Un po’ di fortuna

Ovvero quella che i gialloviola non hanno avuto per tutta la durata dell’ultima stagione.

Difatti, tra infortuni più importanti o meno, il cammino dei Lakers è stato alquanto tortuoso, in primis per via dell’assenza di Kobe Bryant, il quale non ha avuto neanche il tempo di rientrare dalla convalescenza in seguito all’operazione al tendine d’achille, che si è dovuto nuovamente fermare dopo appena sei partite giocate, questa volta per colpa del ginocchio.

Fuori per tutto il resto della stagione, tanto peggio di così non poteva andare. La più brutta regular season della squadra losangelina dal 2004-05, in sostanza l’ultima volta in cui non si qualificarono per la post-season.

27 vittorie e 55 sconfitte promettevano comunque una scelta alta al draft e così è stato, entrando tra le prime dieci, in settima posizione, per la precisione.

Allora ecco che la più mera sfortuna si può trasformare subito in fortuna, specialmente in un draft così ricco di talento, dove stare in alto significa portarsi a casa se non un futuro all-star, almeno un giocatore di sicuro spessore.

Le dimissioni di coach Mike D’Antoni, poi, sono state viste di buon occhio dagli addetti ai lavori di sponda Lakers, nonché dai tifosi. Giocare lo small ball è bello ok, così come vedere un tale spettacolo sul parquet, con giocate veloci e punteggi altissimi, ma è risaputo che non si ottengono risultati.

A parte questo, non c’è mai stato grande feeling con l’ex playmaker dell’Olimpia Milano, perciò si è trattato quasi di un allontanamento forzato, dettato in segreto da Mitch Kupchak, seccato dal non poter più fare liberamente il proprio lavoro solo perché il coach pretendeva di avere giocatori adatti esclusivamente al proprio modo di giocare.

Il suo lavoro, invece, l’altra sera lo ha fatto ed egregiamente, ma non poteva sbagliare un calcio di rigore a porta vuota, nessun degno tifoso di questa maglia glielo avrebbe mai perdonato.

Infatti, dopo sei chiamate, un certo Julius Randle sedeva ancora nella green room, in attesa che qualcuno lo chiamasse. Non si aspettava di scendere così in basso, soprattutto dopo una seconda parte di stagione a Kentucky davvero eccezionale.

Ma ecco che il commissioner Adam Silver fa il suo ingresso sul palco del Barclays Center di Brooklyn e intonando le solite parole da buon cerimoniere, aggiunge proprio il nome di Julius a quello dei Los Angeles Lakers.

Il ragazzone texano tira un sospiro di sollievo, si allaccia con comodo la giacca, abbraccia a malapena i famigliari, perché non vede l’ora di indossare il cappellino con lo stemma dei Lakers e stringere la mano al numero 1 della NBA.

Il suo pensiero principale, però, va direttamente a Kobe Bryant, suo idolo di sempre, che gli ha dato immediatamente il benvenuto via Twitter, rendendolo ancora più impaziente di giocare assieme a lui, la prossima stagione.

Ma come potrà integrarsi nel sistema dei Lakers? Beh, molto semplice, i Lakers non hanno ancora un sistema, non avendo ancora un allenatore.

Anzi, sarà chiunque si siederà sulla panchina a doversi adattare alla presenza del nuovo arrivato che sicuramente avrà un posto da titolare, molto probabilmente al fianco di Pau Gasol, sempre che lo spagnolo non venga ceduto per poter arrivare a qualcosa di più.

Quel qualcosa di più potrebbe essere rappresentato dal sogno chiamato Kevin Love, il quale i giornali losangelini sembrano aver abbandonato, ma che ancora tormenta chi lo vorrebbe vedere in purple & gold.

Il nativo di Santa Monica potrebbe essere il perfetto complemento di Randle, specialmente nella fase offensiva, allontanandosi maggiormente da canestro rispetto all’ex Wildcat, che invece possiede un gioco più interno, maggiormente esplosivo, anche perché il suo range di tiro è alquanto limitato.

Julius possiede un’ampia gamma di movimenti che permettono di schierarlo anche da 3 tattico, in grado di spostarti le difese con la sua mirabolante fluidità, dovuta ad un fisico non ancora del tutto sviluppato (e vorrei vedere, deve ancora compiere vent’anni), ma dotato di ottima agilità.

Questo dipenderà da come andrà il mercato estivo dei Lakers, i quali non hanno ancora rinunciato al desiderio Carmelo Anthony, che ha deciso di sondare la free agency e al quale Kupchak farà sicuramente un’offerta.

L’ala dei Knicks sembra, però, più improntata nell’andare lontano da una piazza in ricostruzione (anche se giocare con Kobe non piacerebbe solo a Julius), puntando, preferibilmente, su Chicago o Houston.

Poi c’è l’altro, LeBron James, la cui intenzione sembra quella di sfruttare la clausola per uscire dal contratto e vedere chi è disposto a dargli più garanzie, di soldi e titoli.

Quali saranno le intenzioni dei sedici volte campioni del mondo, però, lo si capirà solo a partire dal primo luglio. Intanto, l’unica certezza, è quella di aver piazzato un gran colpo che porta il nome di Julius Randle, capace di far riaffiorare un minimo di entusiasmo nei fans gialloviola, più ottimisti che mai verso un immediato futuro che promette scintille.

Scintille che promette di farle pure Jordan Clarkson, scelto dai Washington Wizards alla 46, ma subito ceduto ai Lakers. L’ex guardia di Missouri si è già preso i complimenti di Kupchak che lo ha definito un giocatore di stazza, buon difensore ed eccellente nell’attaccare il ferro.

La prima possibilità di vederlo in azione sarà alla Summer League di Las Vegas, dove sicuramente non ci sarà Randle, il quale si sottoporrà, con ogni probabilità, ad un intervento chirurgico al piede e per cui si dovrà aspettare un po’ di più per ammirarne le gesta.

 

6 thoughts on “Los Angeles Lakers: il draft, il mercato

  1. Ammesso che arrivare a LBJ, Melo o Love mi sembra molto difficile e Kuptchak ha ammesso che potrà arrivare un solo free agent di livello questa stagione per puntare tutto sulla prossima, non mi dispiacerebbe vedere Ariza ed uno tra Lowry/Bledsoe o Thomas in maglia purple-gold. Comunque era da quando firmarono Shaq che non era così esaltato per i Lakers in off-season durante la free agency.
    E non vedo l’ora di vedere all’opera Randle, ne parlano tutti un gran bene, vediamo se avrà un grande impatto in NBA da subito.

    • LeBron vuole il massimo salariale e non ce lo possiamo permettere, mentre per Love non è mai stata fatta un’offerta, quindi non la vedrei così difficile portarlo ad LA se non fosse che i T-Wolves chiederebbero sicuramente Randle, di cui Kupchak si è già innamorato e non si vorrà di certo separare. A proposito di Randle: da quanto trapelato nelle ultime ore, potrebbe non doversi sottoporre ad un intervento chirurgico al piede. Tutto dipende dall’esito della visita di oggi. Intanto è nel roster per la Summer League di Las Vegas. Non si sa mai…

  2. Lebron e Melo non andranno a Los Angeles e non perchè i Lakers non possono offrigli il massimo salariale, ma perché a 30 anni sono alla ricerca di una squadra con cui poter vincere subito, lo sono i lakers? No, non lo sono, Kobe ha 38 anni e non ringiovanisce di certo se Melo ha dubbi sul fatto che D Rose possa ancora essere il giocatore di prima figuriamoci Kobe che non gioca da praticamente 2 anni e che con il contrattone che ha firmato tra l’altro non lascerebbe grande spazio di manovra per cercare altri free agents una volta perso uno dei 2, stesso discorso per Love, se (ma soprattutto) quando minnesota deciderà di cederlo, Saunders avrà sicuramente proposte migliori sul suo tavolo rispetto a Randle o Gasol (ad esempio Davide Lee + uno tra Barnes e Thompson dai Warriors) credo che i Lakers debbano mettersi l’animo in pace e iniziare a pensare al rebuilding e lasciare il “retooling” a chi come gli Heat ha i campioni per poterlo fare

    • Posto che Melo ai Lakers non farebbe la fortuna della squadra, James cercherà di accasarsi A) dove avrà la possibilità di prendere quanti più soldi possibile B) in una squadra che, anche in virtù della sua presenza, possa ambire al titolo. Lo sono i Lakers ? Al momento no, ma bisogna vedere quali movimenti faranno. Bryant ha comunque 35 anni, quasi 36 (Duncan, non da solo, ha comunque banchettato su Miami a 38, lui sì).E’ fermo da 1 anno e non da due e, quale giocatore di maggior talento da Jordan ad oggi, l’impressione è che la differenza la farà ancora e se ne accorgeranno in molti. Quanto al mercato, vedremo, non mi pare che a Miami ci sia la fila per giocare con James, Wade (max 20 partite di livello a stagione) e Bosh (non certo meglio dell’attuale Gasol).

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