Dopo la stagione più travagliata della loro storia conclusasi l’estate scorsa con l’acquisizione della franchigia da parte di Steve Ballmer, ex amministratore delegato di Microsoft, i Clippers erano attesi ad una stagione ai primissimi posti della Western Conference.

Un anno di rodaggio sotto la guida di Doc Rivers sarebbe stato necessario, una stagione che avrebbe dovuto fare da trampolino per il futuro. Proprio il coach ex Celtics, tanto voluto da sacrificare una scelta al Draft, doveva essere il pezzo mancante per completare il puzzle.

Invece le lacune che hanno accompagnato la squadra di Chris Paul nella passata stagione conclusasi con l’eliminazione al secondo turno sono le stesse riscontrabili in questa prima parte di campionato.

Da quando Paul è arrivato a Los Angeles i “velieri” hanno sempre raggiunto la post season, fatto storico per una franchigia da sempre ai margini, ma non hanno mai superato il secondo turno. La sensazione è che la squadra, così com’è oggi, non potrà migliorare quello fatto in passato.

Eppure i Clippers sono una squadra perfetta per i play-off. Hanno un efficienza offensiva altissima combinata con un PACE factor (numero di possessi per partita) nella media. Nei play-off i ritmi tendono ad abbassarsi e la loro capacità di segnare molto anche con meno possessi è sicuramente un vantaggio.

I Clippers non hanno uno dei PACE tra i più alti, circa 94 possessi a gara mentre Golden State guida la classifica con quasi 99, ma sono efficientissimi, mettono a referto molti punti nonostante giochino mediamente meno possessi di molte altre squadra.

Avere un PACE alto non equivale ad essere vincenti. Aumentare il numero di possessi è anche una strategia per poter nascondere grossi limiti nel gioco a metà campo. Escludendo Golden State e Phoenix le altre squadre con i ritmi di gioco più alti sono di bassa classifica come Boston, Denver e Philadelphia.

Rispetto alla passata stagione il numero di possessi a gara è praticamente lo stesso, 95 contro i 94 attuali, ma nella stagione in corso la percentuale di tiri presi nei primi 10 secondi è scesa dal 43% al 39%.

Una dei punti di forza dei Clippers sono i due lunghi titolari Blake Griffin e DeAndre Jordan. Il loro atletismo è sfruttato al massimo in campo aperto quando concludono da rimorchio l’azione arrivando in corsa o come finalizzatori di passaggi alzati al ferro. Non a caso il 6% delle conclusioni dei Clippers è rappresentata da schiacciate o tap-in, una delle percentuali più alte di tutta la lega.

Allargando la visione della mappa di tiro, ben il 76% delle conclusioni prese dalla squadra di Rivers sono dalla medio-lunga distanza. Tra le squadre di testa della Western Conference sono quelli che si affidano maggiormente al tiro da fuori.

Una squadra che fa scelte estreme come Houston che prende tiri, se possibile, solo da oltre l’arco dei tre punti o vicino al ferro ha una percentuale di conclusioni vicino a canestro, frutto di penetrazioni o di assist dopo la penetrazione, del 31% e solo del 63% del tiro perimetrale. Letteralmente un abisso che fa bollare i Clippers come una squadra che dipende troppo dalle percentuali del tiro da fuori.

Crawford con il 91% dei tiri, Redick 98%, Paul 91%, queste le percentuali delle conclusioni dalla lunga distanza dei tre esterni cardine dei Clippers. Se aggiungiamo anche Hawes, il centro di riserva che utilizza questo tipo di conclusioni per il 72% e Barnes, l’ala piccola principale, la mappa di tiro dei Clippers è sbilanciata nettamente verso l’esterno.

Sbilanciata anche perchè il gioco in post basso è quasi assente. DeAndre Jordan è cresciuto in moltissime fasi del suo gioco ma non si è costruito un movimento affidabile vicino a canestro e Blake Griffin fatica ancora troppo quando parte staticamente spalle a canestro.

Analizzato un attacco comunque esplosivo con oltre 113 punti d’efficienza offensiva, praticamente senza differenza tra casa e trasferta, quello che può essere considerato il vero punto debole dei Clippers è la difesa. Per efficienza difensiva sono solamente diciassettesimi.

Se analizziamo la metà campo difensiva la graduatoria dei Clippers non rispecchia quella di una squadra di alta classifica. Subiscono mediamente 5-6 punti in più per cento possessi di Golden State e Portland, le migliori per efficienza difensiva. Con il 50% concesso come percentuale al tiro agli avversari ancora una volta sono nella parte deficitaria della graduatoria, sintomo di una difesa non ancora solida.

Tra gli aggiustamenti possibili al roster è stato identificato Austin Rivers, combo guard che può fare da cambio a Paul e aggiungere alla squadra un’opzione offensiva con un giocatore capace di penetrare. L’altro ruolo da coprire è quello di ala piccola dove il solo Matt Barnes non ha alternative valide.

In attesa di future mosse sul mercato che comunque difficilmente rivoluzioneranno il roster, quello che devono trovare i Clippers è un nuovo equilibrio che possa mantenere un attacco così efficiente ma che possa migliorare la fase difensiva.

Doc Rivers ha dimostrato in passato di saper ottenere dai suoi giocatori molto di più di quello che ci si sarebbe atteso. Quando ha avuto una squadra all’altezza ha lottato  per l’anello.

Ai Clippers ha la possibilità di allenare una delle migliori squadre della NBA per talento e profondità, il difficile sarà trovare quei piccoli aggiustamenti che faranno dei Clippers una vera contender o ci sarà il rischio concreto di chiudere ancora una volta l’anno con l’amaro in bocca.

One thought on “I Clippers in cerca di continuità

  1. Dopo una prestazione superlativa con San Antonio hanno perso contro i Brooklyn Nets, infatti!

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