Kyrie-Irving“With the 1st pick in 2011 draft, Cleveland Cavaliers was selected… Kyrie Irving”

Nell’abbraccio con papà Drederick si avverte ancora il profumo e gli odori del vialetto di casa, trasformato in palestra di vita. Poi subito lì, sul palco con il cappellino calcato in testa, per stringere la mano al Commissioner.

“Hey Stern, te l’avevo detto che prima o poi ci sarei arrivato” sembra dire mentre sorride sornione. Nello stesso istante, a Km di distanza, a West Orange, si sarà magicamente spostato il pannello dell’armadio e sarà stato facile leggerci dietro: il sogno di quel ragazzino di 10 anni è divenuto realtà.

A questo punto della storia, se non vi siete ancora liberati della sensazione di trovarmi nel bel mezzo di un romanzo, ve lo ripeterò ancora una volta. Questa è la realtà. Proprio come aveva titolato il “Chronicle” (giornale del campus di Duke), dopo la prova contro Michigan State, “We are all witnesses”.

Stop, regista stop! Time -out, coach! Non ce n’era un altro, passato dalle parti della “Quicken Loans Arena”, scelto sempre con la prima scelta del draft, che veniva accolto con questo slogan?! Si che c’era. Questa, però, è un’altra storia.

A Cleveland, trova coach Byron Scott con il quale instaura un rapporto ottimo.
“E’ quasi un padre per me”– ribadirà più volte nel corso dei due anni passati insieme.

Il primo anno tra i pro, è costretto a saltare 15 partite per un infortunio alla mano causatogli dall’aver scagliato un pugno contro il sostegno del tabellone, dopo aver sbagliato un passaggio in allenamento.

Nonostante questo, termina la stagione facendo registrare, al netto dell’apprendistato da matricola e dell’infortunio, 18, 5 punti a gara 5,6 assist e il 46% dal campo. Anche la bacheca dei trofei non rimane certo vuota e impolverata: NBA Rookie of The Year, MVP of 2012 Rising Stars Challenge e primo quintetto Rookie all season.

Il materiale tecnico ed umano è di quelli pregiati, ma qualcuno stenta ancora a credere che possa legittimamente entrare nel gotha della lega professionistica più competitiva al mondo. Per l’ennesima volta gli tocca dimostrarlo.

Dalla sua, però, ha sempre un vantaggio essenziale. Ricordate il suo primo “tiro” a St. Patrick HS?! Bene, Kyrie è uno che non smette mai di imparare.

“Quando ho giocato contro Steve Nash, mi ha ubriacato di pick and roll. E’ stata dura, ma anche in quel momento ho cercato di imparare qualcosa, perché ogni volta che vado in campo cerco di carpire i segreti dei grandi. Fondamentale è stata l’esperienza pre-olimpica”.

Insomma, l’alunno Irving è uno che ama fare i compiti a casa, spesso guardando e riguardandosi i video delle partite, per capire come e dove migliorare.

Ed arriviamo a quest’anno. C’è una legge non scritta che dice che al secondo anno tutti i rookie debbano pagare una flessione nelle prestazioni e nei numeri. Non per Kyrie, non per uno che risponde solo alla logica del proprio destino.

Durante la stagione 2012- 2013, lo spauracchio di una fragilità fisica latente e di una discreta propensione alla sfiga rifanno capolino sul percorso del numero 2 dei Cavaliers. Infatti, c’è tempo di aggiungere alla sua cartella clinica una frattura ad un dito in Novembre, la frattura alla mandibola pre-natalizia, i problemi al ginocchio destro e last but not least, i problemi alla spalla di fine regular season.

Alla voce totale leggi 23 gare saltate e 59 disputate. Se la quantità stenta ancora ad esserci, con la qualità delle sue prestazione si può riempire ciascuno dei 20.562 seggiolini della Quick and Loans Arena.

Sono 22,5 i punti di media a partita, frutto del 45% e spicci dal campo: 39% da oltre l’arco ed 85% dalla linea della carità. Percentuali, a dir la verità, in leggero calo rispetto all’anno precedente. Così come si può considerare risibile il miglioramento negli assist a gara, passati dai 5,4 della stagione da rookie ai 5,9 di quest’ultima annata. Rimasti pressoché invariati i rimbalzi: 3,9 ad allacciata di scarpa.

Se qualcuno di voi si stesse legittimamente chiedendo dove sia il tanto sbandierato miglioramento, troverà presto una risposta. E non è certo nelle statistiche che si può trovarla.

Ci sono quattro indizi inconfutabili che si possono addurre al peroramento della causa, in barba al principio dei tre sufficienti a creare una prova, credendo che quattro possano costituire addirittura un’evidenza.

  1. 15 Dicembre 2012, Cavs @ Knicks, Madison Square GardenKyrie si presenta nel teatro dei sogni newyorkese, indossando una mascherina protettiva total black – (ricordino dello scontro con Luc Mba e Moute). Felton ancora non sa che ricorderà quella mascherina sarà l’oggetto del suo incubo notturno.Se il buon Raymond gli lascia un metro il playmaker dei Cave lo punisce da tre. Se lo costringe a costruirsi un tiro, lo porta nei pressi del pitturato e lo brucia con il fade away. Kyrie gioca il pick and roll trasformando persino Varejao in un piccolo Sabonis, senza mai chiudere il palleggio.Benché Felton conceda soltanto 3 cm al proprio avversario, nulla può contro la poesia del jumper made in West Orange. Di concedergli la penetrazione nemmeno a parlarne, due punti sicuri.Ci provano Kidd e Prigioni ma anche cambiando l’ordine degli addendi, è risaputo, il risultato non cambia. I Cavs perderanno 102 a 103 la partita, ma il figlio di Dred Irving scriverà il suo career high con 41 punti, 15 su 25 dal campo.
  2. 22 Gennaio 2013, Celtics @Cavs, Quick and Loans ArenaUna partita che potrebbe essere una delle tante per i tifosi dell’Ohio, a meno che… A meno che Kyrie non decida di trasformarla in una questione personale.Di fronte trova uno dei miglior interpreti del ruolo di PG, Rajon Rondo, oltre che una delle squadre con la migliore organizzazione difensiva della lega. 16 su 24 in poco più di 38 minuti di utilizzo bastano a demolire le certezze e la resistenza di celtici. 11 dei 40 punti totali, Kyrie li registra negli ultimi due minuti e spicci di gioco.Più 3 Cleveland con 30 secondi sulla sirena finale. Irving in isolamento contro Rajon, tra le gambe una due tre volte, esitation, penetrazione con la palla tenuta solo sul palmo della mano destra, l’aiuto arriva tardivo e scomposto. Bucket and one.Se non volete riguardarvi gli highlights della partita, vi basterà guardare la faccia di Garnett, seduto in panca, pochi secondi prima del termine della partita. La certificazione del talento di Kyrie espressa dal disappunto di Big Ticket.
  3. 15 Febbraio 2013, Rising Stars Challenge, Toyota Center5 primi e 30 secondi alla fine dell’esibizione tra il team di Shaq e quello di Charles Barkley. Kyrie palleggia e si porta sul lato destro del campo, di fronte a lui c’è Brandon Knight.Per descrivervi quel che accade in quei 10 secondi scarsi ci vorrebbe la penna di Agatha Christie o di Tolkien. Io mi limito a raccontavi il risultato con l’invito, là dove non l’abbiate già fatto, di correre a gustarvi l’attestazione audiovisiva del suddetto “fenomeno.” Si narra che i 34 dislike su youtube siano tutti attribuibili a parenti prossimi o lontani del giocatore di Detroit.
  4. 2 Febbraio 2013, Thunder @Cavs, Quick and Loans ArenaForse, la prestazione più bella dell’anno. Perché arrivata contro una squadra come OKC, perché ha segnato l’inizio di una settimana pazzesca, perché vincere di fronte ai propri tifosi contro Westbrook e Durant non è roba consuenta. 35 punti, 11 dei quali negli ultimi due minuti e mezzo, ancora una volta. Mr 4th quarter.In un recente articolo apparso su Sport Illustrated, veniva stilata la classifica dei giocatori migliori nel dominare il clutch time. Bene, Kyrie è in cima alla classifica dell’intera lega, guardando dall’alto in basso i vari Kobe, Lebron e Durant.Il 47,8% al tiro nei momenti caldi dell’ultimo periodo, ed una media realizzativa, rapportata sui 36 minuti complessivi, di –udite, udite- 41,3 punti. Nessuno come lui. Fantascienza. Come l’ultimo canestro della partita, che realizza dopo aver scherzato Westbrook e fatto saltare come un pivello il malcapitato Ibaka. Unstoppable.

La verità è che se possiedi il ball handling di Chris Paul, il crossover di Hardaway ed il tiro di Allan Houston, sei destinato a cambiare la storia della lega. In più, se ti chiami Kyrie Irving, sei quasi obbligato a farlo. E magari, potresti persino essere l’eletto in grado di redimere “mistake on the lake”. Con o senza Lebron.

O vorrai farmi credere che potresti limitarti ad essere un ottimo giocatore ma nulla più, ricordato principalmente per quelli spot pubblicitari dove ti trucchi e ti metti un cuscino sotto la maglietta, indossando i panni di Uncle Drew.

Eh, Kyrie??

Forse la risposta alla mia domanda la troverai in quella vecchia ninna nanna che cantava mamma Elizabeth:

“A friend of Jesus! O what bliss?

That one so vile as I?

Should ever have a Friend like this

To lead me to the sky!” 

Perchè l’amico, Kyrie, oltre che nella fede, l’ha trovato in una palla sferica dal color arancione. L’ascesa del figlio di Dred Irving è appena cominciata. Ci potete scommettere.

 

One thought on “Focus: Kyrie Irving (Part. II)

  1. Io invece scommetto che fra qualche tempo si spacca come Derrick Rose.

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