La trade clamorosa, a lungo attesa e preconizzata dai media di mezzo mondo, alla fine c’è stata veramente, proprio sul filo di lana della trade deadline (che scadrà nella notte del 23 febbraio), ma non ha riguardato, come tutti pensavamo, Carmelo Anthony, bensì DeMarcus Cousins, il centro ventiseienne dell’Alabama, che, in sei stagioni con i Sacramento Kings, ha vissuto sulle montagne russe, tra gli alti di un talento fisico-tecnico non comune, e i bassi di una franchigia che, con lui al comando, non ha mai raggiunto i Playoffs.

Il ragazzone dell’Alabama (DMC è nato a Mobile) torna così nel profondo sud degli Stati Uniti, per la precisione a New Orleans, dove già si trovava, al momento della trade, complice l’All-Star Game. Le voci di corridoio davano i Pelicans per interessati ad esplorare la possibilità di scambiare addirittura Anthony Davis; ora invece New Orleans si ritrova con una front-line formidabile, atletica e talentuosa come nessun’altra in tutto il panorama NBA.

Entriamo nel dettaglio: il GM dei Kings, Vlade Divac, ha impacchettato il suo uomo franchigia (e il sempre utile Omri Casspi) in direzione della Louisiana, in cambio del rookie Buddy Hield, di Langston Galloway, due future scelte (una prima, protetta top-3, e una delle migliaia di seconde scelte dei Philadelphia 76ers) e del cavallo di ritorno, Tyreke Evans, che a Sacramento conobbe un’effimera gloria, diventando anche Rookie dell’Anno, per poi perdersi per strada, e firmare con i Pelicans, trasformandosi istantaneamente in un contratto-albatros.

Tyreke è in scadenza di contratto, e la sua inclusione nello scambio va letta in tal senso: è una mossa di “salary dumping” pura e semplice, che in estate scaricherà dal monte salariale dei Kings ben 10 milioni. Non è una grande trade dal punto di vista della contropartita tecnica ottenuta da Sacramento, questo è palese, e Divac aveva sondato anche altre strade, ma i Los Angeles Lakers si sono detti indisponibili a sacrificare Brandon Ingram, e i Boston Celtics di Danny Ainge, che di asset ne hanno fin troppi, stanno concentrandosi su altre piste (Jimmy Butler?). Nei giorni scorsi s’era parlato anche della possibilità di mandare Cousins a Orlando, in cambio di Vucevic e Fournier, ma i Kings non erano convinti della contropartita (a giudizio di chi scrive, di gran lunga migliore di quella poi ottenuta).

Salutato Cousins, i Kings rinunciano ad ogni residua speranza di Playoffs (sono ad una vittoria e mezza dall’ottava piazza), avvicinandosi così alla possibilità di mantenere la propria scelta 2017, che resterà loro se sarà una top-10 –i Sixiers però hanno diritto di scambiarla con la loro prima scelta– (viceversa, passerà automaticamente ai Chicago Bulls) e questo lascia presagire una seconda parte di stagione in cui si “svilupperanno i giovani”, a partire proprio da Hield (ma potrebbe togliere spazio al più giovane Malachi Richardson e a Ben McLemore), che dopo i primi mesi di NBA rimane un oggetto parzialmente misterioso. Finalmente poi, vedremo in azione con spazio e continuità il difensore Willie Cauley-Stein e forse anche Skal Labissiere.

È una trade che sconfessa la teoria secondo la quale con le attuali regole contrattuali sarebbe difficile spostare i grossi calibri, tant’è che i Pelicans hanno messo le mani su di un All-Star (per quanto problematico e levantino) in cambio sostanzialmente di asset in divenire, da Buddy Hield, e cioè di un giocatore interessante ma da costruire (e ha già 23 anni suonati), fino alle due scelte future. Come sempre, non esiste una regola sancita dalla cornice contrattuale, ma solo tante situazioni contingenti, che producono scambi più o meno disequilibrati, a seconda delle esigenze, delle capacità del front-office e delle opportunità effettivamente disponibili.

Questa trade smentisce anche quanto a lungo sostenuto dalla proprietà dei Sacramento Kings, con Vivek Ranadivé che si era detto intenzionato ad offrire a DMC uno faraonico prolungamento. Contrordine, si azzera tutto per l’ennesima volta, ripartendo “dai giovani”, e da un non meglio specificato nuovo progetto, e tanti auguri a coach Dave Joerger, che rischia di essere la prossima vittima delle semestrali “svolte” di Ranadivé, abituato, come tanti altri venture-capitalist, ad ottenere tutto e subito.

Buon per i Pelicans, e per Dell Demps, il GM della squadra, che trova riscatto (e forse, salva il posto…) innalzando istantaneamente il livello di talento –e speriamo anche di competitività– della franchigia allenata da Alvin Gentry, fin qui reduce da una stagione piuttosto deludente e che consigliava di muovere qualche pezzo.

Cousins e il ventitreenne Davis (fresco MVP della Partita delle Stelle con 52 punti) sono un’accoppiata intrigante, potenzialmente formidabile, assortita (entrambi hanno tiro da fuori e possono giocare da centro e da ala forte) e d’enorme talento, che unisce due ex di Kentucky (entrambi one-and-done alla corte di coach Calipari, uno dopo l’altro) che in NBA hanno raccolto molto a livello individuale, ma troppo poco in termini di risultati di squadra.

Cousins ha una storia personale fatta di problemi con gli allenatori (George Karl, in particolare), con gli arbitri e talvolta anche coi compagni, una storia di sospensioni, risse e inopinate assenze, ma nonostante tutto non è, in senso assoluto, una mela marcia, o un giocatore egoista. Ai Pelicans troverà un allenatore propenso al dialogo come Gentry, e una superstar impeccabile dal punto di vista comportamentale: se ai Kings Boogie soffriva un ruolo troppo responsabilizzante, ai Pelicans potrà viceversa giocare con meno pressione, in campo e in allenamento.

Nel 2004 i Detroit Pistons acquisirono il problematico Rasheed Wallace alla trade deadline da Portland (via Atlanta) e vinsero il titolo NBA. New Orleans non seguirà il medesimo percorso netto, ma a volte giocatori con una brutta nomea (e quella di Sheed era pessima) hanno solo bisogno di uno spogliatoio stabile, e di un cambio di scenario. Che sia così anche per DeMarcus Cousins?

3 thoughts on “DeMarcus Cousins a New Orleans, cosa cambia per Pelicans e Kings

  1. Kings 0 – New Orleans 5: a vederla così i Pellicans derubano Sacramento, si mettono in squadra un supertalentone, formano una coppia di lunghi invidiabile da tutti e puntano alle vette della Ovest(non adesso, ma con un paio di elementi buoni in più si potrebbero farcela). i Kings invece danno via la loro unica vera stella in cambio di niente di concreto(magari però una scelta si trasformerà in un campione non si sa mai)e decidono di ricostruire ancora: mah?! difficile capire i piani dei Kings e cosa stiano facendo, al momento sembrano puntare ai playoff fra 2/3 anni dopo che non li vedono da lustri. Divac a mio parere sta facendo male, non sta mettendo insieme niente: ok, cedere Cousin perchè magari in estate sarebbe partito uguale, ma secondo me era una scommessa fattibile: Cousin con quella nomea avrebbe veramente trovato così tanti acquirenti? io dubito..ed in più potevano cercare di prendere qualche giocatore affidabile, fatto e finito, non uno di ritorno e uno che faceva la panchina.I Pellicans scommettono forte(ma in pratica a costo zero per adesso) su un giocatore problematico, ma se questo mette la testa a posto, hanno una coppia di lunghi da paura e un progetto tecnico interessantissimo. Certo in estate si dovranno fare delle grosse domande, ma intanto possono vedere come va con un All-star dal talento smisurato e A.Davis pronto a fare il grosso salto verso il top-NBA.

  2. Secondo me Cousins in un buon ambiente, tecnico e umano, può fare davvero la differenza: umanamente è sempre sembrato un bravo ragazzo, tecnicamente non si discute. Ha avuto problemi con gli arbitri e con alcuni allenatori, un po’ come Sheed in passato. Con alcuni coach non si è trovato bene, con altri invece si: con Malone ad esempio andava d’amore e d’accordo, e anche quest’anno con Joerger non si trovava male. Nel Team USA è sempre stato perfetto, anche uscendo dalla panchina.
    Il posto di centro a New Orleans è suo, con Davis in ala grande: potranno fare davvero bene ed aiutare gli esterni, invero un po’ scarsotti…

  3. Divac comunque ha anche il limite di dover sottostare ad una proprietà che definire incompetente è dir poco…
    Se i due lunghi funzionano, i Pelicans si trovano ad un esterno di alto livello dal titolo NBA, in ottica 2018. Difficile, non impossibile

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