Per la sua prima esperienza da capo allenatore, Brian Shaw è andato a prendersi una bella gatta da pelare...

Per la sua prima esperienza da capo allenatore, Brian Shaw è andato a prendersi una bella gatta da pelare…

La stagione 2012/13 ad un certo punto sembrava quella buona: quella nella quale tutti i problemi, i dubbi, i fantasmi delle sconfitte passate venivano superati e l’alchimia di un gruppo riusciva a travalicare gli ostacoli per giungere ad un risultato insperato.

Invece, ancora una volta i Nuggets hanno fatto crack: come il ginocchio di Gallinari, come la schiena di Faried nei play-off, come il rapporto fra la proprietà e George Karl che, come il GM dell’anno Masai Ujiri ha chiuso la sua avventura in Colorado.

E ora?

Benvenuti alla stagione 2013/14 dei Denver Nuggets!

Conference: Western Conference
 Division: Northwest

Arrivi: Randy Foye (FA da Utah), JJ Hickson (FA da Portland), Nate Robinson (FA da Chicago), Darrel Arthur (Memphis), Erick Green (da Utah via draft da Virginia Tech) Joffrey Lauvergne (scelta n.55 dalla Francia)

Partenze: Andre Igoudala (Golden State), Corey Brewer (Minnesota), Kosta Koufos (Memphis).

Probabile quintetto:
 PG: Ty Lawson 
 SG: Evan Fournier 
SF: Danilo Gallinari
 PF: Kenneth Faried 
C: Javale McGee

GUARDIE: Ty Lawson, Andre Miller, Randy Foye, Jordan Hamilton, Evan Fournier, Erick Green, Nate Robinson,

ALI: Danilo Gallinari, Wilson Chandler, JJ Hickson, Kenneth Faried, Anthony Randolph, Quincy Miller, Darrel Arthur

CENTRI: Javale McGee, Timofey Mozgov, Joffrey Lauvergne

HEAD COACH: Brian Shaw

Effettivamente dopo una stagione nella quale per parecchie settimane il basket disegnato da George Karl aveva letteralmente preso vita sul campo, portando quasi alla cima della Western Conference le giovani pepite del Colorado, l’estate è stata freddina in quel di Denver.

La prematura eliminazione da parte dei Golden State Warriors di un indiavolato Stephen Curry, ha lasciato un segno profondo nella dirigenza.

Probabilmente si è arrivati ad avere la consapevolezza che non si è trattato di mera sfortuna o di straordinari meriti avversari: i passi effettuati hanno dimostrato come la proprietà della franchigia ritenesse che più di così, con questo progetto tecnico, non si potesse fare.

E allora, a costo di far storcere il naso a tifosi e cuori troppo teneri, via il capo allenatore, quel George Karl passato attraverso tante battaglie, non ultima quella con il cancro.

Via il Gm capace di assemblare una squadra atipica ma molto divertente, un gruppo giovane ed internazionale, dove i numeri hanno dato spazio al collettivo, senza un leader ma con tanti ottimi attori non protagonisti.

La scelta può essere condivisibile, in fondo anche altre realtà della stessa conference, se non division hanno operato simili decisioni, i Grizzlies, in parte i Thunder, sino a Houston.

Il problema, che ad oggi fa sembrare il bicchiere ancora decisamente mezzo vuoto, è la modalità che si è scelto per cominciare questa svolta tecnica: cambio di allenatore e poi un impressionante immobilismo.

Certo, si è lasciato partire alcuni contratti pesanti di veterani come Andre Igoudala e Corey Brewer e non si è trattenuto un fisico (e poco di più) come Kosta Koufos, ma le contropartite non sembrano al momento degne di un salto di qualità.

Quindi, come si apprestano ad affrontare la partenza per il training camp, questi nuovi Denver Nuggets? Su quali pilastri si baserà l’impianto di gioco che porterà in dote Brian Shaw?

Molto probabilmente non ci sono da attendersi ulteriori rivoluzioni: i Nuggets nel 2013 hanno fatto registrare una media poco più alta di 106 punti di media a partita, con 57 punti in zona pitturata e quasi 20 in contropiede: questo vuol dire che la squadra va di corsa e soprattutto in altitudine, fra le mura amiche del Pepsi Center questo è e continuerà ad essere un fattore.

Anzi, l’ex vice di di Phil Jackson ai Lakers (5 stagioni per lui dopo il ritiro) e di Franck Vogel ai Pacers, potrebbe spingere il piede ancora di più sull’acceleratore, sfruttando le strabordanti doti atletiche di almeno tanta parte del suo quintetto base.

Un quintetto base che, guai giudiziari a parte, vedrà partire in cabina di regia Ty Lawson.

Il 25enne al quarto anno è ormai una sicurezza a livello di guardie “da corsa”, ma non è una bestemmia dire che non ha ancora convinto tutti i suoi detrattori. In fondo, numeri a parte (stiamo parlando di oltre 16 punti a partita con quasi 7 assist) il suo impatto sui Nuggets è stato meno profondo di altri pari ruolo in questi anni e un cambio di guida tecnica potrebbe fargli bene.

Alle sue spalle, si spartiranno minuti l’eterno Andre Miller, 37 anni e grande orfano di George Karl che non faceva segreto della sua predilezione per l’ex Portland e Randy Foye arrivato da Utah per portare una dimensione più perimetrale e pulita tecnicamente, anche se di un livello nettamente inferiore rispetto ai sovra citati.

Il suo ruolo sarà quello di far rifiatare quando ce ne sarà bisogno Miller e Lawson e dare pericolosità dalla distanza con la sua arma migliore: il piazzato.

In posizione di guardia, le incognite superano forse le certezze: Evan Fournier potrebbe essere, già al suo secondo anno, promosso titolare, ma attenzione perché da Chicago è arrivato Nate Robinson e con lui tutto il bagaglio di imprevedibilità e talento che lo hanno accompagnato ad ogni trasloco nella lega sin dai tempi di New York.

Certo, sulla carta anche in questo caso si tratta di un play, ma le recenti annate hanno dimostrato come il numero 2 sia capace di tutto, soprattutto se lasciato giocare ad un ritmo a lui congeniale. Per lui l’anno scorso è stato poi il secondo in assoluto in quanto a produttività con 13.1 punti a partita.

Da verificare il comportamento di Jordan Hamilton, più volte provato da Karl e del rookie Erick Green le cui migliori doti offensive sembrano essere la capacità di “crearsi” tiri e le penetrazioni.

Nel ruolo di ala piccola, al contrario nessun dubbio: nelle prime settimane il ruolo sarà ricoperto da Wilson Chandler, ma a guarigione completata, Danilo Gallinari potrà e dovrà mettersi sulle spalle i Denver Nuggets.

Quest’anno l’ex Olimpia sarà senza mezzi termini il go-to-guy della squadra. Ad oggi è certamente il giocatore maggiormente dotato da un punto di vista tattico e d’intelligenza cestistica, il suo tiro da 3 dovrà essere l’arma in più e la meta della maggior parte degli scarichi da contropiede, l’incognita è vedere come tornerà dall’infortunio. Un infortunio, da ricordare, non dovuto ad un contatto ma piuttosto frutto degli sforzi cui la stagione NBA ha costretto un atleta buono ma non strabordante come il nostro portacolori.

Se al contrario si parla di atleti strabordanti ma dal QI cestistico non eccelso, ecco che gli ultimi due spot del quintetto base calzano alla perfezione per Kenneth Faried e Javale McGee.

Il primo è senza mezzi termini in rampa di lancio. Giocatore dagli istinti di primo piano, potrebbe e dovrebbe arrivare alla doppia doppia con continuità, ma solo l’inizio di stagione potrà fugare i dubbi sulla tenuta della sua schiena verso tanta energia lasciata sul parquet e sul lavoro fatto in estate per mettere in faretra un tiro dalla media distanza degno di un’ala forte da All star.

Il secondo è stato probabilmente uno degli argomenti che hanno indotto all’allontanamento di Karl.

Nonostante i suoi mezzi atletici siano stati definiti “insensati” anche in una lega di super uomini e nonostante sia il secondo giocatore più pagato del roster, per tutta l’ultima stagione, l’ex Washington non è mai partito in quintetto, denunciando i succitati problemi tattici.

Questo sarà un anno cruciale per lui.

Dietro i titolari, l’altro innesto importante è quello di JJ Hickson, che dopo aver parzialmente o totalmente deluso prima a Cleveland e poi a Portland (con parentesi a Sacramento), sarà tanto per cambiare una scommessa nel ruolo di primo cambio lungo. In ogni caso porta in dote 12 punti a partita con 10 rimbalzi.

Sempre in posizione di lungo potranno certamente dare un contributo Timofey Mozgov, la cui crescita potrebbe risultare decisiva per dare un equilibrio alla rotazione di Shaw e Darrel Arthur, che dopo un’annata sufficiente al rientro dal lungo infortunio in quel di Memphis, porterà una buona etica di lavoro e minuti quando ve ne sarà bisogno.

In sostanza, Denver ad oggi non stuzzica la fantasia dei tifosi come faceva solo 12 mesi fa: potrebbe ripetersi a grande livello, ne ha le capacità i numeri e gli uomini, ma potrebbe facilmente ritrovarsi “retrocessa” a giocare di nuovo un ruolo di under dog fra la quinta e la settima piazza del ranking ad ovest: a pensarci bene questo potrebbe anche essere il suo ambiente ideale per stupire.

3 thoughts on “Denver Nuggets: Preview

  1. Erick Green è stato mandato a farsi le ossa a Siena, mentre Joffrey Lauvergne è passato al Partizan Belgrado.

  2. A me sembra una squadra stupida stupida… l’unica speranza è che corrano, ma corrano tanto! a parte Miller e il Gallo nessuno è capace di letture a metà campo!

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