Dopo gara 2 è partita una mini serie da cinque gare che deciderà chi si impadronirà del Larry O’Brien Championship Trophy 2014. Tenendo a mente l’esito dei primi due episodi, l’ultimo in particolare, era abbastanza ovvio aspettarsi una reazione più che rabbiosa degli Spurs, soprattutto nelle persone che più incarnano lo spirito guerrigliero e battagliero della formazione texana: Tim Duncan e, soprattutto, Gregg Popovich.

I Miami Heat in avvio non riescono, infatti, a fermare la macchina offensiva messa su dai nero-argento, che conducono le danze in maniera sublime.

Il primo, ed anche abbastanza telefonato, aggiustamento alla formazione di Popovich si chiama Boris Diaw. Il francese aiuta, e non poco, le veloci transizioni degli speroni che così tanta difficoltà creano alla difesa della formazione di casa. La capacità di imporre il proprio ritmo in avvio, senza consentire a Miami di opporre la benchè minima resistenza è stata, ancora una volta, la nota principale delle prime avvisaglie del match.

Gli Heat, dal canto loro, continuano con la tendenza che ha condizionato l’avvio dei primi due scontri, riassumibile in un semplice concetto tecnico: turnovers.

Già, perchè la squadra di Spoelstra continua a perdere palloni contro la difesa degli Spurs, che si chiude sempre bene ed effettua in ogni situazione veloci transizioni e prende ancor più veloci decisioni, lasciando poco spazio a LeBron e soci.

A questo punto l’head coach di Miami decide di buttare subito nella mischia Allen ed Andersen, convinto di poter iniziare a creare più occasioni da una parte, e poterne fermare un quantitativo maggiore dall’altra. Ma il primo tempo degli Spurs diventa implacabile, e le percentuali ne sono la più pura e celestiale rappresentazione. Contro un attacco gestito e guidato in maniera così ottimale da Popovich c’è ben poco da fare.

La reazione dei campioni in carica, tuttavia, non tarda ad arrivare. Stavolta, però, oltre a James ci pensano Wade e l’uomo che meno ci si potrebbe aspettare in questi momenti, ma che Spoelstra sta rispolverando in modo più che degno: Rashard Lewis.

L’ex Seattle Sonics ed Orlando Magic mette una serie di triple nell’arco di poco tempo che riaccende l’animo non solo dei propri compagni, ma di tutta la Triple-A.

L’attacco di San Antonio, che vede delle fantastiche serate anche da Green e Leonard, rallenta quel tanto che basta da consentire a Miami di scendere alla singola cifra di margine. Dwayne Wade, da questo punto di vista, si risveglia e gioca una partita totalmente differente, si potrebbe anche dire opposta, alla seconda tirata fuori all’AT&T Center.

Flash gioca molto di più sui back-door, sui tagli e sulla linea di fondo, muovendosi sempre alle spalle della difesa e creando non pochi problemi al reparto nero-argento. Il canestro segnato nella terza frazione di gioco dal numero 3, in lay-up cieco plus-one, è l’emblema della voglia del talento di South Beach di riprendersi ciò che gli spetta, e Spoelstra gli ha consegnato proprio buona parte dei palloni per cercare di rianimarlo. Dopo una gara 2 molto tenue, opaca, quasi svogliata, la stella nativa della Windy City riprende a giocare la propria pallacanestro.

Anche James continua a dare parecchie grane agli Spurs, ma non come fatto nell’episodio precedente della serie. Le due superstar degli Heat chiudono comunque con il maggior numero di punti nel referto della squadra di casa, ma non è bastato contro la gara disputata dalla squadra texana.

Ancora una volta, purtroppo per Miami, è mancata comunicazione difensiva, tanto da permettere 41 punti nel primo quarto a San Antonio, per non parlare dei 71 di fine primo tempo.

Ed ancora una volta, a pesare tanto, anche troppo, sulle spalle della formazione dell’allenatore filippino è stata la prestazione più che povera di Mario Chalmers.

La point-guard di Miami continua sulla falsa riga di quanto fatto in gara 2, dove ha quasi rischiato di condannare al 2-0 la propria squadra sul flagrant commesso su Parker. In quell’occasione è stato ampiamente graziato dai quattro liberi sbagliati in fila da Parker e Duncan, senza dimenticare la tripla susseguente di James. Nella serata di gara 3, invece, ha ampiamente dovuto pagare dazio.

Lo 0/5 al tiro, condito da 3 palle perse e nessun recupero, è il marchio del pessimo momento di Chalmers. Dopo i problemi di falli in gara 1, ed il sopra citato flagrant di gara 2, la terza prova del prodotto di Kansas è stata esageratamente negativa. Tenendo conto anche delle prestazioni di Norris Cole, di certo non ottimali, e della combo composta da Tony Parker e Patrick Mills, è abbastanza evidente che Spoelstra e gli Heat stanno subendo parecchio, in questo contesto, il dominio di Popovich e degli Spurs.

Lo stesso Chalmers ha ammesso le proprie colpe dopo gara 3: “Ognuno sta facendo il proprio lavoro tranne me, non sto aiutando la squadra. Non voglio essere quell’individuo. Non so quale sia il problema, ma devo assolutamente trovare il modo di uscirne”.

Anche Spoelstra si è dimostrato di simil parere nel corso della conferenza stampa: “In ogni caso si tratta di una serie dai possessi pesanti, che contano parecchio. Bisogna quindi essere in grado di prendersi cura della palla. Devi forzare i tuoi avversari agli errori, ma chiaramente ci hanno battuto da questo punto di vista. Per quanto concerne la situazione play-maker rimarremo con questo setup, perchè loro sono importanti per noi“.

Più che chiaro riferimento di Spoelstra alla sconfitta patita per mano degli Spurs è verso le palle perse: 12-20, infatti, è il raffronto tra le due formazioni.

Il tutto viene ulteriormente a rafforzarsi mettendo a confronto le due coppie di point-guards: per il duo texano, in questi primi tre episodi, 50% sia dal campo che dall’arco per circa 25 punti di media, il tutto condito da quasi 8 assist e circa 2 recuperi a match. Per il duo di Miami, invece, solo 7/27, 2/11 dall’arco incluso, con soli 6 punti, 5 assist di media e quasi 5 palle perse.

Una battaglia, questa, che Spoelstra non può permettersi di perdere, e proprio James nel rilasciare l’intervista post-partita fa capire quanto questo aspetto sia importante nell’economia della serie: “Vogliamo che ci aiutino in attacco, come vogliamo che siano aggressivi in difesa. Quando hanno chiare occasioni di tiro piedi per terra, vogliamo che li prendano e li segnino con convinzione e fiducia. Quando ne hanno opportunità devono assolutamente essere aggressivi. Puoi controllare quanto forte difendi, e quante energie vuoi spendere. Se i nostri play-makers decidono di farlo, allora possiamo giocare nel modo giusto”.

Risulta abbastanza chiaro, quindi, quanto Miami necessiti delle prestazioni di Cole, e Chalmers soprattutto. Ora, dopo la riscossa Spurs, non si aspetta altro che la riscossa Heat per il secondo episodio alla Triple-A.

Vedremo come gestirà la gara Spoelstra, e come impiegherà le proprie point-guards. Nel frattempo servirà anche la loro aggressività alla difesa di Miami, tra le altre cose caratteristica prinicipale per le giuste rotazioni difensive, mancate anche a causa dell’assenza di comunicazione da parte dei numeri 30 e 15.

Ora non rimane che aspettare impazientemente il prossimo episodio di questa serie tanto intensa quanto elettrizzante, esaltante ed emozionante.

 

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