“Finalmente il countdown è giunto a conclusione, la lunga e snervante attesa è finita: una nuova stagione NBA è…”

Alzi la mano chi, almeno una volta nell’ultimo mese, non ha letto qualche articolo dedicato al basket pro americano con un’introduzione simile a questa.

Io stesso ho consumato il tasto backspace della mia vecchia tastiera; infatti, puntuale come l’acidità post natalizia, quella frase si riproponeva ciclicamente. A darmi la spinta giusta dopo essermi ingolfato varie volte è stato lo “spam” della posta elettronica o, per esser più preciso, l’Oggetto di due fra le tante noiose mail: “Basketball never stops” e “Basketball is everythings”.

Durante l’offseason, la lega cestistica americana si affida alle sapienti mani di Mark Tatum (Vice Presidente del settore Marketing Partners della NBA ) e al suo team, alla costante ricerca di nuovi e floridi mercati dove affondare le radici ed aumentare le risorse per la stagione successiva. Di pari passo e con lo stesso obiettivo si muovono tutti i main sponsor legati al basket, avvalendosi della presenza attiva delle stelle del circus.

L’abbinamento campione/moda è un connubio vincente, da sempre. Gran parte degli astri di questo sport sono diventati vere e proprie icone per milioni di fans sparsi nel mondo, perdurando nell’immaginario collettivo anche dopo il ritiro dalle scene sportive.

I grandi brands, hanno spostato (da tempo immemore) le proprie attenzioni su questo aspetto, stipulando onerosi accordi pur di beneficiare dei servigi del giocatore. Ormai ogni stella affermata ha una linea di abbigliamento creata in collaborazione con un marchio, a suggellare il proprio status symbol.

Per osmosi, a beneficiare “dell’ immortalità” sono stati soprattutto i prodotti indossati e pubblicizzati dall’atleta nel suo periodo di massimo successo.

Con il passare del tempo, il gioco del basket ha subito profondi mutamenti: atletici, tecnici e regolamentari; questi cambiamenti non si sono limitati al solo gioco anzi, hanno coinvolto molti altri settori. In particolare il mondo delle scarpe si è dovuto adattare alle richieste incessanti provenienti dal mondo della palla a spicchi smaniosa di utilizzare prodotti tecnologicamente sempre più estremi

Dalla sneaker alta in tela al futuristico utilizzo di schiume sintetiche: nella storia della scarpa da basket c’è stata un’evoluzione incredibile sia nei materiali che nel design.

Migliaia di modelli hanno invaso il mercato, poche centinaia hanno fatto scuola, una decina sono rimaste nella storia…

In questa giungla di prodotti, mi son affidato alla collaborazione di un esperto del settore: Alberto Gerin della redazione di SNKRBX, il quale, con grande pazienza e professionalità, ha selezionato i modelli che più hanno influenzato la cultura americana e non solo, tanto in ambito sportivo quanto sociale

Chuck Taylor All Star

1963 - Bill Russell - Boston Celtics

1963 – Bill Russell – Boston Celtics

Presente sul mercato sin dai primi decenni del ‘900, la All Star, può essere definita la capostipite di ogni scarpa da basket dei successivi 90 anni.

Si tratta di un prodotto innovativo per l’epoca: la tomaia (parte superiore) è realizzata con una resistente tela, la suola è completamente in gomma, elemento in grado di fornire maggior grip sul parquet rispetto al cuoio, unico materiale usato per le calzature sino a quel momento.

L’ingresso sul mercato di un prodotto così innovativo è accolto con scetticismo da molti, ma non da tutti: Charles Hollis “Chuck” Taylor (all’epoca giocatore alla Columbus High School) rimase letteralmente folgorato da questo “gioiello”, tanto da presentarsi nel 1921 a Malden in Massachusetts (sede ufficiale della Converse) in cerca di un impiego.

Taylor ha la stigmate del venditore e un anno più tardi ha l’intuizione geniale di creare il Converse Basketball Yearbook un annuario (pubblicato fino al 1983) contente le foto dei campioni e degli allenatori dell’epoca con indosso le Converse.

Nel 1932 per rendere omaggio al grande lavoro fatto da Taylor, Converse crea un modello a lui dedicato: vedono la luce le famose ALL STAR CHUCK TAYLOR. La Nba stessa rende omaggio al grande Chuck inserendolo nella Hall of Fame di Springfield riconoscendogli i meriti legati alla divulgazione e promozione del gioco.

Presenti sin dalla prima “palla a 2” BBA (antenata della NBA) del 1946, sono in seguito diventate le scarpe “ufficiali” (più popolari) del basket fino agli anni ’70; con il progresso tecnologico la converse All star ha ceduto il passo a modelli più performanti e confortevoli. Anche se in NBA non ne troviamo più traccia questa calzatura è diventata una delle sneaker casual e lifestyle più popolari di sempre.

1965 - W.Chamberlain - Philadelphia 76ers

1965 – W.Chamberlain – Philadelphia 76ers

1970 - Wills Reed - New York Knicks

1970 – Wills Reed – New York Knicks

 

Adidas Superstar

Anni ’70: nel mondo sportivo ed in particolare nella pallacanestro, sbarca uno dei più importanti marchi della storia di questo sport.

L’intento di Adidas è di porre fine all’egemonia (incontrastata) di Converse, proponendo un modello di scarpa fino a quel momento inconcepibile per il parquet: una sneaker dal taglio low, tomaia completamente in pelle e l’aggiunta del famoso shell-toe (la punta fatta completamente di gomma).

In poco tempo questo modello attira la curiosità di alcuni giocatori NBA: Kareem Abdul Jabbar è la prima superstar ad affidarsi a questa scarpa; lo seguirà circa il 75% dei giocatori della lega.

1971 - Kareem A. Jabbar - Bucks

1971 – Kareem A. Jabbar – Bucks

1972 - Jerry West - Lakers

1972 – Jerry West – Lakers

1973 - Lenny Wilkens - Cleveland Cavaliers

1973 – Lenny Wilkens – Cleveland Cavaliers

 

1973 - Walt Fraizer - New York Knicks

1973 – Walt Fraizer – New York Knicks

Puma Clyde

Nel 1973 , Puma fa il suo ingresso nel mondo della palla a spicchi.  Il modello proposto è identico a quello lanciato qualche anno prima da Adidas, l’unica differenza risiede nel materiale di fabbricazione, pelle/scamosciato e suola in gomma più consistente.

Un’entrata in punta di piedi dunque, di certo queste sneaker non saranno ricordate come un oggetto rivoluzionario, eppure meritano un posto nella storia del basket: si tratta delle prime signature shoes di sempre nella NBA.

Queste prime e uniche Puma firmate Clyde, sono create su misura per Walt Frazier, playmaker fenomenale dei New York Knicks. La casa d’abbigliamento tedesca scelse infatti di “gommare” solo Walt in quanto reincarnazione del mix perfetto tra prestazione e stile.

In campo Clyde è un talento cristallino capace di dirigere magistralmente uno squadrone come i Knicks, portandoli 2 volte al titolo; fuori dal parquet è un ribelle della moda, ha ridefinito lo stile indossando cappelli a tesa larga e abiti su misura, un pioniere. Fu soprannominato Clyde perché solito portare il cappello come Clyde Barrowin, personaggio interpretato da Warren Beatty, in “Gangster Story”, film nel 1967.

clyde

 

Converse Pro Leather

1976: anno di svolta per il basket professionistico americano. Dopo circa una decade di accesa rivalità la ABA dichiara bancarotta, tutto a beneficio della NBA , lega rivale in grado di offrire dollari sonanti alle nuove star provenienti dalla defunta American Basketball Association: ricchi proventi ottenuti dalle molteplici sponsorizzazioni attratte dalla copertura televisiva di cui la NBA dispone.

Lo stesso anno il panorama cestistico è segnato dal grande ritorno di Converse pronta a rilanciarsi sul mercato con un modello rivoluzionario rispetto alle vecchie All Star. Le Converse Pro Leather infatti sono un ritorno al taglio High, un’attenzione allo sviluppo tecnologico come mai prima, caratteristica che laurea Converse leader nella ricerca tecnica: la scarpa è in pelle, suola gommata con particolari cuciture laterali e anteriori, per renderla più adatta e confortevole ai movimenti rapidi dei giocatori.

Molto più vicine alle sneakers da basket odierno di quanto lo siano tutte le altre contemporanee, nel 2011 sono state definite “la scarpa che più di ogni altra ha inaugurato l’era moderna nella calzatura da pallacanestro”.

Per un rientro in grande stile, l’azienda di Malden ingaggia come testimonial ufficiale il primo “uomo volante” tale Doctor J. al secolo Julius Winfield Erving II. Giocatore pazzesco, capace di unire una tecnica sublime ad atletismo ed esplosività impressionanti: “chi non ha mai visto una clip con una sua schiacciata? Ok non ti voglio neanche conoscere!” le sue giocate, non va dimenticato, fanno il giro del paese grazie alle dirette televisive creando sempre più proseliti.

Lo si può tranquillamente definire l’antesignano delle generazioni future, a rendergli questo onore ci penserà Michael Jordan in persona dichiarando in un’intervista: ” Senza Doctor J non sarebbe mai esistito MJ”. Oltre ad essere un atleta straordinario, Julius Erving è un vincente nato, il suo palmares è sempre disponibile a ricordarcelo. Per il basket e la Converse, si tratta dell’uomo giusto al momento giusto.

Il Successo portato in dote dal giocatore di Philadelphia è clamoroso, Pro Leather è la scarpa del momento e del futuro, tutte le stelle NCAA e NBA degli anni ’80 ( Erving Johnson, Larry Bird, Isiah Thomas, Mark Aguirre, Mc Hale, Bernard King…) ne calzano un paio.

 

ervingj

 

 

To be continued…

2 thoughts on “Sneaker Stories: le origini

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