I Nuggets sono giovani ed atletici: una vera mina vagante…

Con l’arrivo di Andre Iguodala si aprono nuovi scenari per i Denver Nuggets, che sembrano ben determinati a prendersi il posto dietro a Thunder e Lakers ad Ovest. Il tutto passando per i miglioramenti di Gallinari e Lawson, la verve di Kenny Faried e l’incognita (costosa) Javale McGee.

Unica certezza: nella Mile High City si continuerà a correre come pazzi.

CONFERENCE: Western

DIVISION: Northwest

ARRIVI: Andre Iguodala (Trade, da Philadelphia), Anthony Randolph (Free Agent, da Minnesota)

PARTENZE: Arron Afflalo (Trade, a Orlando), Al Harrington (Trade, a Orlando), Chris Andersen (Amnesty), Rudy Fernandez (Scadenza di contratto, al Real Madrid)

SCELTE AL DRAFT: Evan Fournier, Quincy Miller, Izzet Turkylmaz

PROBABILE QUINTETTO

PG: Ty Lawson
SG: Andre Iguodala
SF: Danilo Gallinari
PF: Kenneth Faried
C: Javale McGee

ROSTER

GUARDIE: Ty Lawson, Andre Miller, Andre Iguodala, Jordan Hamilton, Evan Fournier, Julian Stone
ALI: Danilo Gallinari, Wilson Chandler, Corey Brewer, Kenneth Faried, Anthony Randolph, Quincy Miller
CENTRI: Javale McGee, Timofey Mozgov, Kosta Koufos

HEAD COACH: George Karl

Doveva essere un’estate tranquilla per i Denver Nuggets, senza particolari squilli di tromba o aggiustamenti urgenti da effettuare a roster. Gli ordini del giorno più impellenti erano la valutazione della situazione McGee (molto più scontata di quanto si potesse pensare, e più avanti vedremo perché), il draft e la scadenza contrattuale di Andre Miller. Insomma, si trattava di rinsaldare la squadra che ancora una volta aveva destato buone impressioni, aspettando i miglioramenti dei giovani e puntando sempre su un basket a ritmi molto elevati.

E invece Masai Ujiri si è nuovamente confermato come uno dei GM emergenti di tutta la NBA. Inserendosi da vera volpe di mercato nell’affare Dwight Howard e strappando niente meno che Andre Iguodala, liberandosi dei pesanti contratti di Arron Afflalo e, soprattutto, Al Harrington, volati in Florida, precisamente a Orlando.

Una mossa che ha colto i più di sorpresa. Come detto, Denver non aveva un bisogno specifico a una determinata posizione: con almeno due giocatori affidabili in ogni spot, quello che si andava ripetendo un po’ ovunque era che la vera necessità fosse una stella di prima grandezza, difficilmente raggiungibile però.

Iguodala stella di prima grandezza non è. Ma è comunque reduce da un All Star Game, nei Sixers aveva adottato un ruolo importante di guida in mezzo a tanti giovani rivestendo un ruolo fondamentale nell’ottima stagione 2011/2012 di Philadelphia e, in generale, è un upgrade rispetto ad Arron Afflalo, giocatore perfetto per il sistema dei Nuggets, cresciuto molto offensivamente e difensivamente affidabile, ma che, di base, non ha il talento dell’ex Arziona University.

E’ vero che nella metà campo offensiva Iggy è parso in regressione nelle ultime stagioni, ma il suo atletismo, unito alla capacità di volare in contropiede, paiono sposarsi perfettamente con i dettami di gioco di George Karl. Logico che andrà valutato il suo adattamento.

Sulla carta ci sono diversi punti a favore di questa acquisizione: Iguodala arriva con tanta esperienza sulle spalle (23,216 minuti sulle spalle in 8 stagioni da Pro con 5 viaggi in post season a quasi 14 punti di media e un oro olimpico), uno dei talloni d’achille dei Nugs, è già stato in un contesto di giovani dove ha dovuto essere la guida riuscendoci con ottimi risultati e in attacco sembra avere le caratteristiche congeniali al sistema di Denver, non essendo un mangia palloni, ma avendo raggiunto il meglio del suo gioco come all-around in grado di portare il suo importante contributo in tante maniere (12.4 punti, 6.1 rimbalzi, 5.5 assists e 1.7 recuperi l’anno scorso a Philly).

Inoltre non dovrebbe essere un difensore inferiore (almeno non di molto) a quello che era Afflalo, di cui, semmai, manca della pericolosità al tiro pesante. Andrà a prendere il ruolo di guardia titolare, formando con Gallinari e Wilson Chandler un trio dotato di fisicità invidiabile.

Riuscirà McGee a far ricredere tutti sul suo conto?

Presenza fisica garantita anche dalla conferma di Javale McGee, l’altro punto cardinale dell’estate in Colorado. Uno dei giocatori più discussi di tutta la NBA, arrivato lo scorso anno a sorpresa in cambio di quel Nenè che, dopo il rinnovo contrattuale, sembrava dovesse diventare uno dei perni della squadra futura, ha giocato meglio di quanto ci si potesse attendere.

Uscendo panchina ha lavorato sodo, impressionando positivamente tutti quanti e raggiungendo l’apice nella serie di playoff contro i Lakers in cui ha retto alla grande l’impatto contro la frontline dei gialloviola, giocando anche un paio di partite davvero notevoli.

Tolto qualche dubbio (non tutti, sia chiaro) sulla sua presenza mentale, quest’estate ha anche lavorato in privato con Hakeem Olajuwon, che ha parlato di lui in termini entusiastici. Ovvio che il front office dei Nuggets, con il suo contratto in scadenza, si trovasse di fronte a un bivio importante: per confermarlo sarebbero serviti parecchi soldi, probabilmente più di quelli che si vorrebbero spendere per un giocatore dal rapporto potenziale/rischio fallimento così elevato. Ma la prospettiva contraria era quella di rimanere con un pungo di mosche sotto canestro proprio nel momento in cui la squadra sembrava avviata verso nuove punte di rendimento.

La realtà è che non ci sono mai stati grossi dubbi sul fatto di rinnovare l’ex Wizards. Ujiri, infatti, mai e poi mai avrebbe voluto perdere per niente un assett importante come lo è oggi un 7 piedi con buone prospettive future.

La strategia fin da subito è stata quella di valutare eventuali offerte contrattuali di altre squadre a McGee che avrebbero “fatto” il prezzo di mercato del giocatore, pareggiandole comunque a prescindere. In caso contrario, proporre il rinnovo pluriennale, cercando di spendere il minimo indispensabile. E’ andata che McGee, a livello di interesse del mercato nei suoi confronti, è finito dietro ai vari Hibbert e Asik, e in questo modo Denver ha potuto trattare il rinnovo senza altra concorrenza ad alzare il prezzo.

Ne è uscito un contratto di 4 anni a 11 milioni a stagione che, viste le premesse, è sembrato quasi un affare. I valori di mercato, infatti, per quello che riguarda i centri, vanno sempre valutati tenendo presente la moria che c’è di questa tipologia di giocatori.

Certo, Javale ora è l’atleta più pagato dello spogliatoio, ma è stato valutato che, da un lato valga la pena di provare a vedere che cosa possa venir fuori da questo perticone con doti di verticalista irreali e, dovesse andar male, trovare qualcuno sul mercato disposto a offrire merce decente in cambio delle sue prestazioni non sarà comunque un grosso problema.

Rinnovato anche Andre Miller, altro giocatore importantissimo nella stagione passata, che uscendo dalla panchina ha spesso fatto la differenza, infischiandosene bellamente dei 38 anni denunciati dalla sua carta di identità.

Nella sua seconda esperienza tra le Rocky Mountains, Miller è sembrato il complemento ideale dietro alle gambe alla dinamite di Ty Lawson. I muscoli di Miller sono decisamente meno esplosivi, ma la sua testa vede il gioco in anticipo e le sue mani sono capaci di creare passaggi ideali per i contropiedi tanto importanti per Gallinari e compagnia. Tre anni per 15 milioni di dollari complessivi, poi, sono sembrati un ottimo affare.

Sanciti gli addii ufficiali all’idolo della masse Chris Andersen (amnistiato dopo essere finito in mezzo a un strana storia di pedofilia che, però, probabilmente, lo vedrà scagionato dalle accuse) e a Rudy Fernandez, tornato nella sua Spagna, al draft si è lavorato per il futuro. Sono arrivati, infatti, tre giocatori che, al momento, paiono abbastanza distanti dal poter competere per un posto nelle rotazioni, ma che tra qualche anno potrebbero essere valide alternative.

Al primo giro è stato chiamato il francese Evan Fournier, guardia che aveva attirato su di se parecchie attenzioni nell’ultima stagione. Dotato di buona taglia fisica (oltre i due metri d’altezza) e di un tiro molto bello a vedersi, in realtà pare ancora troppo morbido per gli standard NBA. Karl avrebbe voluto lasciarlo in Europa a svilupparsi almeno un altro anno, magari due, ma il transalpino ha insistito per varcare da subito l’Oceano. Ha giocato una buona Summer League, ma è probabile che quest’anno veda più che altro la panchina al piano di sopra e il parquet in NBDL.

Possibile furto, invece, al secondo giro, dove con la chiamata numero 38 è arrivato Quincy Miller, lasciato misteriosamente disponibile alla chiamata precedente dai Toronto Raptors. Anche qui, il giocatore è almeno a un paio di anni dal poter contribuire realmente, se non altro per la mancanza di un fisico adeguato.

Ma si tratta di un 3-4 con doti di ball handling notevole, capace di tirare con profitto e che, se riuscirà a supplire ai vuoti mentali che fino ad oggi lo hanno afflitto, in futuro potrebbe essere una piacevole sorpresa. Infine, c’è stata la scelta del turco Izzet Turkylmaz. Lungo e smilzo, cui piace partire da lontano e colpire da tre. Lo abbiamo visto in campo anche contro l’Italia, ma per lui, ad oggi, la NBA è ancora parecchio lontana, benchè non irraggiungibile.

Per completare il roster, poi, è arrivata la firma dell’eterna promessa Anthony Randolph (3 anni per 5,2 milioni complessivi), che ormai promessa non è più ed andrà semplicemente ad allungare la lista dei giocatori disponibili da piazzare nei pressi del canestro. Se poi mostrasse anche qualche sprazzo di talento nessuno si strapperebbe le vesti.

Ora, la domanda sorge spontanea: con l’acquisto di Iguodala, Denver può considerarsi una contender? Probabilmente la risposta rimane un no. E sempre per quella cronica mancanza di un uomo di spicco che possa garantire un punto di riferimento costante nei momenti di difficoltà. Ma è certo che le Pepite, sulla carta, paiono aver fatto un salto in alto, quanto meno nella considerazione generale.

Molto passerà per le mani del Gallo

Per traslare questo salto nella realtà sarò necessaria una crescita ulteriore dei giocatori che c’erano anche ieri. A partire dal nostro Danilo Gallinari, frenato l’anno scorso da problemi fisici. A Denver sono pronti alla sua definitiva esplosione e consacrazione tra i migliori giocatori della Lega. Lo staff ha individuato in lui l’uomo per lo slancio di qualità definitivo della squadra e l’esperienza degli ultimi playoff contro Kobe e i Lakers dovrà servirgli per crescere ulteriormente, perché è proprio in quelle situazioni che Denver si attende che lui diventi l’uomo di riferimento, senza invece faticare come in gara 7.

Continuando con Tywon Lawson, che ha dimostrato definitivamente come la sua scarsa taglia fisica non rappresenti necessariamente un problema, a patto che la sua tendenza a giocare d’istinto non lo porti fuori dai binari. Insieme a Miller rappresenterà ancora un bell’enigma per le difese avversarie.

Occhi puntati anche su Kenneth Faried, dopo l’ottima stagione da rookie. Difficile attendersi miglioramenti fragorosi da un giocatore che è prima di tutto energia e intensità, piuttosto che classe e fondamentali, ma certo un anno di esperienza, playoff inclusi, dovrebbe fargli avere quel quid in più. Certo, la quantità di intimidazione che porteranno lui e McGee, altro da cui molto della stagione dipenderà, sotto le plance sarà notevole.

Attenzione anche a Wilson Chandler, che andrà a prendere il posto di Al Harrington il quale, a dispetto di un pessimo contratto, aveva comunque giocato una stagione più che positiva. Uscirà dalla panchina, cambiando sia Gallinari che Faried, e la usa atipicità giocherà un ruolo fondamentale.

Considerando Thunder e Lakers come le favorite d’obbligo per i primi due posti ad Ovest, Denver può legittimamente inserirsi per la corsa al terzo, cercando poi di essere cliente scomoda per tutti in una post season che oggi non pare essere in dubbio.

10 thoughts on “Denver Nuggets: Preview

  1. Penso che questo sia un anno importantissimo, non vorrei dire fondamentale, per Gallinari…finora, qui da noi, ha goduto di una stampa a dir poco favorevole, che gli ha perdonato praticamente tutto…ma in realtà, per come la vedo io (e credo, a quanto ne so, anche per come la vedono aldilà dell’oceano) adesso deve dimostrare di che pasta è fatto…ok, le potenzialità ovviamente ci sono e sono chiare a tutti, ma questa deve essere la stagione che passa dal “è uno in grado di…” al “è uno che fa…”…io penso che qualche dubbio sulle sue capacità (ovviamente stiamo parlando di capacità di essere leader e miglior giocatore della sua squadra) sia sorto anche ai Nuggets…così io leggo l’arrivo di Iguodala…

    • pienamente d’accordo.
      Ormai a Denver, ma anche in tutta la Nba, le qualità di Danilo sono bene chiare.
      Ma ora deve fare il salto definitivo a livello di considerazione.
      Nell’ottica americana questo vuole dire “essere il giocatore che vince le partite”.
      L’anno scorso qualche volta lo è stato, ma alla prova del nove (la serie con LA) ha fatto abbastanza male.
      Da un punto di vista europeo, ma direi anche in assoluto, è un concetto riduttivo, se si considera quello che Danilo fa sul campo. Però lui è in quella realtà e ha attorno a sè tutti i presupposti (contratto, squadra, scelta al draft alta) per cui ora debba fare questo step.

  2. Direi miglioramento netto in difesa rispetto ad Afflalo Iguodala, l’hanno preso proprio per il salto di qualità difensivo…

  3. Complimenti per la Preview.

    -…”La strategia fin da subito è stata quella di valutare eventuali offerte contrattuali di altre squadre a McGee che avrebbero “fatto” il prezzo di mercato del giocatore, pareggiandole comunque a prescindere”… “Ne è uscito un contratto di 4 anni a 11 milioni a stagione che, viste le premesse, è sembrato quasi un affare”…

    A livello contrattuale e come gestito sembra un affare. Adesso bisogna attendere il parquet e il lavoro di Karl. L’unica certezza, tra le molte incognite, è che per caratteristiche e fisico rimane ideale al gioco del coach.

    -Giusto rifirmare Miller. Bene la lunghezza meno l’ammontare.

    -“Ora, la domanda sorge spontanea: con l’acquisto di Iguodala, Denver può considerarsi una contender?”…

    A oggi no, ma ancora mancano minimo 82 partite.

    -Si parla molto e giustamente del leader, della leadership. Non vedo una stella o leader “designato” e tanto meno continuo. Può esserci “alternanza” a 2-3. La filosofia e sistema Karl lo permette.
    Anche Lawson è parte delle incognite. Non tanto come giocatore ma come coesistenza con Igoudala. Superato questo aspetto può far bene e decidere alcune fasi o partite. Bene l’alternanza con Miller.

    -Kenneth Faried altro che può rimaner utile. Come giustamente riportato è un’atleta ancora “grezzo” ma già portare e mettere energia sotto va bene. Rimane un prospetto interessante e da seguire. Possono anche mandare Gallinari a 4 e Chandler (concordo) a 3 ma solo McGee permettendo (in questo può rimaner utile Mozgov e curioso del suo apporto così quelli di Brewer e Randolph).

    -Aspettando la partenza e la chimica dei Lakers, Denver dovrebbe approdare ai p.o. lottando tra la 3° e la 7° piazza.

    -Occhio alla r.s. dell’Ovest che sta per partire. Non credo permetta troppo tempo per trovare gli equilibri interni.

    -Sono un’incognita e ai p.o. anche una mina vagante. Se trovano i giusti equilibri, motivazioni, alternanza esprimendo il basket Karl possono far male.

    -Igoudala? ha tutto per poter far bene.

    @marcostraz:

    D’accordo e lo stesso vale per Bargnani.
    Alla fine arrivati al bivio sono convinto, con tutte le possibilità di sbagliare, che quest’anno i due faranno una bella r.s. arrivando anche a “importante, consistente”, infortuni permettendo, e che Gallo a Denver possa esprimersi molto bene. Discorso leadership? solo se riesce a tirarla fuori ed esprimerla. Ma Karl e Denver sanno che c’è il Gallo, Igoudala e all’evenienza Lawson. Se la passassero come con la palla.

    -Sicuramente da vedere e seguire.
    Insieme ai Warriors-Kings-Minnesota possono rendere la prossima r.s. una gran bella incognita anche per le più “accreditate”.

  4. Ragazzi per voi che amate l’Nba ho creato un fantasy basketball su yahoo solo per gli italiani che seguono l’Nba!
    Se volete partecipare la lega è Italian Nba ID 92623 e la password è italia.
    Live draf mercoledì 24/10 alle ore 22!

  5. @8gld:
    Non sono d’accordo quando dici che lo stesso discorso vale per Bargnani…Bargnani ha già dimostrato che è un giocatore che può essere tranquillamente la prima opzione offensiva e ventelleggiare ogni sera…lo ha dimostrato sia ai Raptors che in nazionale…fse non ricordo male l’anno scorso, fino a quando non si infortunò, era tra i primi dieci realizzatori NBA…poi se gioca in una squadra che fa pena non è colpa sua, e non lo è neanche il discorso del “se fosse in una squadra da playoff, cosa farebbe?”…per quello che sappiamo al momento, è tranquillamente il leader realizzativo della sua squadra…Gallinari finora è sempre stato molto discontinuo, ha alternato prestazioni stratosferiche a continue forzature, grandi prestazioni difensive a dormite colossali, e spesso l’ho visto un pò eclissarsi…sicuramente su questo hanno inciso i tanti infortuni, ma questo non può essere sempre una scusante…

    • Gia’..ricordo che Bargnani, prima di infortunarsi, era addirittura quinto o sesto in classifica marcatori.
      Davanti aveva solo Love, Bryant, James, Durant e Anthony se non ricordo male..

  6. Sono contento che non sei d’accordo…le parole avvalorano la tesi. Forse sbaglio, giusto quando parli che abbia dimostrato e dove gioca, ma intendo dire che alza ancor di più la sua asticella. Intendo dire una r.s. continua e di spessore…ancora non ha fatto vedere tutto.
    Questo discorso vale anche per Gallinari, che forse ha dimostrato meno, ma la franchigia e il gioco possono valorizzare le sue caratteristiche e fargli disputare una r.s. di spessore.

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