Il primo turno dei Playoffs 2014 è già passato alla storia come uno dei più divertenti di sempre, grazie ad un totale di ben 50 partite giocate e addirittura 5 serie su 8 arrivate alla decisiva Gara-7 (record NBA).

Tra le sfide più equilibrate arrivate alla “bella” spicca sicuramente Toronto-Brooklyn, duello senza esclusione di colpi in cui i canadesi (Seed 3) e i newyorkesi (Seed 6) hanno lottato per la qualificazione fino all’ultimo secondo di Gara-7, vinta poi dai Nets per 104-103 grazie ad una stoppata di Paul Pierce sul tentativo di penetrazione di Kyle Lowry a tempo quasi scaduto.

Nonostante la cocente delusione per il sogno svanito davanti al pubblico di casa, la stagione dei Raptors è da considerarsi comunque ampiamente positiva, visto che i Playoffs mancavano dal 2008 e che le 48 vittorie con cui i canadesi hanno chiuso la Regular Season rappresentano il record di franchigia.

Per scoprire da dove nasce il successo di Toronto in questa stagione dobbiamo però fare un salto indietro di circa un anno, quando è stato posato il primo tassello dei “nuovi” Raptors: il 31 maggio 2013 i canadesi hanno infatti affidato il proprio Front Office a Masai Ujiri, allora fresco vincitore del premio di Executive of the Year ed ex-General Manager dei Denver Nuggets, considerato uno dei migliori giovani emergenti nel mondo dirigenziale della lega.

Nei mesi successivi il roster è stato poi sottoposto ad un rinnovamento piuttosto limitato: nell’unica trade effettuata in estate Andrea Bargnani è finito a New York in cambio di Marcus Camby, Quentin Richardson (entrambi tagliati quasi subito), Steve Novak e 3 Draft Picks, sono arrivati via Free Agency Tyler Hansbrough, Austin Daye e D.J. Augustin mentre hanno lasciato il Canada (causa scadenza del contratto) Mickael Pietrus, Sebastian Telfair e Linas Kleiza.

L’inizio della stagione  2013-2014, con i Raptors usciti sconfitti in 13 delle prime 20 partite, sembrava promettere un’altra annata mediocre sulla falsa riga delle precedenti, ma il 9 dicembre 2013 Ujiri ha tirato fuori dal cilindro la trade che ha stravolto in positivo la Regular Season dei canadesi: Rudy Gay, considerato da molti il miglior giocatore della franchigia, è infatti finito a Sacramento insieme a Quincy Acy ed Aaron Gray in cambio di Greivis Vasquez, Chuck Hayes, Patrick Patterson e John Salmons.

I benefici della trade sono stati evidenti fin da subito, con il nuovo roster che ha trovato immediatamente la quadratura del cerchio e che ha potuto beneficiare soprattutto dell’esplosione di Terrence Ross (fino a quel momento oscurato da Rudy Gay) e di un Kyle Lowry formato MVP, che ha aumentato notevolmente la sua efficienza dopo la trade.

Grazie poi all’ottimo contributo degli altri tre starters (DeRozan, Valanciunas e Amir Johnson) e di tutti e 4 gli ex-Kings, entrati subito in rotazione con un minutaggio medio tra i 15 e i 20 minuti a serata in uscita dalla panchina, Toronto si è arrampicata fino al terzo posto finale nella Eastern Conference grazie ad un impressionante parziale di 41 vittorie e 21 sconfitte dopo la partenza di Gay.

Nella Post-Season i canadesi avrebbero anche potuto fare più strada, ma hanno avuto la sfortuna di incrociare al primo turno una squadra arrivata sesta solo per qualche problema di chemistry nella parte iniziale della stagione: di conseguenza, dopo aver smaltito l’eliminazione e lasciato ogni rimpianto alle spalle, in casa Raptors è già ora di pensare al futuro.

Masai Ujiri ha già dichiarato apertamente di voler continuare a puntare sul roster che ha terminato la stagione 2013-2014 (senza escludere ovviamente qualche rinforzo in estate), ma per farlo i primi problemi da risolvere sono quelli relativi ai contratti in scadenza: la questione più spinosa riguarda certamente Lowry, unrestricted free agent che è quindi libero di accordarsi con chi preferisce, anche se le voci di corridoio all’Air Canada Center e le dichiarazioni di alcuni compagni di squadra (in particolare DeRozan) lasciano intendere che la volontà dell’ex guardia di Memphis e Houston sia di rimanere a Toronto.

Patrick Patterson e Greivis Vasquez diventeranno invece restricted free agent (possono quindi accettare eventuali offerte da altre squadre, ma i Raptors hanno il diritto di pareggiare l’offerta e trattenere i giocatori), ma anche in questo caso Ujiri ha confermato la volontà di fare il possibile per trattenere i due ex-Kings.

Infine l’ultimo anno di contratto di John Salmons e Amir Johnson è legato alla clausola Team Option, ovvero rimarranno a Toronto se la società dovesse decidere di esercitare tale opzione: mentre sulla conferma di Johnson non sembrano esserci dubbi (con la concreta possibilità di un rinnovo del contratto), il trentaquattrenne Salmons potrebbe essere lasciato andare.

Nessun problema invece per gli altri membri di rilievo del roster, visto che hanno tutti hanno ancora almeno un anno di contratto.

Ipotizzando che l’ottimistica prospettiva di Ujiri prenda forma e che quindi il roster venga confermato in blocco anche per la prossima stagione, possiamo provare ad immaginare quale futuro aspetti i Raptors: il tempo è sicuramente dalla parte dei canadesi, considerando che l’età media del quintetto titolare è ad oggi di soli 24 anni (il più “esperto” è Lowry, classe 1986) mentre nell’intero roster si contano solo 3 giocatori che hanno già compiuto i 30 anni (Novak, Hayes e Salmons).

Dal punto di vista prettamente tecnico, il potenziale è altrettanto promettente: il Lowry visto questa stagione è a tutti gli effetti un All-Star, DeRozan sta crescendo esponenzialmente di anno in anno, Valanciunas è uno dei migliori giovani della lega nel suo ruolo, Ross ha mostrato le stimmate del campione, mentre la panchina ha fornito sempre fornito prestazioni più che decenti.

Come detto si tratta di una visione piuttosto ottimistica perché non possiamo escludere che alla fine Lowry decida di trasferirsi altrove, ed in tal caso i Raptors si troverebbero a dover tappare un buco piuttosto imponente, ma la competenza mostrata da Ujiri sul mercato dovrebbe comunque far dormire sonni tranquilli ai tifosi canadesi.

Sempre in prospettiva futura, non va poi sottovalutata la situazione delle Draft Picks: Toronto ha ceduto la propria Second Round 2014 a Milwaukee, ma a sua volta detiene i diritti sulle scelte al secondo giro di Oklahoma City e Sacramento, senza dimenticare poi le picks potenziali per il 2016 e 2017 frutto della trade con New York effettuata la scorsa estate.

In linea di massima, per quando visto quest’anno e per quanto lasciato intravedere anche in prospettiva, il futuro dei Raptors sembra quindi quantomeno roseo: è una franchigia che ha scelto la via dei giovani sia in campo che in ufficio, e per il momento la scelta sembra pagare.

Naturalmente fare pronostici più ampi su quanto Toronto possa diventare una contender nei prossimi anni è molto complicato, soprattutto perché non sappiamo come si svilupperà il mercato e quali scelte faranno le possibili rivali, ma considerando l’età media delle attuali contender potrebbe non essere così assurdo vedere i canadesi alle finali di Conference tra tra qualche anno, soprattutto se il livello medio delle squadre dell’Est dovesse restare sui livelli attuali.

Non resta che aspettare e vedere, con la certezza che il progetto intrapreso dai Raptors sia in ogni caso uno dei più interessanti dell’intera lega, almeno ad oggi: solo il tempo ci potrà dire se si tratta di un piano vincente.

 

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