Sweep doveva essere e sweep è stato.

I Miami Heat, con la vittoria per 109-98 in Gara4 della scorsa notte, hanno spazzato via i Bobcats di Michael Jordan con un netto 4-0, utile per avere quasi una settimana di riposo in vista del secondo turno di Playoffs.

Che li vedrà affrontare una tra Raptors (record di 4-0 in stagione per gli Heat contro di loro) e Nets (0-4 invece contro i brooklynites), ancora fermi sul 2-2 e con almeno altre due gare da giocare davanti.

Sweep dicevamo, unico 4-0 fatto registrare in questo primo round tra tutte le otto serie in programma. Buon per Miami, che avrà la possibilità di tirare i remi in barca per qualche giorno e riordinare le idee per affrontare al meglio le semifinali di Conference.

Per una squadra che usciva dalla regular season con il deprimente record di 11-14 nelle ultime 25 gare della stagione, si tratta proprio di una bella manna dal cielo e di una decisa iniezione di fiducia, che sembrava essersi smarrita per strada dopo due stagioni e mezzo passate sempre al top della forma.

Gara4 non ha regalato grossi spunti per il prosieguo dei Playoffs. Anzi, ha rischiato di compromettere il cammino dei bi-campioni in carica quando, con 8:43 sul cronometro del terzo quarto, Lebron James si è accasciato a terra sotto il proprio canestro tenendosi stretto il ginocchio in una chiara smorfia di dolore.

Nulla di grave fortunatamente, solo tanto spavento per uno scontro ginocchio-contro-ginocchio con Biyombo che ha fatto trattenere il fiato a migliaia di tifosi Heat davanti al televisore.

A dirla tutta, il numero 6 non solo è rimasto sul parquet dopo la mini-pausa per permettergli di rialzarsi, ma da quel momento ha cambiato letteralmente marcia, segnando 7 punti consecutivi nel parziale di 14-2 che ha spezzato in due la partita e dando vita a una prestazione che riassumiamo in questi numeri: 31 punti, 10/19 dal campo, 10/12 ai liberi, 7 rimbalzi e 9 assist.

A dargli una mano, come al solito, ci hanno pensato gli altri due componenti dei Big Three: Dwyane Wade, con 15 punti frutto di soli 11 tentativi al tiro e Chris Bosh, autore di 17 punti con 7/12 dal campo e 1/2 da tre (9/13 complessivo nella serie, 69%).

In uscita dalla panchina, notevole il contributo dato da Norris Cole, che nella gara supera Chalmers all’interno delle rotazioni di Spoelstra e mette a referto 13 punti (tirando 4/6) a coronamento di una prestazione davvero consistente ed aggressiva; bene anche James Jones, vero e proprio x-factor della serie dopo una stagione regolare passata più a sventolare gli asciugamani che in campo, che svolge a pieni voti il proprio compito sparando tre bombe dall’arco per un bottino di 9 punti.

In casa Bobcats, invece, c’è davvero poco da recriminare e molto di cui essere soddisfatti soprattutto dopo che, nonostante l’assenza di Al Jefferson (costretto a dare forfait per questa ultima gara dell’anno, sempre a causa degli arcinoti problemi di fascite plantare al piede sinistro), la squadra è stata comunque in grado di mettere in difficoltà Miami per i primi due quarti di gioco (a metà partita i Cats erano avanti 54-52, costringendo gli Heat a tirare col 42% di squadra dal campo).

Trascinati da un Kemba Walker ispiratissimo infatti, Charlotte ha chiuso il primo quarto sopra di una lunghezza (tre volte su quattro in questa serie i Bobcats sono stati con il muso avanti agli avversari al termine della prima frazione), con il play uscito da UConn che ha messo a segno 10 dei primi 12 punti della sua squadra.

Con lui, ottima partenza anche per Gerald Henderson (per la coppia, 17 dei 27 punti segnati dai Cats nel quarto d’apertura, tirando con quasi il 60% dal campo). I due chiuderanno la partita con 29 punti il primo (tirando 11/15 e 4/7 da tre, al termine di una prestazione sensazionale) e 12 il secondo.

Nel secondo quarto, sempre di marchio Bobcats, è arrivato l’apporto di Bismack Biyombo, il prescelto per sostituire l’infortunato Jefferson nel quintetto iniziale, buttato nella mischia dopo tre gare passate sostanzialmente da spettatore non pagante, e soprattutto di Gary Neal, vecchia bestia nera degli Heat nelle ultime finali quando vestiva ancora la maglia dei San Antonio Spurs, protagonista con 16 punti (8/19 al tiro) di una partita finalmente degna di nota.

Di lì in poi, però, le velleità dei padroni di casa sono pian piano andate scemando, con i giocatori forse consci della quasi impossibilità dell’impresa a cui erano chiamati.

Peccato, soprattutto per tutti quei tifosi accorsi alla Time Warner Cable Arena speranzosi di vedere la prima vittoria in postseason dei Bobcats, che avrebbe rappresentato il perfetto coronamento di una cavalcata davvero esaltante (solo nel 2012 Charlotte chiudeva con 7 vittorie la propria deprimente stagione).

WHAT’S NEXT?

Per gli Heat, come detto, si prospettano almeno cinque giorni in cui ricaricare le pile e lavorare per migliorare alcuni meccanismi ancora poco oleati del gioco soprattutto offensivo.

C’è bisogno di qualcuno che porti energia e possa agire da fattore x in uscita dalla panchina se si vuole davvero puntare in alto. Ovvero per svolgere quel lavoro che negli ultimi anni spettava a Mike Miller e Udonis Haslem.

Adesso sta a gente come Ray Allen (completamente avulso in questa prima serie di Playoffs), Norris Cole e uno tra Shane Battier e James Jones (con il primo indiziato numero uno), in attesa di Greg Oden e Michael Beasley, di fare un passo in avanti e apportare un contributo efficiente off the bench.

 

 

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