Welcome to Florida, The Sunshine State. E d’altra parte siamo nella zona più vicina ai Caraibi degli Stati Uniti, in una prolunga di terra composta da pianure verdeggianti, spiagge bianchissime e simpatici alligatori sempre pronti a sbucarti nel mezzo di strada in ogni momento.

South Beach (Miami) è ovviamente la capitale incontrastata del desiderio comune, ma Orlando (no non stiamo parlando di Disneyland) è una degna rivale. Città bellissima, di quella bellezza sempre ben bilanciata tra artificialità umana e grandezza divina. Piccola chicca, metà turistica sempre di moda (sì adesso stiamo parlando anche di Disneyland) e posseditrice di una delle trenta franchigie della National Basket Association: gli Orlando Magic.

 

Orlando

Downtown Orlando. Visto di peggio.

Ma a differenza del pirotecnico Downtown i Magic vengono da annate più scialbe. Transizione: pochi picchi, molta speranza, voglia di poter tornare a competere dopo aver sfiorato il titolo (o quantomeno averci un minimo creduto) nel 2009. Il Sistema di Montagne Russe della NBA, per preservarsi, ti sputa fuori non appena un ciclo si esaurisce e così ha fatto anche coi Magic del dopo Howard-Van Gundy. E tornare in alto è complicato, a patto che tu non sia una franchigia di appeal sacrale come Los Angeles e Boston (e la fatica immensa dei recenti Lakers e Celtics ci dimostra che oramai fai fatica anche in quel modo), o che tu non sia gli Spurs ― ma gli Spurs sono sempre un po’ a parte.

Rob Hennigan (GM di Orlando, formatosi a bottega dagli Spurs) fin qui ha prodotto risultati fiduciosi ma modesti. L’ultima sessione di mercato dei Magic è stata senza dubbio molto attiva, ma ancora una volta le scelte fatte lasciano aperti molti interrogativi. A cui scelte positive sono sempre successe scelte (almeno) discutibili e l’impressione è che per diventare davvero competitivi i Magic necessitino ancora di due-forse-tre evoluzioni (o esplosioni) positive.

La scelta del nuovo allenatore è da annoverarsi tra le scelte positive. Dopo tre cambi in quasi diciotto mesi è arrivata la firma di Frank Vogel, ormai ex-allenatore degli Indiana Pacers. Ammesso che Vogel è una gran scelta di per se, sembra diventare ancora migliore in un ambiente in via di sviluppo come Orlando dove urge dettare una linea di continuità solida e chiara.

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Frank Vogel, dal 20 Maggio il nuovo allenatore degli Orlando Magic.

La notte del draft è stata il calcio d’inizio della off-season. Da una Oklahoma ancora speranzosa di tenersi KD è arrivato Serge Ibaka, via trade in cambio dei contratti di Oladipo, Ilyasova e il giovane Sabonis appena scelto alla undici.

Della trade ve ne ho già parlato in precedenza e, in definitiva, da una visione più definitiva della progettazione; la rinuncia ad Oladipo (prossimo ad estensione contrattuale) indebolisce il back-court nel breve termine ma risponde alla domanda su chi i Magic hanno deciso di affidare le chiavi della squadra, ovvero Elfrid Payton (e Mario Hezonja) ed aggiungendo l’esperienza di Ibaka sotto canestro.

Quello dei lunghi è sicuramente l’argomento principale per i Magic. Dopo l’arrivo del congolese ― che va a sommarsi ai già presenti Gordon e Vucevic ― sono arrivate quelle di Zimmerman e soprattutto Biyombo. Troppi? Forse. Forse no. Forse malissimo. Oddio, un disastro. Non facciamoci prendere dal panico di qualcuno pensi a spaziare il campo, perché nessuno pensa a spaziare il campo? stile-Simpson. Calma.

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La presentazione di Serge Ibaka, con addosso la maglia in ricordo della strage avvenuta in un locale gay di Orlando pochi giorni prima.

Innanzitutto l’arrivo di Ibaka dice due cose. La prima. Rinunciare ad un progetto come Sabonis per prendere l’Ibaka visto ad OKC negli ultimi due anni assomiglia sinistramente ad un tentativo di compensazione per il disastro-Tobias Harris di febbraio ma può avere il suo perché.

È vero che AirCongo sembra aver perso la fisicità di una volta e che posizionato in un angolo come spot-up shooter non fa paura a nessuno (o quantomeno è un male accettabile) ma è anche vero che, opinione personale, il giocare con Durant e Westbrook tende a limitarti offensivamente e che la meno fisica Eastern Conference potrebbe rendere smalto fisico e rinvigorirlo.

Verrà sicuramente usato come stretch-four per compensare la generale mancanza di tiro e se guardiamo i suoi dati nella passata stagione c’è poco da andare contenti.

Con il solo anno di contratto (ed un super-contract che lo aspetta a Luglio 2017) la scomessa fatta dai Magic è di quelle che possono fare male, però c’è da dire anche che Vogel può essere l’allenatore ideale (ripensate a Hibbert per esempio) per farlo tornare un giocatore determinante .

La seconda (già confermata da Vogel) è che Aaron Gordon verrà plasmato in una small-forward à-la-Paul George ― per restare in tema Pacers.

I Magic si sono tutelati dando anno di contratto a Jeff Green (per quanto Green possa essere una tutela) nel caso la situazione dovesse precipitare (sic), ma questo progetto è interessante, ma davvero interessante.

I mezzi atletici sterminati di Gordon lo rendono capace di fare potenzialmente tutto su un campo da basket. La sua velocità laterale e le braccia interminabili gli permettono di difendere su avversari più piccoli e veloci di lui, e lo ha già fatto.

Inoltre la sua presenza nello slot di ala piccola aumenterà i rimbalzi, soprattutto nella metà campo offensiva dove potrà mangiare sulla testa degli avversari ― cosa che gli riesce piuttosto bene.

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Se andate a cercare l’espressione ‘mangiare sulla testa delle persone’ trovate questa foto.

I punti interrogativi sul quanto tempo questo progetto necessiterà (e sul se sarà positivo) rimangono e ad oggi ci sono almeno due motivi per poter storcere il naso.

Il primo è che l’allontanamento di Gordon dal canestro nella metà difensiva potrebbe limitarne una delle caratteristiche principali, la stoppata, indebolendo ― soprattutto quando giocherà Vucevic ― la protezione del proprio ferro.

La seconda è la mancanza di un tiro da fuori visto che ad oggi le sue percentuali non arrivano neanche al 30%. Ci si può lavorare con buoni risultati: il movimento è sembrato più fluido (anche se ancora un po’ meccanico) nella scorsa stagione.

È già oggi il primo-prototipo-di-franchise-player della squadra e qualora dovesse costruirsi un tiro affidabile ― più la foto di qui sopra ― capite bene che le potenzialità per diventare ingiocabile ci sono tutte. Personalmente sarà uno dei giocatori più interessanti da vedere nella prossima stagione.

Così come sarà molto interessante vedere cosa potrà fare con l’ex-alle la dinamo-difensiva-inesauribile di Bismark Biyombo.

Il contratto datogli è buono e le potenzialità per diventare il totem difensivo della squadra. La sua fisicità è ingestibile ed è uno di quei giocatori dal cuore grande che vorresti sempre avere nella tua squadra e che con Vogel rischia di diventare un posseduto.

Offensivamente è un buonissimo rollante e poco altro; anche ai liberi andiamo male, e c’è da credere che nel ritmo super controllato e basso dei Magic del prossimo anno possa risultare un problema nella metà campo offensiva. Ma non ditemi che non siete curiosi di vedere cosa potrà dare sotto il proprio tabellone, soprattutto (ripeto) alla luce di quella già fatto vedere.

 

Biyombo dovrebbe iniziare le sue partite dalla panchina (non saprei dire sul finirle, invece) lasciando il posto in quintetto a Nikola Vucevic. Per il centro montenegrino non c’è la notizia visto che lui si sente un titolare a tutti gli effetti e sembra disinteressarsi candidamente del problema, con quella mentalità tutta balcanica del Perché io sono io e voi non s… aspetta ma Alberto Sordi era slavo? Ricominciamo.

Vucevic ― carattere a parte ― offensivamente è una dote troppo importante, specie per una squadra che come detto da Vogel (con un sorriso ironico, ma neanche tanto) dovrà abituarsi a vincere le proprie partite al di sotto dei settanta punti.

La sua capacità di giocare sia fronte che spalle a canestro gli fornisce una gamma di movimenti davvero ampia, ha un tiro tutt’altro che disprezzabile ― e i long-twos nel sistema di Vogel ci stanno ― ed è un passatore sopra la media.

Difensivamente la situazione cambia, e da qui i dubbi sul poter finire le partite, ma considerando le cifre del suo contratto (buonissime) in caso disperato ricorrere ad una trade non sarebbe affare impossibile.

Parlando della trade con i Thunder abbiamo detto anche che il front-office dei Magic ha fatto una scelta più definitiva (ma anche qui dal risultato finale incerto), decidendo di puntare forte su Payton.

È nato poco lontano da Orlando e nella sua stagione da sophomore ha dimostrato di essere una point-guard dal fisico esplosivo con una capacità naturale di mangiarsi il campo. Il suo habitat naturale sono le transizioni, dove può sprigionare il meglio di se, e nella passata stagione ha fatto vedere di possedere doti da passatore eccellenti (6.5 assist di media nei due anni nelle lega) per un ragazzo di ventidue anni.

Guardate la facilità fisica e tecnica con cui prima strappa la palla dalle mani di Rubio, la recupera con le spalle completamente girate al canestro, si gira, e poi in una mezza frazione di secondo ha già deciso di alzare un alley-oop per il compagno. Tutto fatto in maniera così naturale, disinvolta.

Il tiro è totalmente inaffidabile (ad oggi) e tutto da costruire, ergo non proprio l’ideale per il sistema di Vogel, ma è sicuramente un giocatore che in due-tre anni ― di sviluppo adeguato ― potrebbe diventare una macchina-da-pallacanestro.

Ah, non dimentichiamoci di Hezonja. È vero che la prima stagione è stata molto altalenante, me è anche vero che per questo gioiellino croato il potenziale, fisico-tecnico-strutturale, è pressoché infinito.

Solo <3 <3 <3 per Mario.

Per completare il back-court Hennigan ha aggiunto Meeks (meh) e DJ Augustin, 30 milioni/per 4 anni (sic), che va a sommarsi (oltre ai due CJ – Watson e Wilcox) alla ri-conferma di Evan Fournier. Oh, questa sì che è una gran firma.

È buonissima sia per le cifre, 85/per 5, sia perché Fournier garantisce continuità sul progetto, visto che ha 23 anni, ed è l’esterno più completo del roster. Può giocare sia da shooting-guard (dove partirà in quintetto anno prossimo) che da ala piccola e nonostante sia un difensore mediocre ― anche qui urge la cura Vogel ― sarà fondamentale per spaziare il campo dato il 38.9% da tre in carriera NBA.

Sicuramente c’è molto da lavorare ma il trio Payton-Hezonja-Fournier ha 66 anni in totale e hanno tutte le carte in regolare per costruirsi una carriera NBA di alto livello. Così come il progetto-Gordon, la rinascita di Ibaka, la pace interiore di Vucevic. I presupposti per fare bene ci sono e a differenze delle passate stagioni la linea dettata sembra molto più convincente.

Bisognerà vedere quanto tempo impiegherà Vogel per fondere assieme tutte queste scommesse o tali e renderle una squadra. Una squadra che baserà le sue fortune sulla difesa (e non potrebbe essere altrimenti) e che si affiderà molto sul talento offensivo dei singoli (Mario ci sei??).

Diversamente dalle passate estati questa potrebbe sancire davvero l’inizio di una ricostruzione che potrebbe riportare Orlando sulle vette dell’Est.

Sperare nei Magic può essere un azzardo che alla fine vi ricompensa della paura iniziale, ma bisogna vedere come state messi con il brivido della catastrofe. Ad Hennigan sembra piacere, i tifosi dei Magic sarebbe molto contenti di aver finalmente voltato pagina.

One thought on “Sperare nei Magic

  1. Gran bell’articolo…concordo su tutto,anche se ho molti dubbi sul ruolo assegnato a gordon.c’è tanto da lavorare per trasformarlo in una small forward di livello…su Ibaka e il reparto lunghi,per me alla fine se tutto funziona e l’anno prossimo rifirmano serge,alla fine scambieranno vucevic per una buona ala piccola…comunque il quintetto payton-Fournier-Green-Ibaka-vucevic con Mario,gordon e biyombo dalla panca è da play off a est…

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