Chicago attende col fiato sospeso il ritorno del salvatore, D-Rose.,,

Chicago attende col fiato sospeso il ritorno del salvatore, D-Rose.,,

Non me ne voglia il buon Tom Thibodeau, cioè colui che è stato in grado di risollevare le sorti della franchigia della “Windy City”, rendendola una delle realtà più vincenti della storia recentissima della lega.

Inutile sarebbe, perciò, elencare tutti i  numeri ed i riconoscimenti  messi insieme dell’ex assistente di Doc Rivers; il coach più veloce di sempre nel raggiungere le 100 vittorie in regular season, non ha bisogno dell’endorsement  di nessuno, fosse anche quello fatto da “coach  Zen” in persona.

Spero non me ne voglia anche il buon (mica tanto, poi) Joakim Noah. L’ex Florida Gators sta disputando la sua miglior stagione tra i pro, ben oltre quanto dicano le cifre. La tripla doppia scritta a referto contro i Celtics, la prima in carriera, è solo uno dei tanti indizi che avvalla la tesi di chi sostiene che il figlio di”quel famoso tennista vincitore di un Roland Garros”, stia davvero iniziando a giocare a pallacanestro.

Non che prima non lo facesse, o per lo meno, non che prima non ci provasse. Quest’anno, invece, sembra essere davvero tutta un’altra musica: i 13,5 punti e i 4,5 assist ad allacciata di scarpe, oltre che i 10 ed oltre rimbalzi a sera che è in grado di catturare quasi per diritto divino, lo hanno reso decisamente il punto di riferimento principale per i propri compagni, oltre che uno dei migliori interpreti del ruolo.

Spero non me ne vorrà anche il placido Rocky Balboa, al secolo Marco Belinelli, che prima di essere rispedito senza infamia e senza lode in Europa, ha deciso di sfruttare l’occasione concessagli dall’infortunio di Hamilton, trasformandosi in una shooting guard capace di 15,9 punti a sera. Mica pizza e fichi, direbbe qualcuno a San Giovanni in Persiceto.

Insomma, anche se il coaching staff e i giocatori  sono stati in grado di tenere ben salde le speranze di  PO dei Bulls fin’ora, ottenendo un più che onorevole record di 15 W e 12 L, non si può certo nascondere il fatto che tifosi, addetti ai lavori, insieme all’intero universo della  National Basketball  Association, stiano aspettando “quello lì”. Chi è quello lì?

Il tizio in questione sarebbe, anzi è, l’unico bipede al mondo che sia stato in grado di creare una connetion tra sé ed il mondo sportivo di Chicago, simile a quella che la metropoli dell’Illinois aveva instaurato nei confronti di MJ.

Derrick Martell Rose.

Lo stesso essere umano che ha provato ad emulare Jordan anche nell’intensità del dispiacere e del dolore inflitto ai propri tifosi (ivi compreso l’inquilino della casa Bianca).

Rose, però, non lo ha fatto certo decidendo di intraprendere la carriera di giocatore di baseball, come fece il numero 23; no lui, non avrebbe potuto.  Si è semplicemente infortunato.

Semplicemente, si fa per dire. Il 28 Aprile 2012, Derrick Rose si è infortunato gravemente al legamento crociato anteriore, distruggendo in un decimo secondo le ambizioni di titolo sue e dei suoi compagni, gettando nello sconforto più nero e cupo persino i muri dello “United Center”.

Da quel momento, non è passato giorno senza che arrivassero nuovi aggiornamenti sulle sue condizioni di salute, senza che si iniziasse il conto alla rovescia per il suo ritorno sul parquet, senza che il fiato e l’attenzione spasmodica di una intera città, si riversasse sulle spalle di un solo ragazzo.

E quanto questo abbia pesato sulle spalle del numero 1 dei Bulls, lo ha dimostrato lo stesso Rose, durante l’evento di presentazione della nuova linea di calzature sportive che porta il suo nome. Le sue lacrime hanno mostrato al mondo la vera essenza di quel ragazzo nato nel sobborgo più povero di Chicago, Englewood.

Di quel ragazzo visceralmente legato alle sue radici, alla sua città, tanto da risultargli impossibile immaginarsi lontano da quel posto che sente appartenergli nel sangue, nel cuore e nella mente : “I love my city and everyone in it even my haters” ed ancora “Chi town till I die”, sono stati alcuni suoi pensieri affidati a Twitter, in una delle rare pause che si concedeva durante il suo duro percorso di recupero   dall’infortunio.

Mentre tutti erano lì a chiedersi se il suo gioco avrebbe risentito del grave infortunio subito, mentre negli articoli ci si chiedeva e ci si chiede ancora se il suo atletismo, se il suo “hang time” torneranno quelli capaci di stupire l’intera lega, mentre persino i ragazzini e le nonnine di Chicago disquisiscono sull’efficacia del suo jumper dalla media, il ragazzo di Englewood pensa, probabilmente, anche ad altro.

Pensa alla sua infanzia vissuta in un quartiere dove il 44% dei residenti vive sotto la soglia di povertà, dove si spara e ci si ammazza con una frequenza impressionante. E ripensa, magari, ai suoi amici, quelli che non ce l’hanno fatta. A quei due che abitavano ad un passo da casa sua, uno morto giocando alla roulette russa dopo essersi ubriacato fino nel midollo, l’altro ucciso prima che potesse partire per il college.

“Quando ero ragazzo, spesso piangevo per ciò che vivevo qui. Volevo solo diventare abbastanza grande da portare me e la mia famiglia, fuori da Englewood.”

Ora quel ragazzo incarna il simbolo del riscatto per tutti i suoi coetanei: “the Kid from Englewood” ha siglato un contratto da 95 milioni ed ha realizzato il suo proposito.

Ed ora lo immagino lì, mentre pregusta il momento in cui potrà ripagare le aspettative di quella gente, della sua gente. Dei suoi amici. Della sua famiglia. Ma soprattutto, della città che porta cucita su ogni cm della sua pelle.

Non è nemmeno una questione di tempo. Il tempo nella mente di D-Rose scorre in maniera diversa, rispetto a come scorra nella mente di chi vorrebbe vederlo con la divisa e le scarpe da gioco, subito.

D’altronde, coach Thibodeau è stato chiaro sin dal training camp: ”Sta rispettando le tabelle di recupero. Non è né avanti, né indietro. Dobbiamo essere pazienti con lui, quando sarà pronto per tornare vuol dire che tornerà. Il suo è un infortunio che richiede tempo. Non c’è un calendario prestabilito per questo”.

Che importa se tornerĂ  a giocare in 10 mesi, come ha fatto Rubio, piuttosto che in 11 o in 8 e tre quarti.

Negli Stati Uniti, sanno bene che Rose, nella lingua inglese, è il passato del verso Rise (risollevare), e la divisa con il numero 1 sul di dietro e la scritta cubitale “Bulls” sul davanti, aspetta solo lui.

“He Rose” tante volte nella sua vita. Ed è pronto a scommetterci che ci riuscirà ancora. Non importa quanto ci vorrà . Lui lo farà. Perché Chicago non aspetta altro.

9 thoughts on “Si scrive Chicago, si legge D-Rose

  1. Complimenti, bell’articolo, soprattutto per i tifosi Bulls…

    Come back soon DRose.

    Ps.
    Per Noah è la seconda tripla doppia in carriera, ne fece una anche l’anno scorso sempre con gli assist.

  2. Grazie per i complimenti. Assolutamente giusta la correzione di matt2354.La prima tripla doppia Noah la mise a referto in una partita contro i Bucks,nel Febbraio scorso. Pardonne moi

  3. …anche la pubblicitĂ  dell’adidas racconta il “rapporto” tra Chicago e Rose…

  4. Ha patito un infortunio piuttosto grave, è opportuno non affrettare i tempi di recupero. Forse dovrĂ  cambiare modo di giocare, l’ importante è che l’ inserimento sia graduale.

  5. ragazzi ma Belinelli in Europa? Qualcuno me la può spiegare? ma se ha giocato a Chicago il 30!

  6. noialtri tifosi dei bulls soffriamo. una partita stupenda contro new york e poi charlotte… comè possibile?
    quel che vedo di diverso rispetto ai bulls di due anni fa e di un anno fa è l’atteggaimento: con questa squadra si va ai po e si esce sicuramente presto (magari non al primo turno), ma con d-rose… sarĂ  un’altra storia.
    quando d-rose avrĂ  ricominciato a giocare come si deve (e ci sarĂ  tutta chicago a spingerlo) e il resto della squadra giocherĂ  con l’intensitĂ  giusta… secondo me non ce ne sarĂ  per nessuno. saranno in grado di dare 20 punti a chiunque.
    le batoste che stanno prendendo ora per ogni calo di concentrazione o di intensitĂ  gli sta insegnando a giocare
    arrivare ai po quinti, quarti o terzi cambia poco, oltretutto mancano 50 e passa partite alla fine della rs…

  7. Dicko,ovviamente Belinelli non è tornato in Europa. Intendevo dire che Beli ha fatto appena in tempo a dimostrare di poter giocarsi le sue chances nella lega.Non si fosse infortunato Hamilton, forse ora continuerebbe a riempirsi di ragnatele in fondo alla panca dei Bulls.E forse, non gli sarebbe restata altra opportunità che tornarsene mesto mesto in Europa.

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.