Indossa la maglia gialla numero 24 ma non è Kobe Bryant, segna 7 triple in una decisiva gara di playoff dei Pacers ma non è Reggie Miller né Chuck Person. Il suo nome è Paul George, per gli amici PG, per i commentatori di Fox Sports 1 that is the ONE, there’s NO QUESTION e Indiana deve ringraziare soprattutto lui, il suo alfiere di punta se, grazie alla vittoria per 95-92 al Verizon Center sui Washington Wizards, può tornare alla Bankers Life Fieldhouse con un rassicurante vantaggio per 3-1 nella serie (ad una sola vittoria dal ritorno alle finali di conference).

George segna 39 punti con 12-20 dal campo e 7-10 da 3. Cattura anche 12 rimbalzi, che male non fanno. Ne mette 28 nel solo secondo tempo (6 bombe), 26 in faccia all’incredulo Trevor Ariza (più di quanti gliene aveva fatti finora nella serie).

Il bello è che riesce in tutto questo senza forzare minimamente. Si prende solo quelle conclusioni che il fluido scorrere della partita gli concede. Che sia al di qua o al di là dei 24 piedi, il suo jumper è letale. Lascia partire il tiro da un’altezza talmente elevata che il difensore spesso può solo sfiorare la base della sua mano, commettendo fallo.

Oltre a ciò, nella metà campo difensiva, si prende cura spesso del più pericoloso degli altri, quel Bradley Beal che con prestazioni da campione rodato aveva fatto arrossire i colleghi più esperti.

La verità però – almeno quella che ci racconta la partita – è che finché non si è svegliato e ha iniziato a ringhiare il cagnaccio in mezzo all’area, i Pacers stavano nuovamente andando a fondo.

Dopo aver tenuto i Wizards a 63 punti totali nella precedente gara 3, i primi 24 minuti del quarto episodio sono andati in archivio col punteggio di 55-38 Washington. In coda a un primo quarto in cui le squadre – diciamocelo pure – si sono limitate a scambiarsi i gagliardetti (con 3:40 da giocare 20-20; 69% al tiro per Indiana, 62% Wizards), sembrava che i padroni di casa potessero restituire sotto forma di pane tutte le focacce consegnate loro e non gradite nel terzo periodo di gara 3 dagli spumeggianti avversari.

Invece non è andata così e quelli che un tempo si facevano chiamare Washington Bullets non sono riusciti a far esplodere il colpo che avevano in canna e a conquistare la tanto agognata vittoria casalinga, la prima in una semifinale di conference dal 29 aprile del 1979, quando si imposero sugli Atlanta Hawks spianandosi la strada verso la seconda finale NBA consecutiva. 

Il secondo quarto della seconda partita del Verizon Center si apre con la panchina dei Wizards che si prende gioco dei corrispettivi giallo-blu (il confronto alla fine è impietoso, a fronte di 32 punti segnati dalla panchina di Washington, i Pacers si sono fermati a 2 con l’11.1% dal campo).

Evan Turner smette ben presto nella sfida i panni del giocatore agguerrito per vestire quelli, un po’ più stropicciati, di un ball boy qualsiasi. Il trio delle meraviglie Miller-Gooden-Harrington, titolare di 104 anni complessivi, fa pensare a Wittman di avere anche una panchina produttiva a disposizione.

I tre vecchietti, che a Indianapolis non avevano esitato a chiamare pensionati, concludono la serata con 28 punti e 13 rimbalzi totali all’attivo, con giocate importanti che segnano i momenti topici della gara.

Dopo cotante premesse, i Pacers vanno al riposo con 3-17 al tiro e 6 palle perse nel quarto (saranno 20 alla fine). I Wizards della prima frazione tirano invece col 54.8% totale, il 42.9% da oltre l’arco e 6-7 ai liberi, guidando nel conteggio dei punti in contropiede per 18-0.

Dati in linea con la prestazione scintillante di gara 1. Ben lontani sembrano invece i numeracci che hanno sporcato il tabellino della partita numero 2 e numero 3: 72,5 pts, 39% dal campo, 9-37 da 3 e 16-33 ai tiri liberi. L’azione finale del tempo è piuttosto emblematica: penetrazione non convinta di PG che viene bloccata facilmente dal muro, simile a quelli della pallavolo, eretto da Gooden e Nene, conduzione della transizione di Wall con giro della palla intorno al corpo per eludere il ritorno di Hill e appoggio a canestro che fa esultare di gioia il Verizon Center.

Come detto però, nel secondo tempo si sveglia Roy Hibbert (15 dei suoi 17 punti e 7 dei suoi 9 rimbalzi finali + 2 stoppate arrivano negli ultimi 24 minuti).

La sua presenza intimidatoria in difesa e l’attività a rimbalzo d’attacco finiscono per scombinare i piani dei maghi, le cui percentuali effettive passano dal 58.3% del primo tempo al 37.8% del secondo. I punti segnati nel pitturato, tornato ad essere teatro delle operazioni del 55 in maglia Pacers, scendono invece da 28 a 14.

Nonostante per Indiana il problema delle palle perse rimanga irrisolvibile come un Bartezzaghi per Ralph Winchester dei Simpson, Washington smette di segnare in contropiede. Seppure nella parte iniziale del quarto i beniamini del Verizon Center giungano persino a toccare un vantaggio di 19 lunghezze (mentre gli avversari si rendono protagonisti di un inusuale – per loro – 6/14 ai tiri liberi), Indiana riesce pian piano a rosicchiare qualche punto e a ricucire lo svantaggio.

Paul George martella da 3 punti con la precisione di un sarto, Hibbert si insinua fra le maglie difensive convertendo in due punti i rimbalzi d’attacco come se avesse il corpo interamente coperto da tatuaggi, i capelli colorati e di nome di battesimo facesse Dennis. John Wall invece non sembra più troppo saldo al comando dei suoi.

La rimonta è completa quando PG24 a 15.9 secondi dall’ultimo mini-riposo segna la tripla in posizione di guardia contro la ferma e competente opposizione di Ariza (72-71 Wizards). Il passi fischiato al professor Miller sul rovesciamento di fronte (era dal 1934 che non li commetteva), come un canto notturno di uccelli, assume i tratti del presagio di un funereo destino. Con questo, terminato 33-17, Indiana si è aggiudicata tutti i terzi quarti delle 4 gare fin qui disputate.

A 10:31 dal termine il 24, allo scadere dei 24 secondi, realizza un difficilissimo canestro con fallo, impattando la partita a quota 74. Tutto da rifare per Washington che però non si perde d’animo e, guidata dal positivo Beal (20 punti alla fine con 5 rimbalzi e 5 assist), piazza un parzialino di 9-0.

Da segnalare il fatto che in campo c’è Miller in questo frangente (+18 Wizards con lui sul parquet, per quello che vuol dire) e non Wall (plus/minus impietoso: -21). Immediatamente però si scatena ancora una volta l’ira di George che mette a segno 2 triple in rapida successione, una anche col fallo. Wall, dopo essere rientrato, questa volta realizza una tripla pesantissima (12 pts e 7 ast alla fine).

Hibbert risponde con 4 punti in fila e a 3:09 dalla conclusione il punteggio dice ancora 89-88 Wizards. A questo punto PG, se ancora ce ne fosse bisogno, fa vedere a tutti i capitolini come si porta il cappello e dalla linea della carità consegna il primo vantaggio ai suoi dalla fine del primo quarto (90-89 con 2:24 sul cronometro).

Poi i tiri liberi da entrambe le parti e il semigancio destro di Hibbert fissano il punteggio sul +3 Pacers a un minuto e spiccioli dalla fine. John Wall a 50 secondi dal termine ha lo spazio per tirare ma rifiuta l’opportunità e serve Beal che, mettendo da parte ogni timidezza, spara la tripla. Purtroppo per lui e per Washington la conclusione pende verso sinistra e non trova il fondo della retina.

Anche George Hill nell’azione successiva, dopo aver eseguito un’ottima finta, declina l’invito al tiro e scarica nell’angolo destro, dove però Stephenson non c’è più. A 23.1 secondi dalla fine, la palla decisiva finisce in mano a Harrington che penetra centralmente ma scaglia con troppa virulenza la palla sul tabellone.

Il rimbalzo subisce una serie di tocchi, prima West, poi Hibbert, infine Stephenson che, come un moderno Antonio Benarrivo, rimette in mezzo per la più classica delle incornate di Roy Hibbert, improbabile centravanti di 218 cm, che, disinteressato al gioco del calcio, è però scappato in contropiede.

Raccoglie quindi Beal che ringrazia ma viene mandato in lunetta da George. 1-2 per Beal e 1-2 per Hill dall’altra parte. La palla della rimessa finale di Ariza è però troppo arretrata per permettere a Beal di afferrarla, così George con un balzo felino la ruba e finisce a terra sull’interferenza di Wall.

Lì vicino all’azione c’è l’elmetto, unico fra gli attesi protagonisti del film che ancora non ha proferito la propria battuta. Joe Crawford si incarica quindi del fischio decisivo, al solito, con fare determinato.

Palla ai Pacers. La rimessa successiva premia George nell’angolo con Ariza che non commette neppure fallo. Finisce 95-92 per gli ospiti.

Lo score dei tiri liberi questa volta inchioda Indiana: 19-29 (65.5%). La squadra col seed n.1 tuttavia riesce a compensare la prestazione deficitaria dalla lunetta grazie alla maggiore esperienza riversata sul parquet.

Nella serie in situazioni cosiddette clutch times (quando cioè siamo negli ultimi 5 minuti della partita e il divario non supera le 5 lunghezze) il vantaggio dei Pacers è di 11 punti. Indiana vince entrambe le gare del Verizon Center, dimostrando come in questi playoff 2014 sia più temibile fuori che dentro le mura amiche.

Come ampiamente previsto, chi pensava che i ragazzi di Vogel si fossero nuovamente nonché stabilmente assestati sui livelli di inizio anno, è rimasto deluso. Questa volta George e compagni ci hanno fatto vedere un altro pezzo del repertorio: la rimonta.

D’altronde, quando hai una difesa del genere, è molto difficile che gli avversari prendano il largo e salutino tutti. Washington ha giocato bene per i primi 2 quarti, poi gli ingranaggi offensivi della squadra della Capitale si sono inceppati.

I canestri che all’inizio entravano con una certa regolarità, nei secondi 24 minuti hanno iniziato a non trovare più il fondo del secchiello. Indiana è rimasta sempre lì, a qualche incollatura di distanza ed alla fine, grazie alla prestazione gigantesca del suo uomo migliore, Paul George, ed alla ritrovata continuità di Hibbert, ha prevalso sui più giovani avversari.

Adesso per i Wizards si fa veramente dura. Gara 5, che potrebbe anche finire per mandarli in vacanza, è fissata per martedì notte alla Bankers Life Fieldhouse.

Sono in pochi che alla data del 12 maggio 2014 scommetterebbero su tre vittorie consecutive dei ragazzi di Wittman. Come si suol dire però, la palla è tonda e, anche se la difesa di Indiana è ritornata ad essere spigolosa, la psiche di Stephenson e compagni resta abbastanza complessa da sondare e prevedere.

 

2 thoughts on “Si scrive Paul George, si legge Campione: Indiana sul 3-1

  1. Io credo che gli articoli di Mandriani abbiano sempre un qualcosa di speciale. Il suo modo di scrivere e di guardare a fondo le partite, stimolano i lettori come me ad amare ancora di piu’ la NBA. A me piacerebbe moltissimo vedere una finale Indiana-San Antonio, sia perche’ sono stanco di James e compagni, sia perche’ il mio migliore amico tifa Indiana mentre io sono un sostenitore degli Spurs. Cosi’ mi piacerebbe batterlo in finale…

  2. Onestamente mi sembrano parole un pò forti. Stiamo parlando di una semi finale di Conference ok, ma contro gli Wizards che quest’anno hanno avuto un record per niente esaltante. Vorrei vedere contro gli Heat o qualunque altra squadra del Ovest cosa farebbero. Fino a 3 gare fa erano morti ora che giocano contro Washington che sono poca cosa diventano tutti campioni. Mah!

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