Comunque vada sarà un successo. Questa la sostanza per questi Hawks, che si affacciano alla finale di Conference dopo quarantacinque anni di attesa. 

Basterebbe questo dato, in aggiunta forse al fatto che a inizio stagione nessuno li prendeva in considerazione per i playoffs, e che Mike Budenholzer si è aggiudicato il titolo di allenatore dell’anno, per decidere di fargli i complimenti e non prendere in considerazione le corpose critiche che da un po’ di tempo a questa parte stazionano dalle parti di Atlanta.

Eppure i problemi ci sono, in casa Hawks, ad anche a volerli ignorare saltano agli occhi ogni volta che li vedi giocare. E si sono visti anche in questa serie, nonostante anche stavolta le aquile se la siano portata a casa senza neppure andare a gara sette. 

E a ben vedere quella di stanotte, gara 6, è stata forse la partita-esempio dell’intera serie e forse degli interi playoffs per gli uomini di “coach Bud”. Senza ritmo e fluidità in attacco, con buona volontà ma anche una certa dose di confusione in difesa, e con una serie di uomini chiave fuori forma, Atlanta ha faticato a trovare canestri fin dall’inizio del match. 

Per fortuna, ed è così molto spesso ad Est, dall’altra parte non andava molto meglio, anzi. Allenare Washington con John Wall a mezzo servizio è come avere un garage senza un’auto da metterci dentro e Randy Wittman ne è consapevole.

 Il solo Bradley Beal non può fare miracoli, Paul Pierce è soprattutto un (grande) giocatore di situazione mentre Nenè e Gortat (alla fine 7 punti in due) fanno più danni della grandine, concedendo rimbalzi offensivi a volontà e non segnando nemmeno da un metro. 

Nel primo quarto le squadre provano a giocare a basket, e tutti i loro limiti saltano agli occhi. Non si concretizzano punteggi lillipuziani solo perché entrambe si producono in una serie di amnesie a rimbalzo che consentirà al tabellone di segnare un dignitoso 26 pari a sette minuti dall’intervallo, frutto in buona parte dei venti rimbalzi offensivi complessivi. 

Si salvano solo Teague e Carroll da una parte, e Beal dall’altra, con Wall che si produce diligentemente in una partita da play bianco stile NCAA, mettendo comunque qualche punto dalla media. 

Nella confusione generale Atlanta sembrerebbe avere qualcosa in più, non foss’altro perché i suoi si portano dietro geneticamente un po’ più di dinamismo, ma una mini sfuriata di Beal tiene a contatto i Wizards fin quasi alla fine del primo tempo, chiuso comunque a +6 per Atlanta. 

Alla ripresa, pian piano, gli Hawks se ne vanno fino alla doppia cifra di vantaggio, e così Wittman la smette con gli schemi complicati e ordina a suoi due big di buttarsi dentro, in transizione o a difesa schierata. 

Non che ottenga granché, se non qualche punto dalla lunetta, e Atlanta con qualche buona giocata di Teague all’inizio dell’ultima frazione mantiene le distanze.

Per i Wizards però è la partita della vita, e provano a stringere in difesa. Tanto basta per far scivolare Atlanta in uno dei suoi buchi neri offensivi, già più che collaudati durante questa post season. 

Per gli Hawks non segna più nessuno, con l’aggiunta di qualche palla persa, ed è così che ci ritroviamo a quattro minuti dalla fine con le squadre punto a punto. Qui, però, Washington non riesce più a cavare un ragno dal buco.

 Nenè si produce in tre possessi terrificanti dai quali non tira fuori nemmeno un ferro, Beal non ce la fa più, Wall non può fare la differenza, e così bastano due assist di Teague (il migliore in campo) per dare ai suoi i quattro punti di vantaggio che a una manciata di secondi dalla fine sembrano incolmabili. 

Sembra, perché Horford si vede bene dal chiudere il discorso e sbaglia il tiro libero del +4 a una manciata di secondi dalla sirena, dando la possibilità a Pierce di presentarci l’ormai conosciuta specialità della casa: tripla dall’angolo in fade away con due mani in faccia. 

Overtime? Forse prima dell’introduzione dell’instant replay, adesso no, perché la tecnologia ci dice che la palla ha lasciato le dita di “The Truth” un decimo di secondo troppo tardi.

E così finiscono i playoffs dei Wizards, con la chiara sensazione che senza quel dannato infortunio a Wall le cose sarebbero andate diversamente, ma anche che senza una front line adeguata non si può andare molto avanti, nemmeno ad Est. 

Atlanta e Cleveland invece, le prime due teste di serie, dovranno vedersela per l’accesso alle Finals. Sì, è vero, gli Hawks giocano male da parecchio, sono una delle teste di serie numero uno più scarse da parecchi anni a questa parte, se la sono cavata per un pelo contro squadre di livello non eccezionale, hanno approfittato di un (decisivo?) infortunio del miglior giocatore avversario durante l’ultima serie, e forse sono sempre dentro solo perché si tratta della Conference nettamente più debole, ma chi se la sente di criticarli?

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