VOTI OTTENUTI: 1,054,304

ALL STAR GAME DISPUTATI: 2

STATISTICHE STAGIONALI: 21.4 punti, 3.9 rimbalzi, col 46.4% dal campo e il 40.3% da tre punti

Per completare gli Hampton Five manca solo Andre Iguodala, ma i quattro pezzi forti del mostruoso roster dei Golden State Warriors ci sono tutti. Se da un punto di vista di prestazioni individuali le convocazioni di Green e Thompson fanno storcere il naso ad alcuni, non si poteva non premiare la cavalcata di una squadra che punta a ritoccare il record di vittorie dello scorso anno e che si è adattata con maestria all’innesto di Kevin Durant.

Proprio Klay Thompson era uno degli osservati speciali per la stagione in corso, visti i malumori con Draymond Green maturati negli ultimi playoff e la presenza di un nuovo compagno di giochi per il fratello di canestri Steph Curry. In realtà le sue cifre restano immutate, le sue responsabilità anche. Si prende lo stesso numero di tiri degli ultimi anni, seppure con percentuali in leggerissima flessione, e gioca 30 minuti abbondanti.

Il linguaggio del corpo è stato messo sotto la lente d’ingrandimento e destava qualche preoccupazione, specie nelle prime partite; svogliato, incline alla protesta, a tratti testardo nelle iniziative personali. Ma quando si vince, si sa, si va tutti d’accordo; d’altra parte Klay non è mai stato il giocatore più espressivo della lega. Ci si aspettava magari un incremento nelle prestazioni in difesa ora che gode della libertà di una terza opzione.

I Warriors però sono una squadra a trazione anteriore e senza Bogut mancano di un pilastro in pitturato, la strategia sarà sempre quella di segnare più degli avversari. Pochi uomini sono più adatti alla missione di Klay Thompson (60 punti in 29 minuti vi dicono qualcosa?); ci proverà anche nella partita delle stelle di New Orleans.

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