(o anche Dub Tales, Chapter 2: HOU@GSW)
(o anche Dub Tales, Chapter 2: La cerimonia degli anelli)
(o anche Dub Tales, Chapter 2: Prima vedi dal vivo Durant e poi muori)

Da dove iniziare?
Sono rintanato con un caffè gigante nella sala media della Oracle arena con altri 30 giornalisti circa ed una asiatica che mi vorrei sposare, che guardo la gara mentre gli altri lavorano (credo, magari alla fine sono fancazzisti come me).

Sono uscito un attimo dal casino incredibile dell’arena per riprendermi dalle emozioni assurde che mi da essere qua. Prima di tutto sento un senso di irrealtà che è difficile da spiegare: mi sembra ieri che ho chiuso il pc dopo aver visto il trofeo sollevato (a pochi passi da qua poi) mentre commentavo la gara per Play.it USA, ed oggi sono qua che sbaglio una porta, trovo Iguodala che sta facendo un po’ di pesi mi guarda un po’ stranito e mi fa:

Iguodala (Andre, quello vero): Hey man, what’s up?

Luca (sempre io): Quite well. (pausa di 4 o 5 secondi) How is your back?

Iguodala (Andre, quello vero): Could be better.

Buona risposta.

E’ che scacciare il sentimento da bambino che entra a Disneyland e si trova davanti a topolino è difficile ma ci provo: iniziamo a scrivere più seriamente.

Volevo arrivare due ore prima per fare tutto con calma ma mi sono scrontrato con il solito traffico da commuting della silicon valley (vi prometto una mini nota esplicativa nella prossima puntata). Risultato? 40 miglia in 120 minuti e almeno 200 santi che volavano qua e là per la freeway 880 che da San Josè arriva dritta qui:

Arrivato alla oracle lo scenario è abbastanza tipico per questa parte del mondo, gli americani nei “riempimenti” sono pur sempre i migliori al mondo; qui ovviamente, casa dei campioni in carica, è tutto ai massimi livelli: cibo, deejay, giochi a premi, canestri per fare gare multiple, chioschi di birra, chioschi di churro.

Qualsiasi pasto commestibile vi conceda la vostra fantasia, qui è in vendita in un apposito chiosco, solitamente insieme ad una discreta quantità di gadget.
I poteri concessi da Play.it USA mi fanno parcheggiare vicino (e gratis, che male non fa mai) e superato il primo check in mi trovo in fila ad aspettare vicino ad un tipo lievemente alto, scuro di carnagione e stranamente conosciuto che poi si è rivelato essere Festus Ezili. Iniziamo bene.

Inizia il giro multiplo della oracle arena esplorando qualsiasi anfratto possibile ed intramezzandolo con foto e sguardi attenti al riscaldamento di quei giocatori che, fino ad oggi non è che pensavo vivessero proprio nella televisione, ma che fossero reali reali non ci ho creduto mai.

Se cercate fisici da NBA, bussate ad altre porte, grazie.

Non perdo troppo tempo a commentarvi tecniche di tiro, canestri continui, retine stracciate.
Parliamo di dimensioni: Curry è più o meno come te lo aspetti, un ragazzetto dalla faccia simpatica, abbastanza secco, si vede che più che pettorali ha le tettine ma va bene così.

Mi passa davanti James Harden, letteralmente, e lì iniziano le sorprese.

Non solo è grande nel senso esteso del termine, è anche parecchio più alto rispetto a come te appare in TV. Anche lui farebbe bene a limitare un po’ di più i carboidrati ma ha una struttura solidissima.
Fa una seduta di tiro abbastanza tranquilla ma lunga. Prova un po’ di partenze, rispetto agli Warriors che si scaldano a ritmo rock, il barba esegue una sorta di liscio, gioca con la stampa, fa un po’ lo scemo. Il Barba, in sostanza.

CP3 manco si presenta, altri (stavo per scrivere colleghi ma mi sono vergognato e ho cancellato) mi dicono che è stato il primo ad uscire dagli spogliatoi -concentratissimo- e poi è rientrato una quindicina di minuti fa.

Steph si guarda intorno, fa un cenno al suo allenatore personale e poi al pubblico.
Parte un boato.
Tutti sanno già cosa sta per accadere e un po’ anche io, ma mi sembra di vivere in differita.

Steph si avvicina al corridoio, lo stesso da cui sono entrato 10 minuti fa, passa la palla al solito assitente alla sicurezza, prende la tripla dagli spogliatoi.

La mette.

Sono ancora in pochi quelli seduti alla Oracle (manca un’ora in pratica) ma scende giù il palazzetto lo stesso e poi tutti li affacciati nel tunnel per un autografo.

Esce KD ed io rimango ipnotizzato per almeno 3/4 minuti.
Credetemi, è incredibile.
Non è che non si capisca bene quanto sia alto e lungo di braccia, dal vivo è proprio irreale, il termine “Freak of Nature” è perfetto, non aggiungerei nient’altro.

Precisazione: non è che sia la mia prima volta in un palazzetto NBA, ho visto la Boston del titolo nei playoff, ho visto l’opening al Garden dei Big 3 di Miami ma qui è diverso.
E KD è diverso da tutto quello che abbia mai visto.

Cioè magari quelle cose le hai già viste, ma da gente alta 185, e forse nemmeno con quella fluidità.
Continuo a non condividere il fatto che si scaldi con il cuffioni del dr. Dre (come del resto anche Harden) ma è una questione estetica più che sportiva: sono parti della Black culture, un po’ come il pettine incastrato nell’afro, che non capirò mai, credo.

RIentra Durant e rientro un po’ anche io passando per:

  • L’incontro con Iguodala
  • La conferenza stampa con Festus Ezili mezza vuota (forse 4 persone)
  • Rick Barry bello come non mai
  • Tutta la truppa di TNT
  • LA preparatrice bionda degli Warriors che mi manda via dalla panchina dove mi ero “infrattato” per fare un paio di foto.

Ci sta.

Sono arrivato qua con la convinzione che Cleveland quest’anno si riprenda il titolo.
Ho visto lavorare 4 minuti scarsi Durant, per i cazzi suoi, senza avversari, con le cuffie e quando mi siedo ho già perso le speranze: rivincono loro.
Infortuni alla Hayward a parte (anche questo lo commentiamo in un altro episodio).

La partita inizia, ma non è che ci sia tanto da dire gli Warriors sono gli Warriors gli altri sono i Rockets, i veri inculati di questa estate.
Squadra buona, per carità, che ci farà pure divertire, per carità, magari oggi se la vince pure, per carità, ma mi sorprenderei di vederla oltre il quinto posto ad ovest alla fine della regular season.
Immagino che avranno comunque bisogno di un po’ di tempo per amalgamare questo strano sistema di gioco che prevede CP3 e il Barba ma solo con una palla.
Voglio dire, si giocasse con due sarebbe tutto a posto e la mia favorita per il titolo sarebbe OKC ma con una palla sola… Sono davvero curioso delle soluzioni che troveranno le due squadre appena citate (insieme a Cleveland ad est).
Tutto questo più un 5/6 da tre di Nick Young (quando gioca così lo chiamo con il nome di battesimo) e GS è sopra di 14 punti quando mancano 4:02 all’half time in cui spero che riportino i cookies nella media room che erano FA VO LO SI.
Per quanto riguarda i tortellini e le meatball (polpettacce americane) non esprimo commenti e lascio libera la vostra immaginazione.

La cerimonia degli anelli, bella ma per un europeo è una roba che rimane sempre un po’ aliena, un cibo non digerito, ma qui per lo stesso giochino che porta i “riempimenti” dappertutto, la partita di basket oggi è un pretesto, è tutto il contorno che da il valore finale. Lo stesso per cui un signore X, con cui ho scambiato due parole riandando al box stampa, ha pagato 560 dollari per essere circa in 20esima fila oggi.
Valli a capire ‘sti americani, magari hanno ragione loro.

Premiano tutti, parte l’intro (tema: lavoratori mentalmeccanici che forgiano qualcosa) ma io sono distratto. L’intro è bella, non fraintendetemi, anche la presentazione delle squadre ed i balletti un po’ da soggetto che fa Curry valgono probabilmente quei famosi 560 dollari, ma io sono incantato a guardarmi intorno: prima di tutto la Oracle vista in tv sembra molto più grande e dispersiva. Da qua invece è una sorta di scodella molto raccolta dove la gente letteramente è affacciata sul campo anche quando è abbastanza distanza. La visibilità è incredibilmente migliore, i rumori (ora capisco perché è sempre una bolgia) amplificati dal fatto che l’acustica aiuta ma, di nuovo, tutto è raccolto.

Mi guardo intorno e ora le persone ci sono tutte, tutte o quasi con la maglietta bianca che hanno regalato e fatto trovare a tutti gli spettatori perfettamente appoggiata nelle poltroncine.

Poi penso che rispetto all’altro tip-off che ho visto è tutto diverso.

Boston 2010. Arrivano i big 3 (Wade, James e Bosh), il celtic pride vince ancora una volta, forse l’ultima, ma c’era nell’aria un clima di dismissione: si capiva che il sole stava tramontando.

Qua è l’alba.

La gente sembra che non ne abbia avuto abbastanza di basket, che quei 5 capitoli delle ultime finals piuttosto che chiudere il discorso abbiamo fatto da antipasto  ad una sorta di buffet in cui ancora tutti vogliono strafogarsi.

59-67 a 1 minuto prima del riposo grande. Houston si riavvicina mentre fuori, in uno spiazzo che potrebbe ospitare una piccola fieri i tecnici delle tv cazzeggiano e gli artisti dell’half time si preparano con cura meticolosa. Sono concentratissimi, guardo un po’ una ballerina. Sono curioso di vedere che succederà all’half time, ha provato il primo passo della coreografia sicuramente più volte rispetto a quante io abbia ripetuto l’incipit della mia discussione di laurea.

62-71 GS. Half Time. Abbiamo una partita e almeno 20 minuti di riempimenti:)

io respiro e colgo l’occasione per parlare del vero fregato di questa estate: CP3.
Io penso che nessuno saprà mai se sia vero o meno che avevano incassato il si parziale di Melo che poi ha deciso per altre strade ma, ora che ha rifiutato 200 e passa (milioni di dollari) ad LA (a più di 30 anni), per andare in una squadra che sorprenderebbe tutti se superasse i primi due turni di playoff è probabilmente il vero “perdente” dell’estate.
E lo dico con grande dispiacere perché a me Chris Paul piace da pazzi, l’avrei voluto vedere in casacca neroargento e la scelta di mandare al macero tutti quei dollari per trovare una situazione migliore per lui (e il suo gioco) è davvero da rispettare ma… Houston?!?

Faccio spallucce, chiudo il monitor e ritorno dopo: Sono arrivati i cookies.

Klay inizia un terzo quarto molto migliore rispetto a quanto ha fatto al primo tempo con un 3/4 da tre e 4/7 totale dal campo.
Non ne ho parlato ma ho seguito molto anche lui nel riscaldamento ed il modo in cui tira è assurdo. La naturalezza e la precisione del movimento di tiro, tutto, dalla preparazione di piedi e mani per ricevere fino al rilascio è clamorosa e dal vivo, da 5 metri appena te ne rendi conto ancora di più.
Ci ho sempre creduto ma adesso capisco ancora meglio il mantra: se ti vuoi divertire guarda Steph. Se vuoi imparare guarda Klay, period.

 

Gli Warriors iniziano una esibizione di tiro delle loro, la palla si muove prende “ritmo” e mettono praticamente tutto praticamente tutti. Sono passati appena 3 minuti e il registratore di cassa di Golden State segna già 82.
Nessun errore nel punteggio: Warriors basketball.

Houston mi sorprende, non che veda molte cose in più o diverse rspetto all’anno scorso e il tempo di CP3 e Harden in campo insieme è meno di quello che mi aspettassi (anche se al momento hanno un totale rispettivo di 23 e 28 minuti), ma Houston continua a stare ad una distanza intorno o leggermente inferiore alla doppia cifra.
A me non piacciono, lo dico subito. Sono abbastanza contrario al basket d’Antoniano per una questione di gusti (squisitamente soggettiva) e di risultati (cinicamente oggettiva).

Mancano 2.50 alla fine del terzo, Durant accelera e stavolta il parziale arriva (20 punti con 7/13 dal campo) e Houston sembra alle corde: Time out.

Di Houston per adesso si slava il solito barba e Ryan Anderson (13 punti, 5/10 dal campo 3/8 da tre) e un “magico” PJ Tucker (15 punti, 5/6 dal campo con 3/4 dalla lunga distanza) mentre CP3 non è apparso rivoluzionario come sembrava appena dopo la trade (23 minuti, 1/4 dal campo e 0/2 da tre) ma è la prima di un campionato da 80 partite: piano con giudizi per ora.

Il quarto quarto inizia molto lento per gli Warriors che costringono coach Kerr a chiamare due time out di fila subito dopo l’intervistone di fine terzo quarto. Alla fine le gare si decidono qua, le squadre fanno “regroup” si decide quali cavalli cavalcare e di solito se la squadra in vantaggio sceglie il cavallo giusto la partita finisce.

Non è questo il caso: il numero di Curry viene chiamato troppe volte a vuoto, Houston anche se a rotazione ridotta ,grazie all’assenza di Draymond Green, vivacca in area con un po’ di punti facili e Harde ricuce piano piano lo svantaggio fino ad un mini sorpasso che costringe Durant ad un buzzer beater per vincere la partit… ah no.

Canestro annullato: clima da funerale alla Oracle che stava festeggiando per un epilogo abbastanza incredibile della gara.

Per il resto, se vi interessa, ho ascoltato un po’ Mike:

Il nostro idolo:

e mi sono fatto cazziare dai Rockets perché a quanto pare negli spogliatoi non si possno fare fotografie.
La prossima volta starò più attento, promesso:)
Me ne torno a Santa Clara e chiudo questa incredibile giornata.

A presto:)

2 thoughts on “Dub Tales, Chapter 2: Tip-off!

  1. Bravo davvero!!! complimenti in primis perché mi hai fatto rivivere quasi tutte le stesse emozioni provate la mia prima volta (aprile 2016) alla Oracle! poi perchè hai reso perfettamente l’idea del clima/partita/mentalità che si respira quando vai a vedere i Warriors; i movimenti di Curry, tutti i vari riempibuchipartita dove gli Americani esagerano….ma è divertentissimo!!!….il cibo, gli stores…il casino!!!! wow!!!
    è stato bello leggere questo tuo articolo (più degli altri :-))

    grazie

    • Ciao Marco,

      grazie per il commento e per il tempo che hai dedicato alla lettura.
      Mi fa piacere sapere che qualcuno (anche che c’è già stato) riesca a ripercorrere un po’ i suoi ricordi con questi post.
      Ho una domanda però: quel “(più degli altri :-))” aveva accezione positiva o negativa?
      Ovviamente scherzo!:)

      A presto!
      Luca

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