Splende il sole sulla Bay Area di San Francisco, e se la temperatura esterna è di quelle che propiziano i classici scenari da cartolina californiana, il clima all’interno della Oracle Arena inizia a farsi rovente. La casa dei Golden State Warriors apre le porte al secondo atto delle Nba Finals 2015, in un match che sarà chiamato a fare maggior chiarezza sui valori in campo.

Dopo una gara 1 che ha seguito i binari di un equilibrio rotto soltanto dopo un supplementare che ha sorriso ai padroni di casa, Warriors e Cavaliers tornano in campo dopo tre giorni di stop che sembrano una vita per tutto ciò che è successo nell’attesa.

La franchigia dell’Ohio ha infatti perso un altro pezzo del proprio mosaico, ancora una volta di quelli fondamentali per costruire il disegno di una squadra vincente: il ginocchio sinistro di Kyrie Irving ha fatto crack, un infortunio che priverà la serie finale del talentuoso play dei Cavs dopo la scintillante performance di giovedì notte.

Golden State si trova così di fronte a un’occasione ghiottissima per raddoppiare, portando a casa una gara 2 che, in caso di vittoria di Steph Curry e soci, potrebbe dare un primo e deciso indirizzo al confronto. Cleveland appare ferita, ma non al tappeto: gli ospiti hanno dimostrato più di una volta di saper superare gli infortuni dei loro uomini chiave, e scommettere contro LeBron James non è mai una puntata consigliabile.

I battiti cardiaci salgono, il rumore diventa assordante: la Marea Gialla vorrebbe entrare in campo, ma dovrà accontentarsi di ammirare gli attori protagonisti della serata. Prendete i pop corn e mettetevi comodi: gara 2 promette spettacolo.625x527-147

Steve Kerr conferma gli accoppiamenti difensivi (Thompson su Dellavedova e Curry su Shumpert) nonostante la terza partenza da titolare della guardia australiana al posto dell’infortunato Irving.

In attacco, invece, è proprio il Thompson di casa a far subito la voce grossa: Klay sfrutta il cospicuo vantaggio di centimetri nell’accoppiamento con Delly per segnare a piacimento nei primi possessi, costringendo LeBron a prendere subito in mano la situazione per scongiurare una prima mini fuga dei padroni di casa.

Il figlio di Mychal però commette ben presto il secondo fallo personale che lo relega in panchina ben prima del previsto, in un match che sembra seguire fin da subito lo spartito molto equilibrato suonato in gara 1.

Al primo timeout gli Warriors sono avanti 15-12, dopo una partenza più tonica rispetto al primo atto della serie malgrado Curry non riesca a trovare ritmo nelle sue conclusioni.

Il 5/14 dal campo totalizzato da entrambe le squadre fotografa la tensione dettata dall’importanza della posta in palio, che raffredda le mani di molti giocatori in avvio di gara.

L’uscita dal timeout dei padroni di casa dà il primo strappetto al match: Curry si inventa un canestro pazzesco appoggiandosi al vetro dopo un passaggio misterioso di Bogut, per poi smarcare Barbosa in angolo con una delizia dietro la schiena che dà il +8 ai californiani. 625x527-151

Golden State sembra avere più energia, prevalendo spesso e volentieri sui palloni vaganti, ma in uscita dalla chiacchierata voluta da coach Blatt per arginare il buon momento degli avversari James si mette in cabina di comando e, con 10 tiri già tentati nel corso del primo periodo, guida i suoi al pareggio firmato da un bel canestro di Smith che conclude con la mano mancina dopo aver battuto Livingston dal palleggio.

Nel frattempo l’attacco degli Warriors sembra essersi inceppato, e i primi dodici minuti si chiudono in perfetta parità a quota 20: l’8-0 dei Cavs ha fermato sul nascere il primo tentativo di allungo della serata, con James oggi più che mai nei panni di prima, seconda e anche terza opzione offensiva che non aspettava miglior occasione per prendersi la squadra sulle spalle sul palcoscenico più importante.

Squadre molto imprecise dal campo, non sempre per merito delle difese: ne risulta un match fin qui molto fisico, dove le giocate di intensità prevalgono su quelle puramente tecniche.

L’inizio del secondo periodo, se vogliamo, scade ancor di più sotto il profilo estetico: palloni persi al limite dell’imbarazzo da entrambe le parti, e ci vuole un’iniziativa dirompente di James, tornato in campo dopo un mini-break di quaranta secondi al termine del quarto precedente, per sbloccare l’impasse e dare a Cleveland il primo vantaggio della serata.

Thompson torna in campo dopo la reclusione forzata sul pino, e ricomincia giusto là dove aveva lasciato: tripla dal palleggio e altro abuso dei centimetri per segnare in faccia a Dellavedova, prima che la schiacciata mancina di Livingston riporti avanti di cinque lunghezze i padroni di casa.

James si riscatta da una brutta palla persa imbucando con fiducia una tripla in ritmo, ma trova per l’ennesima volta la risposta di un Thompson davvero on fire che manda a bersaglio l’ennesimo jumper, stavolta all’interno del pitturato. 29-25 Warriors al timeout, con 7 minuti da giocare sul cronometro.

Coach Blatt si gioca la carta Jones, e l’ingresso in campo del veterano paga fin da subito i dividendi sperati: le spaziature portate in dote dal cecchino ex Heat, che come LeBron sta giocando la sua quinta finale consecutiva, fanno crescere esponenzialmente la qualità dell’attacco dei Cavs, che sfruttano proprio la vena dall’arco del loro numero 1 per mettere il bavaglio all’indemoniato Thompson e siglare il sorpasso sul 35-33. Segnatevi questo momento, perché sarà un episodio che tornerà buono nelle ultimissime fasi del match. 625x527-148

James ha indossato i panni del regista, evidentemente esaltato dalla verve offensiva dei compagni che si offrono alle sue sventagliate; uno dei bersagli preferiti del Prescelto diventa Timofey Mozgov, che mette molto del suo nel propiziare il 16-2 col quale i Cavs prendono in mano le redini del match.

La Oracle Arena ha bisogno di qualcosa di elettrizzante per ricaricare le batterie mandate a terra dal break ospite, e Thompson disegna una parabola perfetta per l’alley-oop inchiodato da Iguodala che ridà nuova linfa al pubblico di casa.

Mozgov si esibisce in un paio di giochi di piedi degni di un primo ballerino del Bolshoi che gli fruttano altrettanti canestri in post, mentre Curry riesce finalmente a liberarsi della museruola applicatagli da un Dellavedova uno e trino nella metà campo difensiva segnando la tripla dal palleggio che rimette definitivamente in carreggiata Golden State facendo ruggire la Marea Gialla sulle tribune.

Cleveland resta avanti aggrappandosi ai liberi, Thompson brucia ancora la retina col catch and shoot al fulmicotone coi piedi oltre l’arco per il 46 pari, con un equilibrio pressoché perfetto che viene rotto soltanto dall’ennesimo libero a bersaglio di Mozgov che chiude il primo tempo.

47-46 Cleveland, al termine di una prima frazione sicuramente meno raffinata rispetto a quella vista in gara 1 ma certamente non meno intensa: Cleveland è avanti di un battito di ciglia dopo ventiquattro minuti all’insegna di una fisicità fuori dal comune, con James (20 punti e 6 assist) che alterna sapientemente il ruolo di finalizzatore a quello di facilitatore e il tocco magico di Jones dall’arco che spariglia le carte come un jolly pescato dal mazzo di coach Blatt.

Golden State risponde con un Thompson trascendentale (20 punti anche per lui) e può tutto sommato essere contenta così: con un Curry da 2/10 dal campo essere sotto di uno all’intervallo è un affare più che buono per coach Kerr.

L’avvio di ripresa sembra ricalcare quello tutt’altro che esaltante del secondo periodo, elevato però all’ennesima potenza: il 4/21 al tiro messo insieme dalle due squadre nei primi cinque minuti del secondo tempo è l’emblema di un match che ha imboccato con decisione una via contraria ai dettami delle belle arti della palla a spicchi, con gli unici lampi di una gran giocata di Curry dal palleggio e di una doppia stoppata di Bogut e Green ai danni di LeBron.

Il 51-49 Cavs e la nottataccia di Curry, però, sono anche figli dello spirito di un figlio del Down Under, che con la sua grinta sta trascinando gli uomini dell’Ohio oltre l’ennesimo limite della loro corsa nei playoff: Dellavedova gioca una difesa commovente sull’Mvp, tenendogli il fiato sul collo in ogni possesso e permettendo ai compagni di ingabbiarlo in raddoppi soffocanti.

6529598-3x2-700x467Golden State si perde insieme al suo leader, Cleveland certamente non brilla in attacco ma con una difesa così ermetica basta il minimo sindacale per scappare di nuovo sul +6, prima che Thompson riapra l’ufficio con la tripla dall’angolo imbucata dopo aver mandato al bar Smith.

J.R. e Green, due tipetti tendenti al fumantino, si scambiano cortesie reciproche meritandosi la tirata d’orecchi e il doppio tecnico fischiato dalla terna arbitrale, il 5 ospite non si scompone e si carica mandando a bersaglio una tripla propiziata dall’ennesimo passaggio chirurgico di un James che attenta già alla tripla doppia.

LeBron però si intestardisce in attacco, commettendo due violazioni dei 24 secondi in altrettante azioni condotte con isolamenti estremi che male incolgono ai Cavs. Per riportarsi a tiro gli Warriors si affidano ancora una volta a Thompson, che batte l’omonimo Tristan con un gran canestro in uno contro uno.

Allo scadere i padroni di casa avrebbero anche la più semplice delle chance per accorciare ad una sola lunghezza di distanza, ma Speights preferisce una nomination per la prossima puntata di Shaqtin’ a Fool e sbaglia clamorosamente una schiacciata in un contropiede che lo vedeva più solo di Coppi nella leggendaria Cuneo-Pinerolo.

62-59 Cavaliers a dodici minuti dal termine: stavolta ci schieriamo apertamente, non potendo fare a meno di sottolineare la bruttezza di un terzo quarto che, se non altro, è finalmente andato in archivio. Le difese regnano sovrane, con gli ospiti che stanno facendo un lavoro egregio di contenimento (molto vicino all’annullamento) di Curry, mentre gli attacchi appaiono imbalsamati e poco lucidi. Thompson e James stanno costruendo due partite da grandissimi, in vista di un quarto periodo che potrebbe dire molto sugli sviluppi futuri della serie.
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Gli ultimi dodici minuti si aprono col duello a distanza che non ti aspetti: Thompson pareggia i conti in men che non si dica con la tripla messa a segno subendo il fallo di Smith (senza però concretizzare il libero aggiuntivo), ma trova la risposta pronta di Dellavedova che segna il primo canestro della sua gara con un perfetto floater replicato nel possesso successivo.

Dopo un altro meraviglioso canestro di Thompson, che scrive il trentello personale, James si riprende il centro della scena con lo step back che propizia una grandissima tripla (in isolamento, of course), che vale il nuovo +5 Cavs. Coach Kerr va piccolo con Green da 5, Curry continua la sua serata da incubo in quella che, numeri alla mano (3/16 dal campo e 1/11 da tre) può essere al momento considerata la peggior partita della sua stagione e Golden State appare frettolosa e con le idee annebbiate.

LeBron ha insegnato ai suoi nuovi discepoli a riconoscere l’odore del sangue, e Cleveland va alla giugulare della partita. Smith chiude con la tripla una magistrale circolazione di palla, Dellavedova lo imita nel possesso successivo e gli ospiti scollinano per la prima volta della serata oltre la doppia cifra di vantaggio.

L’attacco dei Cavs sembra aver trovato la chiave, con James e Delly che giocano il pick and roll costringendo Curry al cambio non gradito o al recupero sul diretto avversario. Golden State prova ad aggrapparsi a Thompson, ma con poco più di tre minuti da giocare LeBron si inventa una tripla da otto metri che trova solo il fondo della retina per il nuovo +11 che sembra indirizzare il match sulla strada di Cleveland.

Kerr chiama un disperato timeout per sistemare le cose, Iguodala non trema in uscita imbucando la tripla prima della carta dell’Hack-a-Tristan: il Thompson ospite mette un libero su due in entrambi i viaggi in lunetta, mentre dall’altra parte Curry fa gridare all’alleluia tornando a segnare dal campo prima (tripla dal palleggio in faccia a James) e dalla linea dei liberi poi, su gentile concessione di una follia di Smith che regala letteralmente un viaggio gratis alla linea della carità.

In meno di cinquanta secondi Golden State si è riportata sul -5: il pubblico adesso ci crede per davvero, James si prende un tiro difficile mandandolo sul ferro e Thompson sfrutta l’assenza dell’omonimo canadese, sostituito da Blatt per evitare il fallo sistematico, per volare indisturbato al ferro lasciato sguarnito dai mancati aiuti della difesa ospite.

James sistema le cose con un giro immacolato in lunetta, Curry sbaglia ma Iguodala tiene vivo il pallone servendo un solissimo Barnes: schiacciata e altra follia di Smith, che regala un altro libero che vale il -2 Warriors.

È un finale palpitante: James la perde quasi da solo per poi riconquistarla e sfiorare il canestro della serata, Dellavedova vince la battaglia a rimbalzo in difesa ma Shumpert non trova nemmeno il ferro sulla splendida assistenza di LeBron.

Quindici secondi sul cronometro, pallone in mano a Curry: Steph passa in mezzo a James e Thompson, involandosi verso il layup solitario che redime una partita fin qui deficitaria regalando il pareggio ai suoi a sette secondi dalla fine.

Ultimo possesso, palla tra le mani di James com’è ovvio che sia: il 23 batte Iguodala ma l’aiuto lo costringe a una soluzione complicata, con l’appoggio al vetro mancino che non viene accolto dal ferro. Thompson è pronto al tap-in, ma il tocco con la sinistra è fuori misura prima della sirena finale che sancisce la fine dei tempi regolamentari.

87 pari in gara 2: per la prima volta nella storia della Nba i primi due capitoli delle Finals si decidono all’overtime, al termine di quarantotto minuti pazzi nei quali si è visto tutto e il contrario di tutto.

Cleveland aveva la partita in mano, avanti di 11 punti con tre minuti e tredici secondi da giocare: la rimonta incredibile degli Warriors ha annullato il vantaggio ospite, in un finale da infarto che regala il secondo extra time della serie.

L’overtime si apre con un tiraccio di James, che però nel possesso seguente serve Shumpert che sembra esitare ma non può esimersi di alzarsi dall’arco: a dispetto del linguaggio del corpo la conclusione è perfetta, per una tripla pesante come un macigno che spinge avanti i Cavs.

Draymond Green spende il quinto fallo per fermare LeBron, che è perfetto dalla lunetta; +5 ospite, ma il 23 di casa si scuote sul più bello e mette a segno i primi due canestri della sua serata nel momento più importante, con due tap-in che valgono il nuovo -1 con soli due minuti da giocare.

Cleveland chiama timeout, James si isola con Iguodala e viene ingabbiato dal raddoppio di Green: violazione dei 24 secondi e palla Warriors, ma su James c’era un clamoroso fallo non fischiato (al netto dei passi dello stesso numero 23).

Curry vede un passaggio che non c’è e viene infatti intercettato d Shumpert, che non concretizza in transizione ma viene graziato dai padroni di casa che buttano via il pallone per il secondo possesso di fila.

James allora prova a rimettersi in proprio, ma la stoppata di Green vanifica la sua entrata a canestro: palla a due, Draymond usa la forza su LeBron che blocca il pallone in parabola discendente; il regolamento lo proibisce, e con un’altra decisione controversa gli arbitri assegnano nuovamente il possesso ai padroni di casa.

È il momento di Curry, che finta il tiro; Smith cade nella trappola e regala l’ennesimo viaggio in lunetta, col sesto fallo che lo relega definitivamente in panchina. Steph non trema, e i due liberi a bersaglio valgono il primo vantaggio Warriors dal 33-32 a metà del secondo quarto.

Trenta secondi da giocare, James parte a tutto gas e batte Iguodala ma davanti a se trova un Green in versione muro, che gli cancella il tiro con la quarta stoppata della sua serata. Iguodala prova il recupero disperato, Curry non trattiene e i Cavs hanno ancora il possesso.

James stavolta ispira, Jones manda sul ferro dall’angolo ma Dellavedova, diabolico con un diavolo della Tasmania, si avventa sul rimbalzo portando a casa il fischio che vale due tiri liberi.

L’antieroe designato si attiene al copione più folle che sia mai stato scritto, imbucando entrambi le conclusioni e riportando avanti i suoi a dieci secondi dal termine.

Kerr affida il pallone a Curry, Delly difende ancora da manuale e Steph non trova nemmeno il ferro. LeBron si assicura il rimbalzo ma splitta i due liberi: c’è ancora tempo per un disperato tentativo ma Golden State, priva di timeout, perde ancora una volta palla con Shumpert che sporca un passaggio ai limiti dell’impossibile di Curry per Thompson. 6529828-3x2-700x467

Finisce qui, con LeBron che quasi spacca il parquet con una pallonata scaricando tutta l’adrenalina di una partita da infarto: priva anche di Kyrie Irving, Cleveland espunga la Oracle Arena col punteggio di 95-93 pareggiando la serie e prendendosi il fattore campo delle Finals.

Lo fa col cuore di una squadra capace di andare oltre i propri limiti, che porta a casa gara 2 tirando con un misero 32% dal campo ma mettendo sul terreno di gioco una quantità attributi e voglia di vincere più forte di qualunque statistica.

James tira in linea con la serata dei suoi (11/35 dal campo), ma mette insieme una prova da 39 punti, 16 rimbalzi e 11 assist che rappresenta la sua quinta tripla doppia in una gara di finale.

Un Mozgov sempre più sorprendente chiude con la doppia doppia da 17 punti e 11 rimbalzi, unico altro Cavalier in doppia cifra assieme a Smith (13 punti).

Ma il giocatore chiave della serata è quello dal box score muto (o quasi), perché i numeri non sono capaci di raccontare quanto fatto da Matthew Dellavedova in questa serata: l’australiano, forse ispirandosi a Claudio Gentile in Italia-Argentina del Mundial ’82, marca Steph Curry come nessuno aveva mai saputo fare da inizio stagione a questa parte, rivelandosi la chiave di un successo costruito sulla grinta e su una difesa d’acciaio.

Solita prova si sostanza da parte di Thompson, autore di due soli punti ma capace di catturare 14 rimbalzi (7 dei quali offensivi). Anche James Jones si iscrive alla categoria protagonisti a sorpresa, con 8 punti pesanti dalla panchina, mentre Shumpert mette a segno un canestro importante nell’overtime prima di sigillare il successo con la rubata nell’ultimo possesso.

Di tutt’altro umore invece la sponda Warriors, che nel secondo match casalingo si fa sopraffare dalla grinta ospite non riuscendo a centrare un successo che avrebbe potuto dare un primo indirizzo alla serie. Golden State, tradita da un Curry capace comunque di mettere a referto punti importanti tra quarto periodo e overtime ma autore di una prova disastrosa al tiro (19 punti totali con 5/23 e 2/15 da tre, maggior numero di triple sbagliate nella storia delle Finals).

Thompson ha recitato da trascinatore con i suoi 34 punti (14/28 dal campo), ma è stato dimenticato al supplementare (un solo tiro tentato all’overtime) e non è riuscito a portare i suoi al successo.

Prova di sostanza per Barnes, autore di 11 punti e 6 rimbalzi, così come quella di Green che viene fuori alla distanza con due canestri vitali nell’extra time uniti a due stoppate da film ai danni di James (10 punti, 10 rimbalzi, 5 rubate e 4 stoppate per il 23 di casa).

Golden State stavolta viene abbandonata dalla panchina: Iguodala fa un ottimo lavoro su LeBron mettendo insieme anche 7 punti, 6 rimbalzi e 5 assist, ma gli altri gregari steccano e non riescono a dare il consueto apporto alla causa.

Emblematico il tragicomico errore di Speights, che si è mangiato due punti comodi allo scadere del terzo quarto che lasciano per strada parecchi rimpianti.

Il secondo atto delle Finals 2015 è già storia: se l’è preso Cleveland, che con un cuore grande così ha violato una delle arene più calde e difficili da espugnare.

Si torna in Ohio sull’uno pari, una situazione sulla quale LeBron e soci avrebbero messo la firma: senza Kevin Love, senza Kyrie Irving, i Cavaliers hanno mandato un chiaro segnale ai diretti avversari.

Martedì notte sarà di nuovo tempo di rivincita: nelle segrete stanze, Curry e compagni tramano la vendetta, pronti a dare tutto per riprendersi il fattore campo e il comando della serie.

Ingredienti perfetti per un confronto degno delle aspettative: appuntamento tra due notti, con l’insonnia che promette di far compagnia ancora a lungo agli appassionati della palla a spicchi.

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