When the snowman brings the snow
Well he just might like to know
He’s put a great big smile on somebody’s face
If you jump into your bed
Quickly cover up your head
Don’t you lock the doors
You know that sweet Santa Clause is on the way…

In fondo si sa, a Natale siamo tutti un po’ più buoni.

 

Francesco

“Caro Babbo Natale, potresti portarmi un robot grande come un gigante? Potresti anche far smettere di litigare i miei genitori e far cambiare casa ai vicini che fanno i rumori? Mio fratello combina sempre guai, però, per favore, potresti portare un regalo anche a lui?”

Qualche anno fa probabilmente avrei scritto qualcosa del genere all’ottimo Santa Claus. I tempi cambiano, gli Spurs incombono, le priorità si trasformano ed è quindi il caso di rivedere la scaletta. Anticipo (scanso equivoci) che quest’anno sono stato molto buono, molto più di Kobe senza dubbio.

“Caro Babbo Natale, è un po’ che non ci sentiamo ed è qualche anno che non ti scrivo. Ti chiedo scusa, anche tu però avresti potuto farti vivo ogni tanto. Sperando di farti cosa gradita, queste sono le mie oneste richieste per quest’anno:

  • Un paio di giunture nuove (anche solo temporaneamente, in estate possiamo risistemare quelle attuali) nuove o semi-nuove per Tony Parker.
  • La voglia di difendere di Pau Gasol. Lo so che da qualche parte al Polo Nord deve esserci. La immagino tipo borraccia come la “roba segreta” di Michael Jordan in Space Jam. Per come siamo combinati oggi e viste le facce che fa il catalano ci andrebbe bene anche solo un sorso.
  • So bene che non possiamo vincere ogni partita. Quando sarà inevitabile potresti stimolare qualche sano e confortante sbrocco di Coach Pop regolarmente? Spesso sono un propellente necessario per superare i momenti cupi (e noiosi) della regular season.
  • La confidenza e la sicurezza necessaria al povero Kyle Anderson che pur baciato da tante qualità, sembra faticare a compiere l’ultimo passetto necessario a giocare stabilmente in rotazione.
  • Un minimo di senso della fatica (per rallentarlo) e della cognizione dei propri mezzi al guizzante Simmons che pur importante, ancora tende a perdersi quando decide di imitare lo Stackhouse dei tempi migliori con delle penetrazioni al limite del comprensibile. Regolalo come un termostato.
  • Manu sta alla grande e gioca di conseguenza, non ha bisogno di niente se non di un po’ di salute a primavera inoltrata, mi raccomando. Visto l’ultimo contratto magari fatti regalare qualcosa tu.
  • Fai abbassare la musica al palazzetto, è quasi insopportabile, vedi magari se riesci a intercedere con il Coyote. Tra personaggi di spicco vi intendente sicuro.

  • Porta tutto il carbone che vuoi a Boris Diaw. Ormai è del nemico.
  • Sensibilizza Patty Mills che è in scadenza di contratto, convincendolo sin da ora a rifirmare con uno sconto molto sostanzioso, usa tutti i mezzi che ritieni necessari.
  • Possibilmente riporta le doti di tiro di Danny Green indietro di 2/3 anni. Difendere va già benone cosi, non serve intervenire.
  • Porta un regalo extra ai bambini che preferiscono Duncan a Kobe o al maggiore dei Curry.
  • Se hai possibilità porta qualcosa per far mettere muscoli e peso a Bertans.
  • Spiega a LaMarcus che difendere in modo più convinto non è peccato, in generale portagli un filo di cattiveria, potrebbe tornare utile. In caso di cessione fai conto non ti abbia chiesto niente.
  • Leonard sta giocando alla grande, veglia da lassù sulla sua salute e basta. Se lo vedi imborghesito o meno convinto, sei autorizzato a tirargli le coperte la notte.
  • Se ti avanza tempo fai tagliare il pizzetto anni’70 a Laprovittola.
  • C’è un gruppo sparuto ma caparbiamente determinato nel supportare Brian Forbes, vedi tu se riesci a metterci una buona parola per concedergli una chance.
  • Cosa più importante di tutte.  Dai un bacio da parte nostra a Craig Sager. Ovunque sia. Ci mancherà davvero tanto, perché ci ha spinto a diventare più forti e più buoni. Era uno di noi.

Ps: Scherzavo sulla faccenda del carbone a Diaw. Portalo direttamente a chiunque ci abbia segnato più di 10 punti quest’anno. Lo so è un lavoraccio, ma qualcuno deve pur farlo.

Grazie e buon Natale. Lasceremo come di consueto latte, panettone e una Jersey XXXXL.”

 

Niccolo’

Che cos’è la felicità? Non esistono delle condizioni generali che sommate come equazioni matematiche danno come risultato la felicità, eppure ci costringiamo spesso a falsare il nostro termometro sensoriale nell’accettazione di un’emozione preconfezionata, prestabilita. Ma perché? Personalmente non ho mai provato felicità perché ero tenuto a provarla, ma mi sono sempre sforzato di scandagliare le emozioni che realmente mi pervadono ogni volta che avrei dovuto essere felice, almeno secondo il manuale del comportamento ordinario. Nel corso degli ultimi due anni ho passato molto tempo in America e ho avuto il privilegio di vedere da vicino due partite tra Phoenix Suns e San Antonio Spurs, in una sorta di derby personale col mio io interiore che riesce sempre a scuotere, indipendentemente dall’importanza ― o la bruttezza, visti i Suns degli ultimi anni ― della partita, il mio concetto di felicità.

Nella prima partita (Febbraio 2015) Duncan era ancora un giocatore, regolarmente schierato in campo da Popovich, regolarmente tenuto a riposo dopo i venti punti di scarto accumulati nel corso dei primi due quarti (ammettiamolo, quanto è stata noiosa la regular season degli Spurs della scorsa stagione?). Nella seconda (Dicembre 2016) un ex giocatore che si apprestava di lì a quattro giorni a vedere la sua 21 ritirata tra le altre leggende della pallacanestro nero-argento. In entrambe le partite la presenza fisica di Duncan è stata nulla, anche se non soprattutto nella partita parzialmente giocata. Quella mentale impercettibilmente devastante. Non è una sensazione potente, plastica, artificiale ma anzi appunto quasi invisibile, ma è lì. Lo senti che è lì, lo senti che il suo modo di essere un essere umano speciale ha plasmato tutto quelle che respira la franchigia. Camminando a pochi passi dal campo la sensazione si ha la sensazione che tutto sia avvolto all’interno di una patina emotiva. È una sensazione molto forte, che mi assorbe quasi. Respirare la Spurs Culture mi rende felice.

Sono vicinissimo a Popovich. Posso sentirne il rispetto che incombe nelle persone che lo circondano. Ne sono affascinato, da sempre. È alto ed ha un modo di muoversi strano, che mi colpisce. Muove le spalle in maniera semi-irregolare curvando la schiena leggermente, soprattutto se sta compiendo un gesto materiale, come disegnare sulla lavagna. Mi chiedo quanto lo stare così vicino a lui mi renda felice ma non riesco a codificare l’importanza del momento. Lui invece appare stanco, e non solo per la tremenda notizia ricevuta poco prima della tragica scomparsa del compagno di teatro Sager. Si potrebbe dire che sembra quasi sciupato, ma forse fa solo parte della bellezza attempata di un altro essere umano speciale. Vicino a lui c’è anche Messina, italiano come me e dalla postura perfetta. Deve trovarsi bene a San Antonio, circondato da così tanti stimoli ― professionali e non ― e non perde l’occasione di dimostrarsi un animo nobile quando dopo la partita, anche lui visibilmente stanco, mi concede cinque minuti di un tempo più prezioso del mio per rispondere a delle domande che gli suoneranno vuote. Ma questo è lavoro e non mi rende felice.

Passeggio nello spogliatoio, ci sono pochi che vogliono parlare e ancora meno che fanno le domande. È un back-to-back di dicembre, è giovedì: c’è voglia di staccare la spina, di andare a casa, di mangiare qualcosa. Non la torta di carote, quella non la si mangia più. Vedo Manu e vorrei abbracciarlo e raccontargli della mia vita, ma è sul lettino dei massaggi e probabilmente anche lui non avrebbe le risposte che sto cercando. Lo vedi che ha trovato la sua pace interiore, anche da come gioca (il mio compagno di viaggio Francesco vi direbbe anche dal conto in banca) ma rimane lo splendido hombre vertical che ha portato la scintilla in tanta polvere da sparo. Mi mancherà e questo mi rende felice, sicuramente vivo.

Mi avvicino con entusiasmo a Kawhi Leonard, che seduto ha due borse del ghiaccio scocciate alle ginocchia. È enorme. E lo diventa ad ogni passo di più. Ogni parte del suo corpo sembra essere cresciuta in maniera sproporzionale, come una pianta che continua ad arrampicarsi su una casa abbandonata finendo col sovrastarla. Di abbandonato qui c’è poco: risponde a delle domande, ma non con la voce (non ho sinceramente idea di come suoni la sua voce, per quanto mi riguarda potrebbe benissimo non avercela), bensì con la sua sensibilità: tra le parti cresciute troppo deve esserci anche il cuore ― o il software che gli hanno istallato al posto del cuore.

È quasi tempo di andare, esco. Mi precede di nuovo Popovich con un libro in mano. Devo sapere cosa sta leggendo. Lo seguo. Cammina piano e prende la strada che riporta sul campo da gioco. Si ferma poco prima, leggendo qualche passo di questo libricino dalla copertina blu. Non sono sicuro sia suo, c’è un segnalibro quasi al centro e lo maneggia con interesse disincantato quasi a non riconoscerne il possesso. Devo sapere di cosa si tratta. Ma non mi avvicino: resto lì ancora un po’, lo guardo come si guarda un paesaggio che sai non rivedrai più. Non avrò mai idea di cosa stesse leggendo. Ma va bene così. Forse sono ancora troppo giovane per capire cosa sia la felicità.

 

One thought on “Educazione Spursiana – Black&Silver Special Christmas Edition

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