). La partita di Cleveland è un buon esempio delle sue qualità difensive, ad oggi la propensione la recupero, la reattività e la prontezza sui cambi. In aiuto è secondo me già un buonissimo difensore, le lunghe braccia gli consentono di contestare il tiro a gente più alta di lui, mentre c’è margine di miglioramento nell’uno contro uno specie quando buca l’anticipo.

Non volerà al ferro come Smith ma per buona pace di Lebron è un pezzo che si completa a dovere con Porzingis. In attacco i margini di miglioramento sono notevoli, deve lavorare sul palleggio e sulla tendenza ad usare troppo la destra, che a questi livelli ti rende troppo prevedibile.

La meccanica e la tecnica di tiro sono buone, forse servirebbe maggiore velocità, ma da questo punto di vista credo che i margini di crescita siano davvero notevoli considerando che parliamo di un diciannovenne europeo.

http://www.espn.com/blog/new-york/knicks/post/_/id/66873/knicks-say-frank-ntilikina-has-matured-fast-is-a-driving-force-behind-clubs-success

Secondo me Hornaceck lo sta gestendo magnificamente, utilizzando Jarret Jack come starter per permettere piano piano al francesino di prendere sempre più confidenza. Non mi stupirebbe vederlo starter già dopo l’all star game, anche vista la pochezza degli altri play newyorkesi.

Dicevamo inoltre del suo feeling con Porzingis, la visione del francese associata alla tecnica e visione di gioco del lettone potrebbero fare la fortuna dei Knicks negli anni a venire. Il lettone è già una stella, Ntilikina potrebbe essere un Parker 2.0 più atletico e con più tiro.

A New York, sponda Knicks, il vento cambia velocemente, così come gli umori di stampa e tifosi, ma questo team sta facendo innamorare un po’ tutti, perché da papabile tanker si sta riscoprendo competitivo ad est. La rosa è nettamente inferiore ad altre franchigie, ma se KP tiene botta questi livelli possono lottare per un posto in griglia in attesa di maturare ulteriormente.

Le preoccupazioni nascono infatti dalla salute di Porzingis, visti i casi visti in precedenza legati alla salute di giocatori sopra i 2 metri e 20. Il Lettone ha lavorato sodo in palestra, e sebbene si sia rafforzato ha un fisico longilineo, il che dovrebbe in parte preservarlo rispetto ad esempio ad un Yao Ming.

Certamente i Knicks cercheranno di preservare un capitale enorme, anzi se la stagione dovesse continuare con in questo modo, il ragazzo potrebbe assaporare l’aria dei play off in attesa che il front office gli affianchi più talento possibile per puntare in alto. Ma questo è un altro discorso e se ne riparlerà in fase di rinnovi e scadenze di precedenti errori dirigenziali (tipo quando mancherà un anno alla scadenza del contratto di Noah).

I Knicks sono giovani, inesperti e foolish. Nella Grande Mela non ci sono più dubbi su quale sia la squadra migliore, tanto meno quale sia la stella più splendente di Broadway, speriamo continui così.

Stay tuned

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