Se in gara 1 i Cavs si erano distratti al volante della loro auto sportiva, rischiando il clamoroso comeback di Atlanta, in gara 2 salgono nella cabina di un più pratico schiacciasassi e archiviano la questione in meno di due quarti.

Già che ci sono siglano il record per punti segnati in due quarti nei playoff, 74, e soprattutto quello all-time di triple in una partita, 25, polverizzando il recente primato dei Golden State Warriors.

Atlanta era pure partita col piglio giusto, intensa in difesa e precisa in attacco. Visto che Kyle Korver è francobollato dalle guardie avversarie sul perimetro, coach Budenholzer studia un piano per liberarlo al tiro dalla media distanza con passaggi conseganti e farlo tagliare a canestro in backdoor.

Funziona, e libera spazi sotto canestro per Millsap e Horford, anche loro bisognosi di entrare in ritmo. Dall’altra parte del campo l’ordine è chiaro; se non si può limitare la qualità dei tiratori dall’arco di Cleveland, rendiamogli la vita difficile disturbando con ogni mezzo penetrazioni e scarichi.

Kevin Love è subito raddoppiato e triplicato quando prende palla in post. La stessa soluzione che aveva funzionato a meraviglia contro i Celtics incappa però nella serata di grazia dei Cavs che hanno l’entusiasmante capacità di creare tiri facili.

In primis grazie alla visione di gioco di LeBron James, in secundis per una circolazione di palla che ha raggiunto stanotte picchi di spursiana bellezza.

Ball movement, man movement, è il credo che coach Tyronn Lue ha predicato fin dal giorno in cui ha rimpiazzato il silurato David Blatt, come un generale elevato al trono dai suoi stessi militari.

Nella storia romana era sintomo inequivocabile della decadenza dell’Impero, mentre i Cavs al momento sembrano pronti per battaglie a campo aperto contro i regnanti vicini.

L’attacco si mette in moto col contropiede, generati in grande copia dalla difesa aggressiva, e colpisce per libertà e fluidità nell’esecuzione.

Un processo simile a quanto compiuto da Steve Kerr quando soppiantò i metodi rigidi di Mark Jackson sulla panchina di Golden State; non altrettanto perfezionato, ma stanotte ha fornito un’impressionante prova di forza contro una delle difese migliori della lega.

Agli Hawks si annebbia la vista quando gli avversari fanno frusciare il cotone anche coi tiri difficili, quelli forzati e ben difesi. Per JR Smith sono la specialità della casa e ci sono anche due triple dal palleggio di LeBron.

Stavolta Cleveland non perde la concentrazione e sulle ali dell’entusiasmo insiste nella mattanza. Coach Lue non ha alcuna paura di mostrare al collega che dispone delle chips per coprire la sua puntata.

Dopo che i suoi avevano sofferto l’indemoniato Schroeder e le sue penetrazioni dalla punta, leva il guinzaglio a Matthew Dellavedova e gli lascia fiutare l’odore del sangue.

Poi risponde al quintetto lungo di Atlanta spedendo in campo le riserve in una formazione agilissima, con James addirittura da 5. Difesa serrata, continui cambi sui blocchi e Atlanta non trova il modo di sfruttare i mismatch a suo vantaggio nel pitturato.

Cleveland non è una squadra tra le più costanti. Ha tiratori di eccellente qualità ma ondivaghi. Se ben accordati, come stanotte, hanno nelle mani una potenza di fuoco da record.

Un record che sfida a viso aperto Golden State, tra l’altro, e che la dice lunga sulla direzione che stra prendendo il gioco della pallacanestro nella sua massima espressione.

Niente di più lontano, si badi bene, dalle critiche di chi vede solo una sequela di ave maria mandate per aria. I Cavs hanno costruito la vittoria con una difesa e una solidità di tutto rispetto, coi tiri dall’arco come naturale conseguenza; non diversamente da quanto fanno Warriors e Spurs.

In un’annata in cui tutti hanno avuto occhi solo per i due diamanti dell’ovest LeBron James e compagni mandano un messaggio importante, vogliono essere della partita e fare il terzo incomodo; hanno altre sei partite, come minimo, per mostrare che quello di stanotte non è stato un bluff.

Per Atlanta c’è ancora spazio per uno sgambetto ma lo spiraglio è stretto, servirà un buon piede di porco per scardinare le certezze degli avversari.

Basteranno l’affetto del parquet amico e qualche scelta coraggiosa di coach Bud a scacciare i fantasmi dell’eliminazione dell’anno scorso?

 

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