Un veloce quiz: se una squadra chiude una partita tirando con il 29.8% dal campo, il 22.2% da tre e il 61.5% ai liberi, come può essere andata a finire?

Esatto, un massacro.

La speranza dei Mavericks è che si ripeta la storia del “Memorial Day Massacre” nelle NBA Finals del 1985, quando i Celtics distrussero i Lakers in Gara 1 finendo però per perdere la serie in Gara 7.

Piccolo problema: quei Lakers avevano Kareem e Magic, i Mavericks hanno Mejri e Felton…

Sotto gli occhi del Comissioner Adam Silver, del guru tedesco Holger Geschwindner e di Coach Monty Williams, alla prima uscita pubblica dal terribile incidente in cui l’assistent coach di OKC ha perso la moglie, il primo episodio della serie tra Mavericks e Thunder è stato un sostanziale no-contest.

Sulla ESPN Mike Tirico & Hubie Brown hanno dovuto cercare diversi argomenti di contorno durante la telecronaca (la free agency di Durant, gli sponsor sulle magliette, etc.), perché sinceramente la partita ha avuto ben poco da dire durante tutto il suo svolgimento.

Oklahoma è uscita 15-2 dal cancelletto di partenza e non si è più sostanzialmente voltata indietro, con il vantaggio che ha raggiunto velocemente i venti, poi i trenta, i quaranta punti, fino al l’impietoso 108-78 finale.

Westbrook e Durant, 24 e 11 assist il primo e 23/5/5 il secondo, hanno fatto a fette dal palleggio la difesa dei Mavs, Kanter e Ibaka hanno aggiunto altri 33 punti e 22 rimbalzi.

Per i Mavs l’unico a segnare con un minimo di continuità è stato Nowitzki, 18 alla fine per lui, con il secondo “realizzatore” (per modo di dire) dei texani che si è fermato a 8 punti. Il tunisino Salah Mejri è partito titolare nello spot di centro ma con risultati mediocri, 1 punto e 4 rimbalzi con -22 di plus-minus in 15 minuti, costantemente preso in mezzo dai pick-and-roll Durant-Westbrook.

Si sapeva che Oklahoma City avrebbe cercato di alzare il ritmo e così è stato, esponendo i ragazzi di Coach Carlisle a tutti i mismatch problematici disponibili sul campo (e sono tanti). Dallas invece non è riuscita a far muovere la difesa storicamente “ballerina” degli avversari, raccogliendo i pochi punti segnati solo grazie ad estemporanee iniziative individuali. I 2 falli tecnici comminati nel corso della gara a Carlisle e Nowitzki tradiscono il nervosismo dei biancoblu, anche se i due a fine gara hanno cercato di minimizzare.

“Perdere di 50 o di 2 vale comunque sempre una sconfitta. – ha dichiarato il tedesco – Abbiamo la possibilità di rifarci già lunedì e di impattare la serie”. Carlisle ha però aggiunto: “Dovremo presentarci con un’altra aggressività e un’altra energia, altrimenti la serie sarà già finita prima ancora di cominciare.”

Lato Thunder emerge ovviamente grande soddisfazione per quella che è stato il più ampio margine di vittoria da quando la franchigia si è trasferita da Seattle in Oklahoma. “Abbiamo difeso molto bene per tutta la gara – chiosa Durant – ma ogni partita fa storia a sé. Troveremo sicuramente un’altra Dallas nella prossima gara e non possiamo assolutamente rilassarci.”

Già, ma quali speranze ci sono di vedere una serie più combattuta?

I texani hanno l’infermeria super-affollata: oltre al lungodegente Parsons che ha ormai già ampiamente chiuso la sua stagione, David Lee è fuori per fascite plantare, Pachulia è a mezzo servizio e Barea non è rientrato nel secondo tempo per il riacutizzarsi del suo infortunio all’inguine. Di certo a Dallas servirebbe qualche tiro da fuori in più (4 su 18 ieri sera) e una migliore copertura a rimbalzo (56-33 il conto finale a favore della squadra di casa), ma le prospettive per i ragazzi del vulcanico Mark Cuban non sono onestamente molto rosee.

Ai Thunder basterà non perdere la concentrazione per chiudere in fretta la serie e concentrarsi sul probabile scontro con gli Spurs in semifinale. Lì sì che ci sarà da sudare le proverbiali sette camicie…

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