Se vi è capitato di vedere la recente sfida giocata a Los Angeles fra Clippers e Thunder, probabilmente l’avrete pensato anche voi: quand’è che queste 2 squadre diventeranno finalmente grandi?

Velieri e Tuoni si presentavano ai nastri di partenza della stagione 2015-2016 con tutte le carte in regola per essere considerate contender per il titolo: i primi con la voglia di rivincita dopo lo smacco della sconfitta in semifinale di conference contro Houston, i secondi con altrettanta voglia di rivalsa dopo la prima stagione senza playoffs dal 2009.

I ragazzi di Rivers, a livello di talento puro, in particolare del quintetto base, sono secondi a pochissimi: la combo CP3-Blake Griffin, Jordan a presidiare la difesa, Redick ad aprire l’area col tiro da 3, Crawford come sesto uomo… tante certezze e pochi punti deboli: il ruolo di ala piccola e la panchina.

Per questo in estate sono arrivati Lance Stephenson, Paul Pierce e Josh Smith, 3 nomi extra lusso per il ruolo di swingman e per puntellare la second unit.

In casa Thunder invece si trepidava per il rientro di Kevin Durant e per vedere all’opera il nuovo coach Billy Donovan, allenatore vincente e pragmatico che avrebbe dovuto dare la giusta dose di “malizia” ad una squadra tanto talentuosa quando tatticamente indisciplinata e farfallona.

Ma indipendentemente dai record attuali, che danno Oklahoma City terza a Ovest con 19-9 e Los Angeles quarta con 16-13, è ancora il gioco e l’atteggiamento di entrambe le squadre che lascia abbastanza basiti.

Scarsa circolazione di palla, isolamenti offensivi ripetuti e forzati, inspiegabili amnesie difensive: nello scontro diretto queste 2 squadre si sono specchiate nei rispettivi pregi e difetti.

Complessivamente sui 48 minuti non si è visto mai un ritmo offensivo lontanamente paragonabile a quello dei Warriors – sempre alla spasmodica ricerca del miglior tiro e del punto debole della difesa – né una difesa attenta e aggressiva come quella degli Spurs, ma neanche la fisicità e l’unità di intenti dei Cavaliers.

I Clippers sembrano costantemente sull’orlo di una crisi di nervi, oggi col caso Josh Smith, finito non si sa come nella cuccia di Rivers, ieri col caso Stephenson, e con Chris Paul che già parla alla stampa di una squadra che se non cresce non farà paura a nessuno.

I Thunder d’altra parte sembrano continuare a giocare a modo loro, indipendentemente dall’allenatore: isolamento per Westbrook, isolamento per Durant, tiretto per Ibaka.

Anche se ad Oklahoma City nessuno lo ammetterà mai, l’aver scelto di tenere l’africano e di lasciar partire Harden (sostanzialmente in cambio di niente) ancora condiziona la franchigia. Ibaka è un atleta elite e un grande lavoratore, ma sostanzialmente non è mai riuscito a fare la differenza: pur con una media di 13 punti e 7 rimbalzi, e pur sapendo giocare 2 ruoli, oggi ci si rende conto di aver trattenuto un ottimo giocatore per lasciar partire un candidato MVP, per poi comunque sprecare i soldi che si potevano investire in Harden in giocatori di complemento come Enes Kanter…

Il fatto è che entrambe queste squadre hanno oggi i propri migliori giocatori nel loro prime: Paul, Griffin, Westbrook e Durant hanno già probabilmente raggiunto il picco delle proprie prestazioni individuali. Molto meglio di così non diventeranno nei prossimi anni.

Quanto rimarrà ancora aperta per loro la finestra per il titolo? Possono ancora cambiare modo di giocare, migliorare i propri difetti congeniti, oppure continueranno, come fanno, a mascherarli col proprio talento per poi vedere infrangere le proprie speranze nei playoffs?

5 thoughts on “Clippers e Thunder: le eterne incompiute?

  1. Okc: il vero problema secondo me non è stato far partire Harden, perché dubito che, ammesso e non concesso il salary cap, il barba si sarebbe accontentato del ruolo di terzo violino ancora a lungo… Il problema è che fu scambiato per Martin e Lamb!!!! Davvero nella NBA non c’erano offerte migliori per la barba????
    L’altra alternativa poteva essere (ma qui è fantabasket) tenere Harden e cedere Westbrook. Ora qualcuno mi darà del matto, ma io penso che una squadra con Russell, che pure vale 25 punti 9 assist e 5 rimbalzi a partita, non sia allenabile e non abbia alcuna speranza di arrivare in fondo.

  2. Perchè con Harden si vince? Difensore molto sopravvalutato…..giocatore da 1 contro 1 in attacco. Se vogliamo, la fotocopia di RW.

  3. Ho visto la partita in oggetto e ho pensato la stessa cosa di chi ha scritto l’articolo: entrambe le squadre sono ad un passo da essere da titolo, ma quel passo sembra troppo lungo per loro. LAC: diciamocelo se fosse un computer a simulare i campionati e non si giocasse veramente il titolo lo avrebbe già vinto. Hanno un play fortissimo, un realizzatore fenomenale, un centro che prende rimbalzi, stoppa e qualche punto lo mette, hanno un tiratore dal perimetro e poi profondità in ogni reparto e panchina lunghissima. Ma le squadre sono anche squadre appunto, ci vuole chimica, sacrificio, sentire comune, leadership, ecc. e ai Clippers queste cose mancano tutte. A posteriori caricarsi sulle spalle anche Stevenson e Smith, (due tipi facili da gestire..!)si è rivelata sbagliata e forse Griffin è si fortissimo, ma non è uomo per andare fino in fondo. Quest’anno credo si possa fare poco, il prossimo cercherei gente più disposta a fare gli specialisti, ma affidabili che i talentuosi ma ingestibili e poi valuterei qualche scambio importante.
    OKC: sinceramente una squadra con Durant e W.al titolo ci deve pensare per forza, anche qui il contorno è da titolo, ma appunto nei momenti chiave della partita sembrano affidarsi più a uno dei 2 e che Dio ce la mandi buona: può funzionare una volta, due, ma non è detto che funzioni quando serve sul serio. Anche qui la rivoluzione è difficile: quale manager cederebbe uno dei due? Forse è opportuno cambiare gioco affidandolo a nuove menti, un bel rebus. Sul discorso Harden: nell’immediato a mio parere fecero bene, in 3 a quel modo la convivenza era impossibile, ma è vero che presero poco o nulla in cambio e adesso uno come il Barba è difficile da rivedere.

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