Che spettacolo !

Ricordo da bambino che tra i primissimi pensieri c’era la convinzione che il basket NBA fosse un gioco in cui la cosa più importante era lo spettacolo. Intendiamoci, niente di più giusto.

Ero convinto però, nella mia fanciullesca innocenza, che la competizione fosse schiava di questo bene supremo e che quindi ogni partita si giudicasse non dal contenuto agonistico ma dalla qualità dello spettacolo prodotto.

Per dirla ancora più chiaramente, lottare per il titolo NBA era una mera copertura al vero scopo della Lega e del tifoso sia al palazzo che davanti alla TV : vedere una schiacciata, un bell’assist dietro la schiena o un cross-over.

Nessuno si interessa di chi vince. E’ vero ?

Devo dire la verità, ancora oggi, a testimonianza della profonda verità di un pensiero antico, penso che nella NBA i giocatori giochino per lo spettacolo e i tifosi vadano alla partita o accendano la TV principalmente per esso.

In fondo però questo non è un discorso che non sta né in cielo né in terra perché se ci pensate un attimo vi invito a rispondere a questa domanda. Qual è il segno di distinzione della NBA rispetto ai campionati di basket del resto del mondo ?

La riposta è facile : il talento. Nessuna lega ha il talento della NBA. Anzi, è meglio dire che tutti i giocatori di basket più forti del mondo giocano nella NBA. Nessuno escluso. La NBA non è più un campionato nazionale (non lo è mai stato d’altronde) ma la vetrina esclusiva e globale del miglior talento di basket del mondo.

Ora, facile no ? Se il talento è il segno di distinzione di questa lega, va bene per le partite combattute, va bene interessarsi di chi vice l’anello ma non siete d’accordo con me se alla luce del discorso sopra accennato ognuno deve pretendere da questo talento supremo che questo si esprima nelle sue forme più alte ? Non è questa la priorità ?

Il giocatore che scende in campo vuole mostrare se stesso e quello che sa fare, poi lotta per far vincere la squadra. Il tifoso tifa per lo spettacolo, poi anche perché la squadra vinca. Ripeto, è un mio pensiero fanciullesco ma non è poi tanto divergente da quello che penso oggi. E’ solo più radicale ma in fondo non ho cambiato idea. Lo spettacolo regna sovrano.

Noi in Italia, per quanto tifosi possiamo essere delle squadre NBA spegneremmo di colpo le TV se da un giorno all’altro vedessimo che le azioni spettacolari di quelli d’oltreoceano non sono poi tanto diverse da quelle che vediamo nella nostra Serie A.

La NBA si fonda sullo spettacolo e fa di questo il suo principio. Altrimenti cosa la guardiamo a fare ?

Se noi dopo aver guardato una partita NBA ci chiniamo ad assistere ad un, tanto per fare un esempio, Milano – Venezia, è per testimoniare qualcosa che nella NBA c’è ma non rappresenta priorità : l’agonismo sfrenato.

E’ bello vedere una nostra partita italiana lottata e combattuta, sudata e sofferta, ma il livello più basso ci rimanda al desiderio di NBA dove sempre vogliamo vedere cose che qui non potremmo mai applaudire.

Se poi ci aggiungiamo che in Italia l’agonismo è spinto anche, se non soprattutto, dal calore del pubblico, con i cori e i colori della curva, con gli sfottò agli avversari e tutto quello che mutuato dal calcio allora possiamo assistere ad un show che in America è totalmente sconosciuto.

Semplicemente è diversa la mentalità. I tifosi italiani per vincere, per l’onore della città, per la salvezza o lo scudetto che sia, vincere e basta, non conta più niente. In America o da qualsiasi altro angolo del mondo davanti ad una TV cosa conta ? Vincere ? Anche questo certo, ma non è la priorità. Tutto qui.

Detto questo, ho deciso di scrivere un pezzo di penitenza. Quella che segue è una panoramica delle rivalità più grandi della storia della NBA.

MICHAEL JORDAN VS. JOE DUMARS

Questa era una rivalità vera. Quando Michael fronteggiava i Pistons doveva vedersela contro Joe Dumars ed erano dolori anche per il re di questo gioco. Siamo alla fine degli anni ’80 e Michael diventa anno dopo anno sempre più nervoso perché nei playoff si vede negata la sua naturale supremazia.

La difesa di Detroit è troppo stringente e con metodi che sfiorano o vanno addirittura oltre il consentito Jordan e i Bulls escono dai playoff nel 1988, 1989 e 1990. Su Jordan c’era Joe Dumars, l’odierno GM che ha costruito il titolo del 2004.

Non esagero. La difesa individuale di Dumars e più in generale la pressione estenuante di tutti i Pistons hanno ritardato l’ascesa al potere di Jordan. Chi lo sa, forse oggi racconteremmo di almeno un paio di anelli in più.

WALTER FRAZIER VS. EARL MONROE

L’arte dell’improvvisazione di Earl “The Pearl” Monroe è una delle storie più belle della storia della NBA. Con i Baltimore Bullets divenne da subito una leggenda vivente, lo spettacolo in carne e ossa. Ancora oggi è una delle icone più venerate di un basket d’altri tempi in cui il talento del singolo esaltava su ogni altro aspetto. Era “Black Jesus”, come spiega pure Denzel Washington a Ray Allen in “He got game”.

Walter Frazier era Clyde, estroverso come nessuno, meno talento offensivo ma una sensibilità cestistica quasi ineguagliata. Due bei tipi, due superstar che rappresentavano il meglio nel ruolo di guardia tra la fine dei favolosi anni ’60 e i ’70.

La notizia dell’acquisto di Monroe da parte dei Knicks fece scalpore. Tutti si chiedevano come mai avrebbero potuto giocar insieme due personalità così diverse. C’era anche chi faceva battute del tipo che fossero necessari due palloni per accontentare entrambi.

Invece Red Holzman fece il miracolo, piegando entrambi al sacro gioco di squadra. Quella che era la rivalità più vivida divenne una grande amicizia in campo e fuori. I Knicks vinsero il titolo del ’73 con una squadra leggendaria. Irripetibili.

BILL RUSSELL VS. WALT CHAMBERLAIN

Altra rivalità vera. Un attaccante semplicemente inarrestabile come Wilt contro colui che inventò la difesa in post-basso. Un duello d’altri tempi, tra giganti, qualcosa che fece del basket NBA un mondo dei sogni. L’attacco contro la difesa, al livello più alto.

Bill Russell, l’eroico vincitore di 11 anelli in 13 anni con i Boston Celtics, era l’unico che poteva sperare di limitare lo strapotere offensivo di Wilt “The Stilt”, un uomo che riuscì a segnare 100 punti in una gara.

Nessuno lo poteva fermare, questa è una delle prime leggi della storia della NBA, ma Bill era l’unico contro il quale Wilt si sentiva un essere umano, costretto a lottare per segnare.

LARRY BIRD VS. MAGIC JOHNSON

Venite e ammirate. Seconda solo alla storia di Michael Jordan, questa è la pagina più bella di tutta la NBA ma forse di tutti gli sport americani. Bello, è tutto troppo bello. Il ragazzino biondo dell’Indiana contro il nero dal sorriso da divo del cinema, lo scontro epico per eccellenza di tutti gli sport, di tutti i tempi.

E’ impossibile dire chi fosse più forte, il bello è proprio qui, fu uno scontro tra pari nel contesto più grande di una sfida tra i Boston e Lakers che fece sognare. Questione di gusti, io preferisco Magic ma veramente di poco.

A volte penso…è bello avere un amico, è una delle conquiste più importanti che si fanno nella vita. Vero, giustissimo. Senza una rivalità sincera e forte però non si cresce, non si sogna di lottare per vincere. Che senso avrebbe un mondo di soli fratelli ?

Io voglio vincere. Contro qualcuno. A volte penso non di volere un amico, ma qualcuno da sconfiggere.

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