Se Bosh si mette anche a vincere le partite da solo, allora è finita...

Se Bosh si mette anche a vincere le partite da solo, allora è finita…

Un altra settimana che ci avvicina al gran ballo dei playoffs, ma tante cose continuano a succedere nell’NBA. Via al Weekly…

THE STREAK IS OVER

Miami ha finito la sua striscia di vittorie mercoledì contro i Chicago Bulls,  in una partita in cui non sono mancate le “carezze” in campo tra LeBron e diversi giocatori dei Bulls, tra cui Kirk Hinrich e Carlos Boozer, in un assaggio di playoffs dove il miracolo della rimonta all’ultimo momento agli Heat non è  riuscito, ancora una volta per poco.

Visto come gli Heat hanno vinto le due partite successive, contro Hornets e San Antonio, rimane l’impressione di una striscia che avrebbe potuto continuare, tenendo conto che la partita di domenica sera è arrivata senza LeBron, Wade e Chalmers, un pò il replay della partita di andata dove erano gli Spurs senza i loro giocatori principali.

Naturalmente ci può essere stata un pò di sottovalutazione di una squadra senza i suoi big-two, rimane il fatto che se Miami incomincia a vincere anche senza le sue superstars l’NBA deve preoccuparsi…

LA CORSA ALL’OTTAVO POSTO A OVEST

Utah con 4 vittorie consecutive, Lakers con affanno su Sacramento e in settimana ancora una volta zoppicanti nel back-to-back (vincenti contro Minnesota, perdenti contro i Bucks), e Dallas che con la rimonta contro i Bulls di venerdì sera si sono avvicinati fortemente all’ottavo posto, e la sfida diretta allo Staples Center contro i Lakers di martedì dirà molto su chi avrà tra le due deluse di stagione più probabilità di avenzare alla postseason.

Mancando poche partite al termine della stagione regolare, sicuramente i Lakers cercheranno di sfruttare il fattore campo, giocando solo una partita (a Portland) fuori dalle mura di casa, anche tenendo conto del derby coi Clippers (una trasferta… allo Staples Center!), ma gli avversari tolto gli Hornets sono tutti di alto livello, e tutte agguerrite formazioni della Western Conference.

I Jazz dovranno affrontare due volte Minnesota e una volta Portland, ma anche insidiose trasferte a Memphis e Oakland contro i Warriors. Per Dallas dopo i Lakers e una dura sfida a Denver, il calendario presenta qualche sfida più morbida, due volte gli Hornets, Sacramento e Portland, ma sicuramente il fattore psicologico giocherà una parte importante, a seconda di come andrà la sfida con Kobe e company martedì.

La previsione, se non crolla qualcuno davanti come Warriors e Houston, è di una corsa tiratissima fino alla fine…

VECCHI RIVALI

Interessante lo scambio di battute che è seguito tra Pat Riley e Danny Ainge. Quest’ultimo ha rimarcato che LeBron era l’ultimo a potersi lamentare degli arbitri, dichiarazioni dove è facile vedere un certo dente avvelenato dei Celtics nei confronti degli Heat e di arbitraggi compiacenti nei loro confronti.

A sua volta Riley ha invitato Ainge a chiudersi “quella fottuta bocca e a farsi i cavoli suoi”, rimarcando anche come il GM di Boston da giocatore si lamentasse continuamente con gli arbitri. Diciamo subito che la contesa è stata chiusa bene da Ainge, che ha detto “Riley e io abbiamo ragione, LeBron non ha da lamentarsi degli arbitri e io era una  lingualunga quando giocavo”, ma sicuramente continuerà sul campo e in una eventuale serie playoffs tra Miami e Boston.

Che dalle parti di South Beach abbiano voluto far capire alla lega di gradire un altro trattamento nei prossimi mesi sembra chiaro, e solo nei playoffs vedremo se gli arbitri riusciranno a sfuggire dal fascino del fischio continuo per qualunque contatto subito da LeBron o Wade…

ALL-STARS DEFENSIVE TEAM NELLA STORIA NBA

Walt “Clyde” Frazier, New York e Cleveland, 1967-79: giocatore di eleganza unica dentro e fuori dal campo da gioco, tanto da guadagnarsi l’appellativo Clyde per un cappello che indossava tipo Warren Beatty in “Bonnie and Clyde”, e la sua media di 1.9 palle rubate a partita dice molto sul suo stile di gioco. Guardia-play in un epoca dove il concetto di point-guard moderna era ancora in là da venire, Frazier utilizzava la sua naturale rapidità  in difesa in modo completo, sia negli steals che nel mettere pressione sul portatore di palla avversario, tanto da meritarsi ben sette volte la nomina nel primo team difensivo NBA.

Forse non è un caso che con lui New York vinse gli unici titoli NBA della sua storia nel 1970 e 1973, e la trade che lo spedì a Cleveland, senza molta gratitudine nel 1977, finì l’epopea migliore dei Knicks…

Michael Jordan, Chicago e Washington, 1984-2003: Jordan è Jordan, l’uomo che ridefinì il concetto di guardia tiratrice nell’NBA, da giocatore spesso egoista intento solo a mettere tiri su tiri, a giocatore completo sia in attacco che in difesa. Vincere il premio di difensore dell’anno in quel ruolo sembrava una follia, lui riuscì anche in quello. Chapeau al più grande di tutti…

Scottie Pippen, Chicago, Houston e Portland, 1987-2004: la spalla ideale di Air Mike, ma soprattutto uno dei più temuti difensori di tutti i tempi. I migliori giocatori NBA dell’epoca temevano di trovarsi davanti Pippen, la cui rapidità in campo gli permetteva (2 steals a partita) di eccellere nel mettere pressione sugli avversari, portarli a sbagliare e ripartire in transizione. Come point-forward, Scottie poteva pure difendere su una piccola e agile point-guard senza mettere in difficoltà la propria squadra. Il prototipo dell’ala al servizio della squadra, e un giocatore unico…

Tim Duncan, San Antonio, 1997-oggi: come altri hanno detto in questi anni, se Dwight Howard riuscisse a indirizzare le stoppate verso i compagni e non verso il pubblico sarebbe forse il miglior difensore di tutta la storia NBA. O almeno uno dei primissimi di sempre, come Tim Duncan, 13 volte inserito negli All-Defensive Teams NBA, giocatore completo in difesa come pochi altri, proprio perchè al servizio della squadra e mai dei puri numeri statistici. Abbiamo avuto qualche dubbio tra lui e Kevin Garnett, ma Duncan incarna alla perfezione il concetto di difesa nell’NBA, e ancora oggi a 38 anni è un punto di riferimento per tutti…

Bill Russell, Boston Celtics, 1956-69: forse il giocatore difensivo più forte di tutti i tempi, purtroppo le palle rubate e le stoppate non venivano calcolate a fini statistici, in caso contrario i suoi numeri sarebbero indubbiamente spaventosi, anche tenendo conto di come Russell avesse pochi suoi pari a livello fisico-atletico a quei tempi.

Il gioco dei Celtics partiva spesso proprio con le stoppate o gli steal del loro centro, che prontamente faceva partire l’azione per Bob Cousy, Sam Jones, John Havlicek e gli altri grandi Celtics degli anni 60′. Sicuramente Chamberlain potrà aver messo numeri impressionanti come punti e rimbalzi nella sua carriera, ma come per la ferocia con cui giocava per la squadra e per i titoli Russell rimarrà per sempre unico (11 anelli conquistati di cui 8 consecutivi!)…

E con questi grandissimi di tutti i tempi anche questa settimana abbiamo finito, continuate a seguirci e buon basket NBA a tutti!

2 thoughts on “NBA Weekly: gli Heat si fermano, i Lakers in affanno ed il miglior quintetto difensivo di sempre

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