Atlanta, 25 gennaio 2013. I Boston Celtics si presentano in casa Hawks nel bel mezzo di una stagione che, almeno nelle speranze iniziali, avrebbe dovuto rappresentare l’ultimo assalto al titolo prima dell’inevitabile fine di un ciclo che aveva riportato il titolo in Massachusetts dopo 22 anni di assenza.

I padroni di casa ottengono la vittoria per 123-111 dopo 2 OT, nonostante una tripla doppia di Rajon Rondo da 16 punti + 11 assist + 10 rimbalzi, infliggendo ai Celtics la sesta sconfitta consecutiva.

La sconfitta e la serie negativa passano però rapidamente in secondo piano nelle ore e nei giorni successivi alla partita, quando Rondo (che aveva finito il match senza apparenti problemi) inizia a lamentare dei dolori al ginocchio destro.

Gli esami a cui viene sottoposto evidenziano la rottura del crociato anteriore: stagione finita per lui e in sostanza per la squadra, che abbandona così ogni residua speranza di arrivare in fondo alla post-season ancora una volta.

Paul Pierce e Kevin Garnett riescono comunque a trascinare i Celtics ai Playoffs, ma la sensazione che si respira a Boston e dintorni nel finale di stagione è la stessa che si prova guardando un film che volge ormai verso la fine: i titoli di coda non sono ancora arrivati, ma tutti sanno che non ci sarà più alcun colpo di scena.

E il colpo di scena, in effetti, non arriva: la post-season dei verdi si esaurisce già al primo turno per mano dei Knicks di Anthony, che si impongono per 4-2 nella serie.

In estate Doc Rivers saluta la compagnia per accasarsi a Los Angeles (sponda Clippers), mentre Danny Ainge chiude idealmente il ciclo di questi Celtics cedendo Pierce e Garnett ai Brooklyn Nets: è la mossa che segna l’inizio ufficiale del processo di rebuilding della franchigia.

L’opera di svecchiamento del roster coinvolge anche la panchina con l’arrivo di Brad Stevens, giovanissimo allenatore in uscita dall’università di Butler e all’esordio in NBA, mentre sul mercato la priorità è l’acquisizione di scelte per i futuri draft, con l’evidente obiettivo di avviare un progetto a medio/lungo termine che possa riportare i Celtics a giocarsi il titolo tra qualche anno.

La stagione 2013-14 inizia così senza alcuna pretesa, sulle ali di un chiaro piano pluriennale di cui tutti a Boston sembrano essere ben consapevoli. Ad Ainge però, cui va sicuramente riconosciuto il coraggio di aver “scaricato” senza pensarci due volte due colonne portanti della storia recente dei Celtics pur di garantire un futuro migliore alla franchigia, è rimasta in mano una patata piuttosto bollente, una patata con stampato sopra un nome ben preciso: Rajon Rondo.

L’ex-Kentucky, che è ritornato in campo il 17 gennaio 2014 dopo aver quindi saltato quasi un anno intero, è infatti al centro di numerosi e contrastanti rumors sul suo futuro che vanno avanti ormai da svariati mesi e che spaccano in due tifosi ed addetti ai lavori.

E’ il caso di sfruttare il suo grande valore sul mercato per acquisire eventuali future picks e giocatori più giovani su cui ricostruire, oppure è meglio trattenerlo e costruirgli attorno i Celtics del futuro?

Il dilemma non è di facile soluzione e gli aspetti da considerare sono molti, ma proviamo ad analizzare la situazione sintetizzando le 4 principali variabili in gioco.

  • L’età di Rajon – Rondo ha compiuto 28 anni pochi giorni fa ed è quindi nel momento migliore della sua carriera, “vecchio” abbastanza da avere sulle spalle un buon bagaglio di  esperienza e giovane abbastanza da poter sfruttare ancora al meglio le sue doti fisiche ed atletiche. In linea di massima qualsiasi franchigia farebbe carte false per avere a roster una superstar al picco della sua carriera, ma in una squadra che ha appena iniziato un processo pluriennale di rifondazione un giocatore del genere potrebbe risultare quasi sprecato (anzi, a voler pensare male, potrebbe persino ostacolare eventuali “Tanking Seasons”). Vero è che Rondo ha davanti a sé ancora parecchi anni di carriera ad alto livello, ma tutto dipende da quanto tempo ci vorrà perché i Celtics possano tornare ad essere una contender: quando (e se) il momento arriverà, il numero 9 sarà ancora in grado di guidare la squadra o sarà ormai nella fase calante della sua carriera?
  • La salute di Rajon – Questo punto è strettamente legato al precedente. Rondo è appena rientrato da un infortunio estremamente grave ed è apparso piuttosto arrugginito nelle prime uscite, anche se ultimamente sembra aver ritrovato una buona condizione e i suoi numeri (rapportati al minutaggio) non sono poi così lontani da quelli delle scorse stagioni. Ma in una lega in cui si gioca tantissimo e il quadro generale degli infortuni sembra peggiorare di anno in anno, non può essere sottovalutata la malaugurata ipotesi di una ricaduta o di un’eventuale “accorciamento” della carriera per un giocatore come Rondo, che fa della dinamicità il suo punto forte.
  • Il valore sul mercato di Rajon – Molte squadre sarebbero ben liete di avere tra le proprie fila la Point Guard dei Celtics e diverse sarebbero anche disposte a sacrificare assets importanti in un’eventuale trade con Boston, ma non è per niente semplice capire quale tipo di offerta potrebbe effettivamente essere valida per Danny Ainge. Posto che uno scambio Rondo/Altra Superstar avrebbe poco senso (a quel punto meglio trattenerlo direttamente), come quantificare in picks e/o giocatori più giovani il reale valore del nativo di Louisville?
  • La volontà di Rajon – Finora abbiamo sempre discusso di quello che i Celtics potrebbero fare con Rondo, ma con un contratto in scadenza nel 2015 non si può non considerare anche la volontà dell’altra parte in causa. Il giocatore ha già mostrato qualche segno di insofferenza riguardo la strada che Boston ha intrapreso ed è di qualche giorno fa la storia di una scappatella dello stesso Rondo, che dopo la partita in casa Lakers è rimasto a Los Angeles per festeggiare il suo compleanno, senza però aver ottenuto il permesso della società e mentre la squadra era in viaggio per Sacramento dove avrebbe giocato in back-to-back (e dove, comunque, il giocatore avrebbe dovuto riposare). Si può anche decidere di affidare a Rondo il ruolo di leader in questi anni di transizione, ma se il ragazzo non è ben disposto a farlo e preferirebbe giocarsi il titolo in altri lidi non c’è molto che Ainge e compagni possano fare per motivarlo, visto anche che probabilmente molte squadre sarebbero disposte a garantirgli un contratto con i fiocchi.

E questi sono solo alcuni pezzi del puzzle che Ainge deve cercare di ricostruire, un puzzle che se ricomposto nel modo sbagliato potrebbe inesorabilmente allungare i tempi della rifondazione bostoniana.

Francamente è difficile trovare la soluzione migliore per questo enigma: personalmente penso che cercare di convincere Rondo a rimanere e costruirgli intorno una squadra potrebbe velocizzare il processo di re-building, ma d’altro canto non si può non considerare che probabilmente il giocatore preferirebbe passare i suoi anni migliori a giocarsi il titolo in qualche contender e che un’eventuale trade per l’ex-Kentucky, se giostrata bene, potrebbe anche portare a Boston materiale umano sufficiente per riportare la squadra ai vertici ancora più velocemente.

Come si suol dire chi vivrà vedrà, ma credo che i tifosi dei Celtics possano dormire sonni tranquilli con o senza Rondo: vista l’abilità e l’esperienza di Danny Ainge, il futuro sarà probabilmente roseo. Roseo con qualche sfumatura di verde celtico, se preferite.

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