Quella che leggerete è una storia vera. 

I fatti esposti sono accaduti tra Cleveland Cavaliers-San Antonio Spurs del 21 Gennaio 2017 e Orlando Magic-San Antonio Spurs del 15 Febbraio 2017.

 

Niccolo’

La partita di Orlando segna la fine del giro ad est nonché della prima parte di stagione. Ma non il Rodeo Trip: per quello serviranno ancora due partite allo Staples Center. La pausa per l’All-Star Weekend è la boa di metà gara della stagione NBA e mentre le principali stelle della lega si apprestano a camminare svogliate sul parquet di New Orleans, in casa Popovich si stappa un buon rosso al pensiero di qualche giorno di riposo e alla possibilità di fare qualche allenamento in più.

Nella marcia senza sosta che è la regular season momenti come questo sono rari, ed è bene sfruttarli al massimo. Certo, non che gli Spurs stiano andando malissimo: per la ventesima stagione consecutiva sopra il 50% di vittorie, presto anche con almeno 50 vittorie, e con un record positivo in trasferta. VENTESIMA stagione. Urlato stile Popovich quando dice “TWENTY YEARS!” nel discorso per il ritiro della maglia di Duncan. Ovviamente sono la prima franchigia NBA a farlo, nonché l’unica. Nel mentre Popovich ― nella vittoria in casa contro Denver ― ha superato le 1.127 vittorie sulla stessa panchina, ex primato detenuto da Jerry Sloan (oggi in pensione ma l’ho visto di recente in tribuna a seguire i suoi Jazz ancora in splendida forma), diventando l’allenatore più vincente alla guida di una franchigia NBA. Immaginatevi i festeggiamenti che sono partiti.

In compenso però quanta eleganza.

Ok, dei record importa proprio poco; ma è comunque bello vedere invece come all’inizio della sua carriera Popovich festeggiò eccome la sua prima (soffertissima) vittoria sulla panchina di San Antonio. Gli abbracci con Avery Johnson e Sean Elliott sono di una bellezza unica, e spiegano meglio di molte parole l’inizio di una culture che oggi ha studiosi e seguaci ad ogni latitudine nella lega.

Oggi Sean Elliott commenta e non gli va male visto che può vedersi da vicino KaWOW tutte le sere. La sua crescita ormai non fa neanche più notizia. Nessuno della sua età gli si avvicina neanche minimamente come rendimento in entrambe le metà campo, e sembra aggiungere qualcosa in più in ogni partita. La quantità di variazioni offensive è diventata impressionante e alzi la mano chi si sognava anche solo fino ad un anno e mezzo fa che Leonard potesse essere in grado di cose così.

Qui potete rivederlo anche con la telecamera dall’alto, quella dalla quale si vede quando Kawhi entra in Matrix e muove le braccia a velocità in 3x come Neo.

 

Hesitation. Da oggi nel nuovo KawhIOS 7.2.1

 

I suoi miglioramenti offensivi hanno permesso a quello che è il miglior difensore della lega di diventare anche uno dei terminali offensivi più pratici della lega. Leonard è un cyborg programmato per fare la cosa migliore in ogni situazione. La sua maniacalità per l’improvment è qualcosa di sinistramente affascinante. Per esempio (un piccolo dettaglio) mi son accorto che spesso quando deve finire al ferro incontrastato, o dopo un contropiede solitario, tende ad usare la mano sinistra. Come se volesse continuare a migliorare un fondamentale del suo gioco anche in una situazione di estremo rilassamento; come se non bastasse mai un obiettivo minimo. Il suo cervello processa ogni frame dei suoi movimenti in funzione di una crescita che potrebbe tornagli utile, ad un certo punto nel futuro.

Io non so che strano allineamento di astri e stelle domenicane ti abbia portato nelle nostre vite, ma di sicuro non lascio passare un giorno senza rendere grazie a Tim. Cioè a Dio. Grazie Tim.

Gli Spurs sono tra le prime cinque in quasi tutti i parametri statistici di riferimento, e hanno da poco scalzato gli Warriors come miglior difesa della lega a fronte del 101.3 di efficienza difensiva. Numero che cala a 98.9 punti concessi su 100 possessi se si considera solo il periodo tracciato in questo articolo (cioè dalla vittoria in trasferta a Cleveland). Questo nonostante gli Spurs contino nel loro starting-five due dei dieci peggiori difensori della lega su situazioni di pick-and-roll, ovvero Parker e Aldridge. È giusto dire anche come entrambi stiano crescendo sotto il punto di vista difensivo, soprattutto Parker, ma rimane uno spunto interessante da tenere in osservazione per il futuro.

La migliore efficienza difensiva comunque ha un nome ed un cognome: Dewayne “Alley-oop Dunk” Dedmon. Oltre a far segnare un clamoroso +12 di Net Rating la sua presenza ― aumentata nettamente dopo l’infortunio di Gasol ― ha dato a Popovich un miglior rim-protector e rimbalzista, riportando gli Spurs sui livelli di eccellenza difensiva visti nella passata stagione. Certo, Dedmon non sarà mai Duncan (nessuno sarà mai Duncan) ma il suo atletismo ha aiutato parecchio. Tant’è vero che Dedmon è l’unico giocatore in NBA ha segnare almeno 5 punti, prendere almeno 5 rimbalzi e tirare con oltre il 55% dal campo in meno di sedici minuti di utilizzo. In più, come detto anche negli episodi precedenti, è una macchina da alley-oop.

No, macchina è riduttivo. Dedmon ha schiacciato più volte da situazioni di alley-oop di 15 squadre della lega. QUINDICI. Una sorta di King Kong con la fissa per le alzate a canestro. Con l’esplosione di Detroit ― 17 punti e 17 rimbalzi, massimo in carriera ― ha toccato un nuovo livello e ormai in attesa del ritorno di Pau il quinto starter è lui, per la nostra gioia con gli occhi a forma di cuore.

Da dopo la pausa per l’ASG gli Spurs riprenderanno da dove hanno lasciato, continuando il viaggio alla ricerca del sesto figlio di O’Brien che lascerebbe ancora di più un marchio indelebile sulla Dinasty. Adesso però godiamoci un bel film con gli amici (cit.), riposiamoci. Non prima però di aver aggiunto l’ennesima clip al gruppo Gli Spurs muovono la palla come in un Flipper.

 

Francesco

Con l’All-Star Game alle porte non potevamo esimerci dal proporre una nostra ipotetica sfida Spurs-Resto della NBA. Anche soltanto per far contento il Coyote, finalmente protagonista a bordo campo di siparietti spiritosi che gli costerebbero torture cinesi al suo ritorno sull’Alamo.

Starting five

 

Play: Tony Parker (Francia)

E’ dai tempi del Congresso di Vienna che a dirigere il gioco si tende a preferire la solida tradizione. Che poi lui sia un transalpino chiamato a proseguire e confermare una tradizione austro-ungarica fa poca differenza. E’ in grado di sfoggiare alla bisogna un patrimonio genetico con tratti da rivoluzionario. Il Forrest Gump solitario (nel senso del maratoneta) dell’attacco nero-argento merita lo spot di titolare. Il lento declino lo ha reso meno continuo ma lo stile di gioco deliziosamente naif non ne ha risentito particolarmente. Macina chilometri lontano dalla palla con una determinazione che farebbe felice il Reggie Miller che si consumava per inseguire ogni traccia di blocchi per il campo. Quando il suo corpo tende ad appitonarsi in vernice è sempre festa e quando associa il tear drop è subito atmosfera magica, come dopo il primo bacio. Se in giornata è ancora imbattibile nel far esplodere virtualmente la vena a Pop nei momenti di pura contemplazione difensiva, e a differenza degli altri ha già superato la fase dei cambi punitivi. Non ha senso quindi presentarvi in compagnia di Speedy Claxton a scopo intimidatorio: ha il passaporto diplomatico per ogni nefandezza o quasi. Indicatissimo quindi per eventuale ricerca di cervelli in caso di ammutinamento tecnico. In fondo il destino di ogni quintetto dei sogni. Poco All, molto Star.

Guardia: Manu Ginobili (Argentina)

Nei momenti di massimo splendore è stato persino più popolare di Duncan nei sobborghi di San Antonio. L’eccezione che conferma la regola; l’unico raggio di fantasia nel sistema più militare, conservativo e puramente gerarchico della pallacanestro intera. A dire il vero riesce a estraniarsi talmente tanto dal resto della squadra da giocare una partita delle stelle personale ad ogni comparsata in regular season. In un certo senso finalmente tutti si vedranno costretti a cavalcare le visioni bizantine dell’argentino col naso più famoso del mondo.  Si paleseranno per l’occasione dei ricevitori con la voglia di assecondare le sue follie geometriche e per una volta Pop potrà evitare di voltarsi dall’altra parte o di sfoggiare una sincopata espressione di circostanza. Fortemente indiziato anche lui (numero 2 dopo il franco-belga) per eventuale colpo di stato ai danni della legione terribile di assistenti nero-argento. Secondo qualche azzardato pronostico è il principale candidato ad un possibile siparietto a metà tra il cult e l’intrattenimento puro. Tenete a casa e ben chiusi i vostri pipistrelli domestici. Allontanate il Coyote. Potrebbe anche essere capace di invertire naturalmente il suo orologio cestistico e giocare in stile perfettamente flemmatico, strizzando magari l’occhio alla sobrietà di Stockton. Impronosticabile, quindi necessario. Vitale.

 

Ala Piccola: George Gervin (Usa)

Il cuore dice il talento e la fragile generosità di Sean Elliott, la testa e il pensiero corrono veloci a Bruce Bowen e alla sua “efferata efficacia” in campo. Kawhi vista l’età troverà posto sul pino. La sintesi è uno dei pochi motivi di gioia del passato degli Spurs. Convochiamo quindi l’artigiano e l’esteta sublime che ha trasformato l’arte del Finger Roll in una sorta di culto pagano. Sostanzialmente disinteressato alla difesa (capita a fagiolo) e capace di crivellare la retina con un eleganza oggi sconosciuta. Armato di determinazione e voglia di fare spettacolo potrebbe mettere in scena un clamoroso duello a livello di movimenti con Ginobili. Euro-step per l’argentino e ovviamente “Finger” per Iceman. George è stato il primo pioniere che ha trasformato il gioco severo e controllato degli Spurs in una sorta di paradiso del contropiede e del gioco in campo aperto. Passato alla storia per segnare il suo “trentello” di rigorosa ordinanza quasi senza sudare e con poche emozioni riconoscibili. Quale migliore compagno di giochi dell’ermetico Duncan e del silenzioso Leonard? A fare casino lasciamo il basket giocato.

Ala forte: Tim Duncan (IsoleVergini)

Datemi una leva e vi solleverò il mondo. Oggi potrebbe suonare: Dateci Tim e da franchigia di secondo piano vi trasformeremo nell’ombelico cestistico del mondo. Se l’ammirevole ammiraglio ci ha messo sulla cartina, al caraibico dobbiamo il passaggio definitivo ad una squadra di vertice di puro riferimento per la lega. Ancora provato dallo sforzo di indossare qualcosa di vicino ad un abito normale in occasione della cerimonia per il ritiro della maglia, potrebbe sfogare la sua esuberanza nella partita della stelle. Introverso, efficace e quasi completamente immerso nel suo mondo, va probabilmente toccata la corda giusta per motivarlo. Facile immaginare che dopo qualche minuto troverà posto sul pino a sventolare l’asciugamano per tutte le giocate dei suoi compagni, orchestrando scherzi che farebbero impallidire il candore di un bambino di nove anni. Come suggeriva un racconto satirico di qualche anno fa potrebbe anche mettersi a dispensare consigli sulla dichiarazione dei redditi. A noi basta che si palesi, il resto è assolutamente opzionale.

L’highlight della partita di Duncan all’ASG.

 

Centro: David Robinson (USA)

L’eleganza e lo stile che si fondono assieme per dar vita al giocatore interno più fluido ed appagante di sempre. Preso in qualche modo il testimone da Gervin, con la sua apparizione ci ha trasformato di colpo in un team perennemente da playoff e in una sorta di eterna fringe contender. Passato alla storia del gioco (anche) per aver distribuito prima ed in modo più generoso degli altri dei premi ai compagni per festeggiare ogni sua convocazione All-Star. Un cuore di riferimento e una intelligenza stra-bordante, forse la più raffinata che abbia mai raggiunto certi livelli di eccellenza nello sport pro. Nella nostra partita ideale sono gli altri a festeggiare lui, anche perché senza il suo impatto gigantesco non ci sarebbe una franchigia con base a San Antonio. Parliamo di un cardinale del post che ha rifinito il “prodotto” Duncan in uscita da Wake Forest e che poi lo ha accolto immediatamente sotto la sua ala. Merita di fare tutto il suo comodo in una partita del genere e chiamare immediatamente 4/5 giochi con piglio dittatoriale. Con gli altri, rigorosamente muti.

 

Sul pino

 

Avery Johnson (Usa) – In un certo senso il manifesto ideologico per i giocatori di complemento che nel corso delle decadi si sono unite e mescolate insieme ai Duncan e ai Robinson. Dotato di una voce più inquietante di un cattivo dei cartoni animati è perfetto per incitare pubblico e compagni. Un eventuale dialogo con Parker e il suo accento francese potrebbe finire nei video di maggior successo della stagione, a prescindere dalla presenza di felini vari.

Kawhi Leonard (Usa) – Quest’anno è comparso anche il sorriso a intervalli regolari. In perfetto stile Spurs regala poco allo spettacolo e fa dell’efficacia complessiva la sua arma totale. Considerato il livello medio di applicazione alla gara delle stelle di buona parte del quintetto dovrebbe giocare la solita dose di minuti importanti. Affascinante la possibile combinazione con Gervin da ala piccola ed il nostro faro attuale schierato come ala forte tattica.

Sean Elliott (Usa) – Dopo il Memorial Day Miracle, impossibile pensare ad una partita di questo tipo senza di lui. E’ stato uno dei primi giocatori a costruire un’identità importante di squadra e uno dei pochi a rendere eccitanti le partite degli anni 90’. Senza dubbio alcuno trattasi di uno dei talenti più rifiniti della storia della franchigia.

James Silas (Usa) – Il primo giocatore in assoluto con la maglia ritirata dagli Spurs. Eccellente giocatore a tutto campo, sublime e mefistofelico interprete degli ultimi secondi di gioco. Per soprammercato si è anche trovato nel pieno della transizione tra i Chaparrals a Dallas e San Antonio. Seta pura sul campo, potrebbe rubare la scena alle star più conosciute. Per un soffio fuori dal quintettone titolare.

Bruce Bowen (Usa) – Non si lasciano mai i grandi amori. Interprete magistrale discreto e occasionalmente violento del 3&D che oggi imperversa nella NBA. Terrificante per efficacia dalla sua mattonella fuori dall’arco, un manuale difensivo semovente nella sua metà campo. Indispensabile per marcare da par suo chiunque e per fa salire di livello i compagni. Sobriamente spettacolare e giocatore preferito (tra i terrestri) di Pop.

Coach: Gregg Popovich (Usa) – Noblesse oblige. Da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Indispensabile per tenere tutti sulla corda e timonare la strabordante quantità di talento e di personalità. Imprescindibile quando ingaggia le consuete battaglie con i bordocampisti. L’architetto della dinastia non può sfuggire al suo destino.

Coyote (Usa) – Merita una promozione, almeno per una partita come questa. La sua “mono” espressione si presta perfettamente per annuire e vidimare le scelte di Pop senza colpo ferire. Nel suo ruolo uno dei migliori della lega. Ovviamente saprà dividersi nei vari time-out tra suggerimenti ai giocatori e il lancio delle magliette al pubblico. Versatile!

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