In questo campionato, i Toronto Raptors stanno festeggiando i vent’anni della loro militanza NBA. Li ricordate? Quelli di Damon Stoudamire, Doug Christie, del pazzo Alvin Robertson ed anche un po’ quelli anche di Vincenzino Esposito, i quali, in una moda completamente differente da quella odierna, tornata all’essenziale, vestivano ancora quelle vistose uniformi colorate, con un grande dinosauro che campeggiava sul fronte nel mezzo di numerose strisce verticali.

Per festeggiare in maniera idonea in modo degno la nascita di quella che oggi è rimasta l’unica compagine canadese di tutta la Lega, oltre che rivestire quelle stesse uniformi in occasioni particolari, non c’era idea migliore che continuare a promuovere la nuova identità della franchigia, il rebrand, il nuovo slogan coniato lo scorso aprile, prima di cominciare a giocare la postseason. “We The North”.

Ma in questo preciso istante, dopo una partenza così folgorante, forse la frase più corretta potrebbe essere un’altra: “We The Eastern Conference”.

Masai Ujiri è il GM del nuovo corso dei Raptors.

Masai Ujiri è il GM del nuovo corso dei Raptors.

Già. In queste prime battute stagionali i Raptors sono abbondantemente primi ad est (13-2 al momento della scrittura dell’articolo), e stanno tenendo ritmi difficili da mantenere per chiunque. L’impressione, è che stiano seguendo correttamente il percorso ricostruttivo cominciato con il nuovo regime manageriale diretto da Masai Ujiri, in sella dal maggio del 2013, il quale nel giro di poche mosse ha rimesso in pista una squadra che oggi si presenta ancora più completa dell’anno passato, della quale sono stati studiati i limiti, ed alla quale sono state apportate le opportune correzioni mantenendo nel contempo le parti imprescindibili della formazione ben ancorate sul posto. Un segno, questo, che Toronto è vuole decisamente ambire a molto più che ad un’uscita al primo turno di playoffs contro un’avversaria sulla carta inferiore come Brooklyn.

Il capace GM di Toronto ha dimostrato lungimiranza, ed ha cominciato a muovere le prime pedine in tempi non sospetti, forse avendo già il quadro attuale in testa prima che chiunque altro potesse arrivarci. Ha preso quella che fino a questo momento sembra essere un’ottima decisione, ovvero il trattenersi dallo scambiare Kyle Lowry alla trade deadline dello scorso febbraio rischiando di perderlo da free agent, convincendolo a restare e decidendo di farne il giocatore attualmente più pagato a roster fissando un importante punto di partenza per mantenere inalterato un nucleo dimostratosi in grado di competere con costanza per le 50 vittorie stagionali.

Ujiri ha capito che per essere competitivi i Raptors avrebbero dovuto possedere una stringa di seconde linee adatta a tenere i ritmi dei titolari, lacuna in parte risolta la stagione scorsa con la trade che spedì Rudy Gay ai Kings – operazione che ha portato una grossa fetta della panchina odierna, ossia Greivis Vasquez, Patrick Patterson e Chuck Hayes –  e che risulta ulteriormente colmata dalla firma di Louis Williams, il quale si sta rivelando essere uno degli uomini-chiave per il successo di questo primo mese di gioco.

Lou WIlliams, eccellente sesto uomo.

Lou WIlliams, eccellente sesto uomo.

Williams è giunto in Canada attraverso una trade orchestrata con la sua vecchia squadra, gli Atlanta Hawks, e sembra essere atterrato nel luogo giusto nel momento più opportuno della sua decennale carriera.

Lou, come molti talenti che arrivano giovanissimi nella Lega, ha passato tanti anni ad esprimersi come realizzatore sfruttando le sue grandi doti atletiche, ritagliandosi un posto tra i migliori sesti uomini della NBA. Lasciato andare dal team che lo aveva scelto al secondo giro del Draft 2005, Philadelphia, Williams optò di firmare con Atlanta, luogo nel quale ha giocato molto poco anche a causa dell’infortunio al crociato anteriore che ne terminò anzitempo la stagione 2012/2013, durante la riabilitazione del quale, come spesso accade, ha cominciato quel processo di maturazione professionale che ancora gli mancava per compiere il gradino successivo della sua carriera.

E tale passo lo vede oggi come importantissimo sesto uomo di una squadra che conta tantissimo sulle sue esplosioni offensive venendo dalla panchina, perché i Raptors sono una squadra dinamica ed atletica, già in grado di partire forte con il quintetto base, quindi il ruolo di Williams diviene determinante per mantenere, se non addirittura aumentare, i divari di punteggio che i ragazzi di coach Dwayne Casey riescono ad ottenere sin dalle prime battute.

E lui sta rispondendo rispettando pienamente il ruolo che gli è stato assegnato, rispecchiando le attese di una squadra che in offseason gli aveva fatto capire quanto ci tenesse ai suoi servigi, producendo 13.6 punti di media in nemmeno 20 minuti di utilizzo per gara.

E proprio una delle chiavi del funzionamento del sistema Raptors è che, proprio come Lou, tutti i compagni pongono la corretta attenzione nel rispetto dei loro assegnamenti tenendo il numero di errori al minimo, ragion per cui l’attacco è molto fluido e dinamico, e la difesa risulta molto attiva ed efficace, il che spiega il più che positivo differenziale medio tra punti segnati (108) e subiti (96.4) in questo avvio, ed esplica pure la tendenza di piazzare diversi parziali mortiferi, trovando la motivazione di alcuni divari importanti leggibili in diversi tabellini di fine gara.

Le soluzioni offensive sono molteplici, ne consegue che fermare Toronto sia tutt’altro che una tranquilla passeggiata al parco.

Il gioco può partire dal blocco del lungo appena dentro l’area dei tre punti, e subito viene liberata una corsia percorribile dalla guardia per andare a canestro oppure per scaricare sul perimetro, una scelta che sia Kyle Lowry, specialista in entrate grazie anche al fisico massiccio a discapito della statura non eccelsa, che DeMar DeRozan, in grado di battere l’avversario con il primo passo, prediligono per tenere alte le percentuali di realizzazione dentro l’area.

E questo vale per tutti gli uomini del roster, ognuno dei quali usufruisce di un numero di opportunità relazionato al suo minutaggio, chiaro, ma si tenga presente che non appena qualcuno si accorge di un mis-match ghiotto, la palla va immediatamente a chi può sfruttare adeguatamente la situazione, indipendentemente dalla sua gerarchia in squadra.

Proprio DeRozan, che con Lowry forma uno dei migliori backcourt NBA, ha mostrato progressi tecnici determinati dall’intelligenza delle sue decisioni e dall’attenzione ai dettagli, non solo scegliendo correttamente per l’entrata, l’arresto e tiro o per lo scarico, ma individuando pure con rapidità eventuali squilibri di marcatura, che di tanto in tanto gli aprono soluzioni per il gioco in post, dove può far valere i centimetri e le sue caratteristiche atletiche.

Jonas Valanciunas è uno dei giovani big men più interessanti della NBA.

Jonas Valanciunas è uno dei giovani big men più interessanti della NBA.

Tuttavia, pochi altri giocatori sembrano rivestire l’importanza di Jonas Valanciunas, un lungo che nella NBA di oggi si può definire un lusso, giovanissimo (classe 1992) e futuribile, ma già capace di incidere da entrambi i lati del campo. In attacco ha sviluppato dei movimenti molto efficaci in avvicinamento a canestro, dove predilige la conclusione in gancio sfruttando un tocco molto morbido, ed ha un ottimo senso della posizione riguardo al rimbalzo offensivo, determinante per fornire possessi aggiuntivi.

Dal punto di vista difensivo, la sua presenza si sente parecchio: il disturbo del tiro ravvicinato, l’istinto nel seguire la traiettoria di una conclusione errata dal perimetro, la capacità di stoppare mantenendo la verticalità senza provocare falli inutili, sono caratteristiche fondamentali per sporcare le percentuali avversarie, e sconsigliare nuove avventure sotto il cesto.

A questo si aggiunge l’attività del resto del gruppo. C’è tanta enfasi nell’intervenire sulle linee di passaggio, e quando questo accade i Raptors possono innescare tutta la loro velocità in contropiede, un aspetto del gioco che la coppia DeRozan/Lowry sa certamente come portare a conclusione.

Quello del fastbreak è un concetto cui Casey tiene moltissimo anche in difesa, dato che dal momento che il tipo di gioco spinge le guardie dentro l’area, spesso queste faticano a tornare tempestivamente, ed in alcuni momenti della partita chi resta fuori dal perimetro ha il compito del fallo tattico, perchè qui punti facili non se ne vogliono concedere proprio a nessuno.

Uno dei backcourt più forti di tutta la Lega.

Uno dei backcourt più forti di tutta la Lega.

La pulizia nella gestione del pallone è la qualità che più delle altre sembra essere venuta a galla nel delineare i tratti positivi di questa squadra, per esempio Lowry dirige molto bene i possessi scrivendo attualmente a referto un differenziale di +5 tra assist e palloni persi di media, cui si aggiungono le oltre due rubate a gara ottenute sommando le sue statistiche a quelle del suo amicone DeMar, circostanze dalle quali nascono spesso e volentieri le opportunità di ripartenza con superiorità numerica.

Fermare i Toronto Raptors è un esercizio arduo, perché possiedono tanta efficacia, tanto offensiva quanto difensiva, e sono pure un bel gruppo di giocatori, pronti a sacrificarsi l’uno per l’altro tenendo alto il concetto di squadra.

Ed è proprio questa la caratteristica che forgia questo gruppo, che ha già digerito molto bene i (pochi) nuovi innesti in un sistema già collaudato, il quale ora non attende altro che una logica progressione nello sviluppo di un nucleo che ha le carte in regola per rivelarsi vincente in diverse stagioni a venire.

Ci saranno sicuramente momenti di difficoltà, periodi particolarmente negativi che sarà necessario mettersi alle spalle con immediatezza, a chi non capita di doverli attraversare, ma i Raptors sembrano mentalmente solidi, e pronti a stabilirsi tra le potenze della Eastern Conference.

Sono una squadra che vive sulle emozioni forti, sostenuta da una tifoseria che durante gli scorsi playoffs non ha mai fatto mancare il suo enorme affetto, basti pensare al frastuono dentro, ma soprattutto fuori dall’Air Canada Centre, dove una marea di persone ha seguito ogni partita della serie contro i Nets su un mega-schermo sventolando orgogliosamente bandiere con la foglia d’acero, inneggiando incessantemente ai propri beniamini.

E proprio quel cocente epilogo, sconfitta di un punto in gara 7, immaginiamo possa rappresentare il punto di ripartenza motivazionale di Casey per spronare i suoi ragazzi a fare ancora meglio, per se stessi, ma anche per ripagare un pubblico davvero eccezionale e meritevole dei loro sforzi sul campo.

Vedremo come andrà a finire, senza farci prendere troppo facilmente da entusiasmi o giudicare già per finiti i Cavs di LeBron, che della Eastern dovevano essere padroni assoluti.

Tuttavia, se i ritmi dovessero rimanere questi, si può tranquillamente supporre che a maggio ci sarà più di una squadra che dovrà varcare il confine americano e provare ad addentrarsi nel Grande Nord per fare strada in post-season, trovandosi ad affrontare un’avventura che sembra improba per chiunque, al momento.

 

3 thoughts on “Toronto Raptors pronti a dominare l’Est?

  1. Bell’articolo, complimenti…ho notato anche io la tendenza dei Raptors di non regalare punti facili in campo aperto, ricorrendo al fallo tattico (cosa che raramente si vede sui campi NBA).

    Per il resto gran bella squadra, spero che non si perdano nel prosieguo della stagione perché giocano veramente bene

  2. Bellissimo articolo, Dave, Alla faccia di quelli che dicevano che senza Calderon Toronto sarebbe sprofondata.

  3. Ciao Dave, Come stai?

    1) Cosa ne pensi di Mirotic ed Ibaka? Quale dei 2 pensi sarebbe meglio per la Spagna portare al prossimo europeo?
    2)Secondo te Curry potrebbe vincere l’MVP?
    3)Che ne pensi di Anthony Davis?

    Un caro saluto,

    Riccardo.

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