Kevin Martin si sta inserendo alla perfezione negli schemi dei Thunder

Kevin Martin si sta inserendo alla perfezione negli schemi dei Thunder

Chi poteva immaginarsi che gli Oklahoma City Thunder si sarebbero trovati in vetta alla Western Conference con così tanta facilità dopo aver perso le Finals dello scorso giugno e il sesto uomo dell’anno James Harden? Molto probabilmente tutti o nessuno.

O si va male o si va bene, non esiste il grigio nella scala cromatica di Durant e compagni, ma solo il blu e l’arancione, colori che l’anno passato hanno fatto tremare quasi l’intera NBA, per poi spegnersi, per l’appunto, contro gli Heat nell’atto conclusivo.

Poi, durante l’off-season, è avvenuta una mini rivoluzione che ha mandato altrove parecchi giocatori più o meno fondamentali per la rincorsa al titolo della stagione precedente. Via Ivey, Mohammed, Aldrich, Cook, Hayward, ma soprattutto Harden, impacchettato e spedito a Houston.

L’ex Arizona State ha dovuto fare le valigie dopo quella che è stata la migliore annata della sua giovane carriera (16.8 punti, 4.1 rimbalzi, 3.7 assist in 31.4 minuti, tutti suoi massimi), più che altro per motivi di contratto.

Come di solito succede, James chiedeva troppo rispetto alle offerte della dirigenza (4 anni a 52-55 milioni di Dollari), che deve già contare i contrattoni di Westbrook e Durant sul proprio payroll, e non potendo permettersene un altro, si è dovuta privare del Sixth Man of the Year.

Perdita alquanto dolorosa e discussa quella del “Barba”, criticata pesantemente dai tifosi che come sempre si fanno prendere dalla passione più che dalla ragione. I primi malcontenti iniziano a venire fuori per una squadra che dovrebbe puntare al titolo, ma che in realtà si priva del suo terzo violino.

C’è chi dà anche la colpa al fatto che Harden è stato troppo “soft” nelle Finals, giocando delle partite a livello decisamente più basso rispetto alle precedenti gare di post-season, soprattutto per la sua inconsistenza difensiva contro LeBron e Wade.

Una colpa, in realtà, fasulla e molto probabilmente montata anche un po’ dai media, ma ecco che i Thunder si trovano senza un giocatore che era ormai diventato l’idolo e l’immagine di una città completamente devota alla franchigia. Ma in cambio chi è arrivato?

Dal Texas sono giunti il rookie Jeremy Lamb, ma soprattutto Kevin Martin, grande realizzatore e tiratore da oltre l’arco, con cifre in carriera che parlano di 18.4 punti e il 37.7% da tre. L’unica pecca? Non è sicuramente un difensore migliore di Harden e ha giocato solo sei partite nei playoff, per di più, circa sei anni fa.

Perciò, anche qui, le domande sono iniziate ad affiorare come proiettili pronti ad abbattersi sul GM Sam Presti. Si poteva trovare di meglio? Si poteva pretendere di più? Molto probabilmente sì, ma presto queste voci sarebbero state messe a tacere dalle prestazioni dell’ex Kings e Rockets. Ma andiamo con ordine.

Dal draft, qualche mese prima, arriva Perry Jones III da Baylor, con la ventottesima chiamata assoluta. Una vera sorpresa che il ventenne giocatore fosse ancora disponibile così in alto dopo un’annata tutto sommato positiva al college. Dalla free agency arrivano DeAndre Liggins (scelto dai Magic al Draft 2011, proveniente da Kentucky) e Hasheem Thabeet, alla sua seconda chance per redimersi dopo un inizio carriera che sembrava stellare, ma che si è rivelato una vera delusione.

C’è, perciò, attesa per una stagione che dovrebbe ancora significare rincorsa all’anello, ma con qualche perplessità in più. Così, quattro giorni dopo la trade Harden, inizia il campionato dei Thunder, con una trasferta subito insidiosa in quel di San Antonio.

Durant è sin da subito quello lasciato a giugno, tanto che mette una doppia-doppia da 24 punti e 15 rimbalzi, ma OKC cade di soli due punti. Una sconfitta amara, ma che non è sicuramente la fine del mondo.

L’occasione per rifarsi arriva la notte seguente, contro i Blazers. E’ l’esordio casalingo e non si può non fare bella figura. Portland viene ridimensionata da un Westbrook autore di 32 punti e un KD che va vicino alla prima tripla-doppia in carriera.

Due giorni dopo è la volta degli Hawks, ma Josh Smith e soci mettono sin da subito le cose in chiaro e OKC è costretta ad inseguire fino al 95-104 finale in favore degli ospiti. Seconda sconfitta in tre gare e subito i tifosi che richiamano a gran voce il nome di Harden, come se fosse un profeta pronto a ritornare non appena evocato. L’unica nota positiva della serata è Kevin Martin, che dà una risposta ai dubbi sul suo conto, infilando 28 punti, top scorer dei suoi.

Da lì, i Thunder, inseriranno una serie di cinque vittorie di fila. Sfide non proibitive, questo è certo, ma che permettono una reazione morale, prima della sconfitta contro i sorprendenti Grizzlies che sbancano la Chesapeake Energy Arena. Arrivano altre tre vittorie di fila contro Hornets, Warriors (prima tripla-doppia di Durant) e Clippers che proiettano la squadra ai vertici della lega.

La sconfitta di Boston sembra essere solo un incidente di percorso, perché poi giungono ben otto vittorie consecutive, striscia ancora in corso e che potrebbe prolungarsi ancora per qualche partita. Tutto sembra, quindi, tornato alla normalità nell’Oklahoma. Si vince, la coppia Durant-Westbrook regala emozioni e il nome di Harden sembra già un lontano ricordo. Ma il merito di chi è?

Il merito va innanzitutto alla dirigenza, che ha voluto risparmiare soldi, ma che ha mantenuto la squadra competitiva grazie ad innesti ben più economici, ma mirati. Kevin Martin sta guadagnando sempre più fiducia all’interno dello spogliatoio. Viaggia ad una media di 15.8 punti, 1.7 assist e 2.2 rimbalzi che al fianco dei due sovra citati, non è per niente male.

Anche Hasheem Thabeet sta cercando di fare il suo dovere. Non ha un minutaggio elevato (solo 13.0 punti a partita), ma è quasi sempre entrato in campo, ha segnato due volte 10 punti e ha preso anche 10 rimbalzi contro i Bobcats il 26 novembre. Ci vorrà del tempo perché possa entrare nelle grazie di coach Brooks, ma l’ex UConn, sembra sulla buona strada anche perché, a parte Ibaka, Collison e Perkins, i Thunder non presentano una grande alternativa nel reparto lunghi.

Appunto il congolese sta facendo una stagione da strapazzo, quella della definitiva consacrazione. 14.3 punti, 7.5 rimbalzi e soprattutto 3.1 stoppate che lo portano in testa alla speciale classifica. Delude, invece, Kendrick Perkins, apparso completamente fuori forma e dagli schemi della squadra. L’ex Celtics viaggia a soli 4.9 punti e 5.2 rimbalzi in appena 25.5 minuti. Se non siamo ai minimi in carriera, beh, poco ci manca. Delusione anche per i rookie, con Jeremy Lamb che a stento tocca il campo e Perry Jones che lo imita in tutto e per tutto.

Chi invece non delude mai sono i soliti noti. Durant non perde un colpo e questa volta sembra deciso e determinato ad arrivarci con la forza al titolo, tanto che si sta pure improvvisando rimbalzista con 8.5 a partita (career high e migliore della squadra). Con Westbrook forma una delle migliori coppie della lega, se non la migliore, almeno dal punto di vista realizzativo.

L’ex UCLA segna 21.5 punti a gara, è quinto nella classifica degli assist con 8.5 e prende 4.8 rimbalzi, eccellenti per una point guard come lui. Ma non possiamo di certo dimenticare il contributo che offrono altri giocatori quali Collison, Maynor e Sefolosha, quest’ultimo, utile terminale terminale difensivo.

Ma a fare la differenza, quest’anno, dovrà essere l’unità di squadra che è venuta a mancare, lo scorso anno, proprio nelle fasi salienti. Solo quando si arriverà fino in fondo si potrà esclamare il titolo dato a quest’articolo: “Sbalorditivo!”

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